Speranza per Charlie, ma la Corte inglese minaccia
Il supporto che tiene in vita il piccolo Charlie Gard va mantenuto almeno fino alla prossima decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo. Scongiurato il pericolo di un’interruzione immediata delle cure. Ma la Corte superma inglese minaccia di non tenere conto delle decisioni in sede europea definendo non vincolanti le sue decisioni.
Il supporto che tiene in vita il piccolo Charlie Gard va mantenuto almeno fino alla prossima decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu). È quanto scritto in un comunicato stampa pubblicato ieri sera sul sito della Cedu, che ha chiesto al governo del Regno Unito di prorogare la misura provvisoria in ragione dell’articolo 39 del proprio regolamento, a seguito della presentazione del ricorso completo da parte del team legale dei genitori di Charlie, guidato da Richard Gordon. Nel comunicato si legge che “alla luce delle eccezionali circostanze di questo caso, la Corte gli ha già accordato la priorità e tratterà il ricorso con la massima urgenza”, annunciando che alla prossima riunione utile dell’ufficio di gabinetto della Corte sarà stabilito un programma accelerato per valutare la questione. Quotidiani come il Daily Mail hanno parlato di una proroga di altre “tre settimane”, di cui va detto però che non si trova traccia nel comunicato ufficiale di Strasburgo, nel quale appunto non si specifica una data.
È stato comunque scongiurato il pericolo di un’interruzione immediata delle cure, anche se il Great Ormond Street Hospital di Londra aveva assicurato sul proprio sito che avrebbe fatto passare “alcuni giorni” prima di staccare le macchine nell’eventualità di un’autorizzazione definitiva. Ma per il modo assurdo con cui si sta svolgendo l’intera vicenda di questo bambino, tenuto ostaggio dall’ospedale londinese e dai tribunali britannici che gli impediscono di tentare un trattamento sperimentale negli Stati Uniti e vorrebbero negargli le cure primarie che si devono a un malato, è pur vero che intanto questa ulteriore proroga concessa dalla Cedu fa tirare un sospiro di sollievo.
Che non ci si possa fidare del comportamento di alcuni medici e giudici britannici lo conferma la stranezza dell’udienza procedurale che si è svolta ieri mattina davanti alla Corte Suprema, adita dai legali del governo e dell’ospedale, che hanno strumentalmente messo in dubbio l’autorità della Cedu – la quale fa capo al Consiglio d’Europa (un’organizzazione con 47 Stati membri) e giudica sul rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo - nell’indicare il proseguimento delle cure per il bambino inglese. Nel chiedere l’udienza, che per modalità di convocazione e svolgimento ricorda da vicino alcune delle più angoscianti narrazioni di Kafka, gli avvocati hanno di fatto suggerito che le decisioni della Cedu non siano vincolanti, malgrado il Regno Unito abbia aderito a suo tempo alla Convenzione (anzi, ha contribuito a scriverla ed è stato tra i primi 12 firmatari), che all’articolo 2 riconosce esplicitamente un principio basilare come la protezione del diritto alla vita di ogni persona.
Nel corso di questa seduta straordinaria della Corte di Suprema, che già l’8 giugno aveva confermato la condanna a morte di Charlie e rifiutato di concedere un’udienza completa per valutare meglio il caso, si è ripetuto più volte, quasi ossessivamente, il concetto del “miglior interesse del bambino”, intendendo con ciò il suo decesso. Pur dicendo ai dottori che “non sarebbe illegale” continuare a fornire il supporto vitale a Charlie, la Corte ha mostrato una generale mancanza di compassione, così com’è apparso assurdo l’intervento del rappresentante legale dell’ospedale che ha chiesto come si dovrebbero comportare i medici, e quale trattamento dovrebbero mettere in atto, se il tubicino attraverso il quale Charlie respira dovesse accidentalmente staccarsi. Domanda che ha suscitato il comprensibile sgomento di chi sui social network e nelle piazze sta sostenendo il diritto alla vita del bambino. I tre giudici che hanno tenuto l’udienza – Lady Hale, Lord Kerr e Lord Wilson – dovrebbero comunicare la loro decisione finale oggi. Comunque vada a finire, quel che è certo è che questo bambino di dieci mesi e i suoi genitori stanno subendo una tremenda ingiustizia.