Stevenson, cattolico ad honorem autore di capolavori
Robert Louis Stevenson. L’avventura nel cuore è il nuovo libro di Paolo Gulisano sulla figura del grande scrittore Robert L. Stevenson. Autore di capolavori immortali quali Dottor Jekyll e Mr. Hyde o l'Isola del Tesoro, fu anche, da agnostico, un accorato difensore dei cattolici, come quando difese santo Damien de Veuster dalle infamanti accuse di un pastore protestante. Che si chiamava Hyde.
McGulisan strikes back. Si potrebbe cominciare così l’esposizione dell’ultima fatica del nostro medico-scrittore, che sarebbe ora di fare scozzese o irlandese ad honorem vista la sua vasta produzione in tema di opere di anglosassoni cattolici. Il suo più recente saggio è dedicato a Robert L. Stevenson, Louis per gli amici, uno che cattolico non era ma che meriterebbe, anche lui, l’affiliazione ad honorem per l’appassionata e gratuita difesa di un santo papista, san Damien de Veuster, l’apostolo dei lebbrosi. Robert Louis Stevenson. L’avventura nel cuore (Ares) è il titolo del lavoro di Paolo Gulisano, che è anche nostra firma.
Stevenson si comportò da vero highlander, da antico cavaliere scozzese, quando, in Oceania, lesse un articolo di un pastore protestante che denigrava l’appena defunto padre de Veuster, il quale era morto di lebbra. Ebbene, il pastore aveva osato insinuare che quel prete papista aveva preso la lebbra andando a letto con le lebbrose. Per giunta, il calunniatore si chiamava Hyde, proprio come il cattivo del capolavoro di Stevenson. Quest’ultimo, indignato, prese la penna e inchiodò l’incauto. Come si era permesso, lui che a Molokai, l’isola-lazzaretto, non era mai stato? Invece Stevenson, gran viaggiatore, sì. E aveva sentito e soprattutto visto quel che aveva fatto il padre de Veuster in quell’inferno di dannati della terra. Stevenson è equanime: «Lo definisce imprudente, trasandato, mancante di igiene, ma grande nella sua generosità, nel suo candore e persino per il suo senso dell’umorismo». Ma aggiunge: «Un uomo con tutta la sporcizia e la meschinità dell’umanità, ma proprio per questo tanto più un santo e un eroe». Detto da un ex presbiteriano sostanzialmente agnostico.
Nessun editore volle pubblicare il libello di Stevenson contro il pastore protestante e in difesa di un prete papista. E lui lo pubblicò a sue spese, devolvendo ai lebbrosi i profitti. Che non erano pochi, visto che il pamphlet fece il giro del mondo grazie alla fama del suo autore. Lealtà e giustizia sono tipici del segno dello Scorpione nel quale il nostro erano nato. E chi è che può vantare di avere scritto un romanzo, L’isola del tesoro, che è stato portato sullo schermo la bellezza di cinquanta volte (per ora)? Una delle migliori versioni vede Christian Bale (Batman) nei panni del ragazzo Jim Hawking e nientemeno che Charlton Heston in quelli di Long John Silver. La prima è addirittura del 1912. Non solo. Grazie a quel libro la «caccia al tesoro» è un gioco di società tra i più praticati. E chi è quell’autore che può essere annoverato anche tra gli scrittori per ragazzi? Si pensi a La freccia nera.
E chi può essere annoverato tra i classici immortali anche per un altro capolavoro, Il dottor Jekyll e Mr. Hyde? Anche questo con diverse riduzioni cinematografiche, si pensi a quella storica con Spencer Tracy e Ingrid Bergman. Quest’ultima opera è dettagliatamente vivisezionata da Gulisano anche perché anticipa, mettendone in guardia, lo scientismo: il dottor Jekyll, oppresso dal senso del peccato (lievi trasgressioni, ma i protestanti non possono alleggerirsi con la confessione sacramentale), risolve che «là dove non era riuscita la virtù, l’osservanza della legge morale, poteva riuscire la scienza». E crea un intruglio chimico che lo separi dalla sua metà oscura. Sappiamo come va a finire. Gulisano fa a questo punto un’acuta osservazione: col positivismo «la scienza ufficiale volle disconoscere l’antica erboristeria medievale, troppo legata a conventi e monasteri – e quindi alla dimensione religiosa della cura della salute – per salassi e clisteri». Insomma, possiamo adottare Stevenson tra i cattolici «di desiderio» anche se non lo era. In fondo, non lo erano nemmeno C. S. Lewis e T. S. Eliot.