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Spid in scadenza, statalismo digitale in agguato

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L’ennesimo pasticcio all’italiana: ad aprile potrebbe scoppiare il caos perché scadono le convenzioni per la gestione dello Spid, il Sistema pubblico di identità. Si pensa alla creazione di un sistema unico in cui far confluire Spid e Carta di identità elettronica (Cie). Una sorta di unica identità digitale che sa tanto di centralismo statale, di statalismo burocratico sul modello del green pass.

Politica 25_02_2023

Verrebbe da dire: l’ennesimo pasticcio all’italiana. Negli ultimi anni si è spinto decisamente l’acceleratore sulla digitalizzazione delle attività e molte formalità burocratiche sono diventate espletabili praticamente solo in modalità on-line. La pandemia ha inciso su questa accelerazione e ha prodotto una forzata virtualizzazione delle vite di milioni di cittadini, che nel loro quotidiano rapporto con gli uffici pubblici si sono ritrovati di punto in bianco catapultati in una dimensione digitale, con inevitabili traumi soprattutto per gli anziani.

Ad aprile però potrebbe scoppiare il caos perché scadono le convenzioni per la gestione dello Spid, il Sistema pubblico di identità digitale o sistema unico di accesso con identità digitale ai servizi on-line della pubblica amministrazione italiana e dei privati aderenti, e non si capisce bene se esista un piano B per garantire la continuità del servizio ed impedire la paralisi delle relazioni on-line tra cittadini e uffici pubblici. Per la verità gli accordi sulla gestione dello Spid sono scaduti già a dicembre 2022, ma l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) li ha prorogati d’ufficio fino al 23 aprile.

I governi precedenti, come spesso accade in casi del genere, hanno lasciato che i nodi venissero al pettine senza affrontarli. Nel caso specifico, i gestori del servizio lamentano una cattiva gestione. Le spese per i servizi di assistenza ai 33 milioni di cittadini e alle 12 mila Pubbliche Amministrazioni che hanno adottato il sistema sono ingenti e il governo non ha mai creato le condizioni per far sì che i privati adottassero lo Spid e creassero flussi di cassa per le aziende che gestiscono questo servizio. Questa è la posizione di Assocertificatori, che rappresenta il 95% dei servizi digitali e che è disposta a temporeggiare ancora un po', purchè si metta mano alla sostenibilità economica del sistema che, a quanto pare, rimane problematica. In altri termini, i gestori chiedono un fondo di 50 milioni di euro destinato a coprire i costi del servizio e gli investimenti in innovazione, affinchè lo Spid possa rimanere gratuito per i cittadini e per le pubbliche amministrazioni. Tra i gestori di identità digitale ricordiamo Aruba Pec, Poste Italiane, Register e diversi altri.

Ma al danno di vedere azzerati otto anni di Spid per colpa dell’incuria degli ultimi governi nel predisporre soluzioni alternative o garanzie di continuità del servizio, si somma la beffa della possibile creazione di un sistema unico in cui far confluire Spid e Carta di identità elettronica (Cie). Una sorta di unica identità digitale che sa tanto di centralismo statale, di statalismo burocratico sul modello green pass, tanto per intenderci, e che rischia di confondere ancora di più le acque, rallentando il processo di digitalizzazione dei servizi pubblici e conferendo opacità alla raccolta e all’utilizzo dei dati personali dei cittadini.

Il sospetto è in qualche modo confermato dalle parole del sottosegretario all’Innovazione, Alessio Butti, che già mesi fa dichiarava: “Non vogliamo eliminare l’identità digitale, ma averne solamente una, nazionale e gestita dallo Stato, come quella che gli italiani portano nel loro portafogli dal 1931”. Il problema è che la Cie non sembra altrettanto sicura quanto lo Spid perché è utilizzabile solo con una carta fisica. Una app unificata, insomma, non entusiasma le aziende che temono una trasformazione digitale a singhiozzo e piena di incertezze. Sull’ipotesi di creazione di un’identità digitale unica, pesa il nodo della app wallet e della migrazione. Si potrebbe quindi optare per l’utilizzo dell’App IO come piattaforma per far funzionare il sistema. Sembra questa l’ipotesi più probabile.

Rimane quindi lo spettro della statalizzazione dell’identità digitale, col rischio che il sistema imploda senza operatori, senza una corretta organizzazione delle informazioni e senza una adeguata gestione del servizio. Questa vicenda dello spegnimento dello Spid senza certezza per l’immediato futuro la dice lunga su quanto in Italia si tenda a favoleggiare sui benefici della digitalizzazione, salvo fare marcia indietro per prendere atto che essa persegue sovente un disegno di controllo delle vite dei cittadini senza però offrire loro quelle garanzie indispensabili per esercitare con modalità digitali i propri diritti di cittadinanza.