Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
MAURIZIO PALLU'

Sorte ancora ignota per il missionario rapito in Nigeria

Ancora non si hanno notizie di don Maurizio Pallù, il sacerdote missionario da tre anni in Nigeria, rapito la mattina del 12 ottobre mentre, insieme ad altre quattro persone, si stava recando a Benin City. Il rapimento è ad opera di briganti, non di Boko Haram. E' il quinto sequestro di religiosi in pochi mesi.

Libertà religiosa 15_10_2017
Don Maurizio, il missionario rapito

Ancora non si hanno notizie di don Maurizio Pallù, il sacerdote missionario da tre anni in Nigeria, rapito la mattina del 12 ottobre mentre, insieme ad altre quattro persone, si stava recando a Benin City, la capitale di Edo, uno degli stati meridionali della federazione nigeriana. Il mezzo su cui viaggiava è stato attaccato da diversi uomini armati che si sono fatti consegnare dagli altri passeggeri oggetti di valore e denaro, poi li hanno lasciati liberi di proseguire, ma hanno portato via don Maurizio.

Si tratta del quinto sequestro di religiosi cristiani nel sud della Nigeria in pochi mesi. Ad aprile era stato rapito padre Samuel Okwuidegbe, gesuita, lungo la strada che collega Benin City a Onitsha, nello stato di Anambra che confina con l’Edo; a giugno è toccato a padre Charles Nwachunkwu, sequestrato nel vicino stato di Imu da cinque uomini armati. Altri due religiosi sono stati rapiti a settembre: padre Cyriacus Onunkwo, anche lui nell’Imu, prelevato nei pressi dell’aeroporto di Owerri, e don Lawrence Adorolo, mentre stava rientrando nella sua parrocchia di San Benedetto a Okpella, ancora nell’Edo.

In tutti i casi si è trattato di rapimenti compiuti da bande di criminali, per ottenere un riscatto. Il sequestro a scopo di riscatto di personalità politiche, persone facoltose e loro famigliari è diventata una delle attività illegali più redditizie in Nigeria che vanta ormai uno dei più alti tassi di sequestri al mondo. L’industria criminale è cresciuta a misura che nel paese si moltiplicavano i ceti ricchi. La Nigeria – maggior produttore di petrolio del continente africano e prima economia africana insieme al Sudafrica – conta infatti più miliardari che ogni altro stato africano e un consistente numero di famiglie con grandi mezzi finanziari. Con un patrimonio stimato in oltre sette miliardi di dollari, acquisito grazie al petrolio e ai gas naturali, la nigeriana Folorunsho Alakija è considerata non solo la donna africana più ricca, ma la donna nera più ricca del mondo. Igho Sanomi, 39 anni, con un patrimonio di circa 1,3 miliardi di dollari, è invece uno dei due più giovani miliardari africani. Forse in nessun stato del continente è altrettanto forte il contrasto tra la ricchezza delle classi superiori e dei ceti medi in rapida crescita e le condizioni di vita del resto della popolazione, quella che vive sotto la soglia di povertà, vale a dire con meno di 1,9 dollari al giorno: il 53% degli abitanti, 96 milioni di persone sul totale di 182 milioni. È di questi giorni la pubblicazione di un rapporto governativo secondo cui più di 50 milioni di nigeriani addirittura non dispongono neanche di luce elettrica in casa.

Dalla povertà c’è chi esce dedicandosi ad attività illegali: traffico di droga, di armi, tratta e traffico di persone, e anche sequestri. La criminalità organizzata nigeriana è tra le più potenti e temute del continente, presente in decine di stati non solo africani.

I rapimenti per riscatto di solito si risolvono in pochi giorni, non appena la somma richiesta viene pagata. Bande di sequestratori collaborano e coordinano le loro azioni dividendosi i compiti – l’agguato, il trasporto e la custodia in un luogo sicuro, i rapporti con i famigliari delle vittime – e spartendosi gli introiti che possono ammontare persino a milioni di dollari. 

Anche tre dei religiosi rapiti quest’anno sono stati liberati quasi subito: due dai rapitori stessi e uno grazie a un blitz della polizia. Purtroppo Padre Onunkwo invece è stato ucciso. Il suo corpo è stato rinvenuto nei pressi di un villaggio il giorno successivo al rapimento.

Come nei casi precedenti, si attende che i sequestratori di don Pullà prendano contatto con le autorità religiose e formulino le loro richieste in denaro. Per il momento si scarta infatti l’ipotesi che gli autori del rapimento possano agire spinti da odio religioso. Boko Haram, il gruppo armato islamista che combatte per imporre la legge coranica in tutto il paese, non ha mai operato negli stati meridionali a maggioranza cristiana, ad eccezione di alcuni attentati messi a segno in passato nella capitale Abuja e nei suoi dintorni. Nato negli stati islamici del nord, è lì che ha seminato terrore e trovato consensi e complicità, su base religiosa ed etnica, soprattutto nei tre stati di Borno, Yobe e Adamawa, nell’estremo nord est. Dal 2016 anche quei territori sono stati quasi del tutto liberati dalla presenza dei jihadisti, se non dalla minaccia di attentati, grazie all’intervento di una forza internazionale composta da militari di Niger, Ciad e Camerun, oltre che nigeriani.

Se pure non è nelle mani di jihadisti, tuttavia c’è molta apprensione per la sorte di don Pullà. Dopo l’ultimo sequestro, quello di don Adorolo avvenuto il 27 settembre, Monsignor Gabriel Dunia, vescovo di Auchi, la seconda città dello stato di Edo, ha ribadito che la Chiesa non paga riscatti, in linea con la posizione della Conferenza episcopale nigeriana che da tempo ha dichiarato di rifiutare le richieste di denaro dei sequestratori di sacerdoti e religiosi.