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Sorondo, pensa ai poveri ma serve i ricchi

In una intervista a Repubblica nel giorno della marcia contro i cambiamenti climatici, il cancelliere delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali ripropone una visione del mondo rovesciata....

Editoriali 16_03_2019

Insomma, sembrerebbe proprio che uno dei principali ispiratori della marcia studentesca di ieri per il clima sia stato il Papa con la sua enciclica Laudato Si’. Ce lo dice Avvenire, addirittura nel titolo di apertura in prima pagina (di ieri, 15 marzo): pare che ieri le piazze italiane siano state riempite dai giovani «cresciuti in associazioni ecclesiali, oratori e scuole paritarie» a testimonianza che «il messaggio della Laudato Si’ sta lasciando il segno».

E ce lo dice l’ineffabile monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze sociali, che in un’intervista a Repubblica afferma di essere «certo che Francesco sia molto contento di questa iniziativa in difesa del clima».

Segniamoci dunque anche questa: secondo «l’amico di papa Francesco» (così lo definisce Repubblica per dargli un po’ di autorevolezza), gli studenti il venerdì possono saltare la scuola e dedicare la giornata alla protesta contro i cambiamenti climatici come fa la loro eroina Greta Thunberg. Benedice il Papa.

Non vorremmo rattristare cotante autorità e i numerosi intellettuali eco-cattolici che ieri impazzavano sui social inneggiando all’alba di una nuova era: saranno pure stati tanti i giovani cattolici in piazza ieri, ma la Laudato Si’ non è il motore della protesta, è soltanto una ruota aggiunta a una macchina che altri hanno progettato e costruito. Con tutto il rispetto, ma l’adesione della Chiesa è soltanto l’ultima tesserina del mosaico per quella ideologia ecologista che affonda le radici nelle Società eugenetiche di fine ‘800 e inizio ‘900, che tante distruzioni hanno provocato nel XX secolo. Ed è una ideologia ben finanziata dalle ricche fondazioni americane.

Qualcuno prima o poi dovrebbe spiegarlo a monsignor Sorondo, che ancora una volta, nell’intervista a Repubblica, ci spiega, in un’ottica tutta marxista, che il mondo è diviso in ricchi e poveri: i ricchi inquinano e i poveri muoiono; i ricchi consumano tutte le risorse e i poveri le pagano; i ricchi surriscaldano il pianeta e i poveri affogano (per le acque che si alzano); i ricchi eleggono presidenti americani di destra e i poveri ne pagano le conseguenze. Dunque, una rivoluzione è necessaria e Greta, novella Mosè, guiderà questo popolo nella Terra promessa.

Lo schema Sorondo ha il vantaggio di essere molto semplice e di facile presa, peccato che la realtà sia molto lontana da quello che egli pensa. Come abbiamo già scritto ieri, dietro lo scontro sulle misure ambientali si muovono interessi che valgono centinaia di milioni di dollari, sia a livello locale sia a livello globale. E sono i miliardari a finanziare le campagne ecologiste, per gli interessi propri, ideologici o economici che siano. Pensare che costoro siano mossi a investire dall’emozione suscitata dalle immagini della plastica in mare o dalla commozione per i poveri orsi polari alla deriva è più che ingenuo.

Plastica in mare, orsi alla deriva, ghiacciai che si sciolgono, mari che si alzano, deserti che avanzano e così via sono invece solo opportunità per fare crescere il consenso attorno a delle politiche globali. Lo stato di emergenza in cui versa la Terra – secondo costoro –, giustifica la sospensione dei diritti.

I primi a essere penalizzati dai provvedimenti esigiti da quello che viene fatto passare per rispetto dell’ambiente sono proprio i Paesi poveri, a cui si vuole impedire lo sviluppo tipico dei paesi industrializzati. Che a loro volta vengono spinti a de-industrializzare: l’ossessione sulle emissioni di anidride carbonica (CO2), la cui responsabilità sui cambiamenti climatici è tutta da dimostrare, a questo punta. Sotto accusa sono i combustibili fossili, quindi tutta l’economia nata con la Rivoluzione industriale, che infatti viene ormai dipinta come un punto negativo della storia dell’umanità. Si vagheggia l’ideale di un ritorno a un mitico passato, si esaltano le culture primitive che vivevano in armonia con la natura (un mito senza alcun riscontro nella realtà).

La prospettiva che muove questo movimento non è aiutare tutti a essere ricchi, o comunque a stare bene, ma la necessità di essere tutti più poveri per salvare il pianeta.

In questa visione globale, diventa fondamentale limitare al massimo la presenza della razza umana: non mettere al mondo figli è una scelta di civiltà, ridurre al minimo l’impronta ecologica (brillante invenzione per convincerci che consumiamo troppo) è un dovere. Ma sono pochi ricchi, le élite che dominano il mondo a stabilire le regole del gioco e a decidere i criteri della sostenibilità, come nel ’94 il Pontificio Consiglio per la Famiglia denunciava criticando il concetto di sviluppo sostenibile.

Molte cose sono cambiate da allora in Vaticano, è evidente. Ma allora la Santa Sede nelle sedi internazionali difendeva davvero i poveri opponendosi a ogni azione o documento che mettesse in discussione il valore assoluto della persona e la sua dignità. Oggi invece la Santa Sede, mettendosi al servizio delle élite che guidano l’Onu, sta proprio ipotecando il futuro di quei poveri che a parole dice di voler sostenere.