Speranza per Indi Gregory. E l’Italia fa un’altra mossa per salvarla
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Dalle 13 di oggi (ora italiana), venerdì 10 novembre, sarà discusso il nuovo ricorso sul caso della bambina di 8 mesi, incentrato sul luogo dell’estubazione. Ma c’è anche una mossa senza precedenti del governo Meloni, che chiede al Regno Unito il trasferimento di giurisdizione.
+++ AGGIORNAMENTO: Respinto su tutta la linea, in Appello, il ricorso della famiglia Gregory. I giudici ordinano di eseguire l'estubazione, che è prevista per domani, sabato 11 novembre.
Anche ieri, giovedì 9 novembre 2023, è stata una giornata campale per chi difende la vita di Indi Gregory, la bambina anglo-italiana di otto mesi affetta da una rara patologia mitocondriale e a cui i medici del Queen’s Medical Centre di Nottingham vorrebbero staccare i supporti vitali nel suo, dicono, «miglior interesse». Una giornata campale che intanto, in attesa dell’esito del nuovo ricorso pro-Indi che sarà discusso a partire dalle 12 di oggi (le 13 in Italia), ha neutralizzato, almeno temporaneamente, l’autorizzazione a staccare i supporti vitali: distacco che stando alla decisione del giudice dell’Alta Corte, Robert Peel, sarebbe stato lecito fin già dalle 14 (ora inglese) di ieri.
Ma oltre a questo fondamentale tempo guadagnato, la giornata di ieri ha un risvolto che si può definire storico, nel senso che mai prima d’ora – nei casi riguardanti contenziosi giudiziari tra il servizio sanitario britannico (Nhs) e le famiglie di bambini soggetti alla mannaia dell’eutanasia di Stato – si era arrivati a chiedere formalmente un trasferimento di giurisdizione da un Paese all’altro, appunto dal Regno Unito all’Italia. Non era successo neanche nel caso di Alfie Evans, cui pure (il 24 aprile 2018) era stata concessa la cittadinanza italiana, quattro giorni prima che venisse portato a termine il protocollo eutanasico ai suoi danni. È bene dunque fare una breve ricostruzione dei fatti.
La novità di ieri ha chiaramente la sua origine nella cittadinanza italiana concessa d’urgenza a Indi all’inizio di questa settimana, lunedì 6 novembre, dal governo guidato da Giorgia Meloni e nei passi successivi intrapresi dal console italiano a Manchester, Matteo Corradini, e già descritti sulla Nuova Bussola.
Questi passi propedeutici hanno reso possibile la mossa senza precedenti, prontamente descritta ieri in un comunicato del Christian Legal Centre (braccio legale di Christian Concern), il gruppo che sta assistendo la famiglia Gregory. In pratica, ieri mattina, il console Corradini – nella sua qualità di giudice tutelare, da parte italiana, della piccola Indi – «ha presentato una richiesta urgente all’Alta Corte del Regno Unito, chiedendo al giudice Robert Peel di cedergli la giurisdizione sul caso ai sensi dell’articolo 9§2 della Convenzione dell’Aia del 1996. Uno sviluppo del genere non si era mai verificato prima in un caso di fine vita riguardante un bambino nel Regno Unito», spiegava nel comunicato il Christian Legal Centre, per poi aggiungere: «Tali ordinanze hanno effetto immediato a causa del pericolo imminente per la vita di Indi».
Più nello specifico, il summenzionato articolo della Convenzione dell’Aia, articolo che riguarda la valutazione (da parte degli Stati contraenti) di casi particolari in cui è in gioco «l’interesse superiore del minore», al punto 2 prevede che «le autorità interessate possono procedere ad uno scambio di vedute».
In un primo momento, ieri era stata posposta di due ore, dunque alle 16 inglesi (le 17 in Italia), l’autorizzazione a staccare i supporti vitali. Poi, come dicevamo, è stata accolta la richiesta di discutere il nuovo ricorso. Secondo quanto ha comunicato al riguardo Christian Concern, nell’ultimo aggiornamento di ieri: «All’ultimo momento, un giudice della Corte d’appello ha dato alla famiglia di Indi il permesso di ricorrere in appello su dove possa essere rimosso il supporto vitale e, a quanto pare, potrebbe anche prendere in considerazione l’intervento italiano nel caso». Su quest’ultimo punto permane dunque, quantomeno, il condizionale, nel senso che la richiesta italiana potrebbe anche non essere nemmeno presa in considerazione nell’udienza odierna.
Invece, riguardo al primo aspetto, ossia il luogo dell’estubazione, ricordiamo che i genitori di Indi - Claire e Dean Gregory - sono contrari all’estubazione stessa, ma, se le autorità britanniche dovessero comunque imporla, vorrebbero almeno che essa avvenisse nella loro casa, anziché in ospedale o in un hospice, come all’opposto chiedono i medici. I quali, anche in questa richiesta, sono sostenuti dal giudice Peel, che nell’ultimo giudizio, di mercoledì 8 novembre, ha fatto retromarcia (motivandola con un malinteso tra medici e genitori e con il presunto «peggioramento» delle condizioni di Indi) rispetto alla decisione emessa lo scorso 13 ottobre, in cui la possibilità di scegliere almeno il luogo dove eseguire l’estubazione (alla base del relativo protocollo eutanasico) era attribuita alla «scelta dei genitori» (paragrafo 44).
Tornando al confronto tra il nostro Paese e il Regno Unito, Pro Vita & Famiglia, riferendo quanto appreso dai legali dei Gregory, ha spiegato che «la Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha scritto al Ministero della Giustizia britannico come previsto dall’art. 32 sempre della Convenzione dell’Aia del 1996».
La variabile tempo potrebbe giocare un ruolo importante nel favorire una soluzione verso il trasferimento in Italia, dove l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù ha dato la propria disponibilità ad accogliere Indi e offrirle le cure specialistiche di cui ha bisogno, cure che il governo italiano si è offerto di finanziare. «Pensiamo che sia nel miglior interesse di Indi venire in Italia per ricevere le cure che potrebbero aiutarla a respirare, aprendo una valvola attraverso l'impianto di uno stent, per poi poterci concentrare sulla sua malattia mitocondriale che può essere trattata con queste terapie. Sappiamo che Indi è una combattente, lei vuole vivere», ha detto in un video trasmesso da La 7 il padre della bambina.
Si potrebbe ripetere, pur con le differenze tra i due casi, quanto già successo con la piccola Tafida Raqeeb, presto migliorata grazie alle cure dell’ospedale Gaslini. Ma questo dipenderà dalla volontà delle autorità britanniche, che devono scegliere se continuare a chiudersi in un rifiuto irrazionale (negare non solo le cure in patria ma anche il trasferimento, a costo zero per loro, all’estero) oppure dare una possibilità a Indi, la cui vita appartiene solo a Dio.
Conto alla rovescia per Indi Gregory
I giudici inglesi hanno deciso che da oggi, giovedì 9 novembre, alle 15 (ora italiana) i medici dell’Ospedale di Nottingham possono iniziare le procedure per togliere i supporti vitali alla bambina di 8 mesi gravemente malata. Ridotte al lumicino le speranze di un trasferimento in Italia.
+++ AGGIORNAMENTO delle 18.30: Domani, venerdì 10 novembre, a partire dalle 12 (le 13, in Italia), sarà discusso il nuovo ricorso della famiglia di Indi Gregory. In attesa della decisione sul ricorso, rimangono attaccati i supporti vitali di Indi.
Indi Gregory, ecco perché non c’è accanimento terapeutico
In un’intervista al Corriere il responsabile del Comitato etico della Siaarti, Alberto Giannini, sostiene, contraddicendosi, che per Indi ci sia accanimento terapeutico. In realtà le terapie salvavita fornite alla bimba anglo-italiana sono efficaci e proporzionate.
«Incurabile». Il benvenuto di morte della stampa a Indi
I media italiani si accodano al best interest sancito da medici e giudici definendo Indi «incurabile». Che però non è sinonimo di inguaribile. Un asservimento della stampa alla mentalità eutanasica dominante.
Sì, vale la pena lottare per la vita di Indi Gregory
Malgrado la speranza generata dalla concessione della cittadinanza italiana, la strada resta in salita per salvare la bambina inglese di 8 mesi che medici e giudici vogliono lasciar morire. Ma la dignità della persona esige che la battaglia per la vita sia portata fino in fondo.
«Mia figlia Indi messa a morte da un Sistema diabolico»
Si è riaccesa una piccola speranza per Indi Gregory, la bambina di 8 mesi gravemente malata a cui oggi i medici potrebbero togliere i supporti vitali: il governo italiano le ha concesso la cittadinanza italiana così da facilitare un eventuale trasferimento al Bambin Gesù di Roma. Alla Bussola il papà di Indi, Dean Gregory, consegna un messaggio di gratitudine per tutto quanto sta facendo l'Italia. E sulla sua vicenda dice: «In tribunale ho visto l’inferno, per questo ho fatto battezzare mia figlia».
Indi Gregory, otto mesi, l’ultima vittima del “fine vita” inglese
Affetta da rara malattia genetica degenerativa, sarà fatta morire oggi, 30 ottobre, a meno che venga accolto l’estremo ricorso per farla trasferire in Italia, al Bambin Gesù di Roma.
Tafida, dal dolore una speranza per altri bambini
Presentata a Londra la Fondazione Tafida Raqeeb, intitolata alla piccola inglese di 7 anni in cura al Gaslini. Il progetto è quello di un centro riabilitativo neurologico d’eccellenza, in cui dare una possibilità a bambini spesso vittime di un sistema ostile, come spiega Shelina Begum. Tra i presenti anche il senatore Pillon, oggetto in Italia di sterili polemiche, ma capace di lanciare un bel messaggio.
Tafida migliora. E la cultura della vita vince con lei
Da ieri, 8 gennaio 2020, è ufficiale: Tafida Raqeeb non è più in terapia intensiva. La bimba è stata spostata al “Guscio dei bimbi”, preludio a una possibile assistenza domiciliare, anche se il Gaslini rimane prudente. Le previsioni dei medici inglesi erano «sbagliate», dice mamma Shelina. Un fatto che fa onore alla sanità italiana e può costituire un buon precedente contro la cultura della morte.