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«Sono donna». E gli stupratori vanno nelle carceri femminili

È divenuta pratica comune per la polizia britannica permettere agli stupratori di essere registrati come donne, finendo in prigioni femminili (e gli abusi non mancano). Se si tratta di indicare il sesso, si accettano sulla parola «i dettagli che una persona fornisce» e ci si comporta di conseguenza, come ammette il National Police Chiefs’ Council. L’ennesima follia, figlia dell’accettazione supina del transessualismo.

Vita e bioetica 26_10_2019

Non c’è solo il boom di bambini e adolescenti confusi sulla propria identità sessuale, i danni per la salute che iniziano con l’uso di ormoni blocca-pubertà e sfociano nell’aumento dei suicidi, i maschi a cui piace vincere competizioni femminili o accedere a spogliatoi e bagni per donne. Tra le dirette conseguenze dell’accettazione e diffusione dell’ideologia transessualista c’è anche il crescente numero di casi di stupratori che, pur da condannati, chiedono e ottengono di essere mandati in carceri femminili.

Questa tendenza si sta già radicando in alcuni Paesi, tra cui il Regno Unito, dove la polizia permette agli stupratori di essere registrati come donne, se non vogliono più identificarsi con il proprio sesso biologico. Già in passato erano emersi casi di questo tipo, ma che si tratti di una pratica diffusa lo ha rivelato il 20 ottobre il Times, spiegando che adottano tale politica almeno sei forze territoriali di polizia, dalla contea del South Yorkshire alla subregione della Valle del Tamigi, che nei loro database ufficiali, collegati al ministero dell’Interno, inseriscono il dato sul sesso a seconda dei desideri del sospetto o condannato di turno.

La scoperta fa seguito a una richiesta di informazioni presentata da un’organizzazione per i diritti delle donne, la Fair Play for Women (Fpw), allertata dalle notizie provenienti dalle carceri di Sua Maestà. Ulteriori cinque forze di polizia (quelle delle contee di Durham, Kent, Norfolk e Suffolk, nonché la British Transport Police), pur non rispondendo direttamente alla richiesta - che si basa sul Freedom of Information Act - hanno lasciato intendere di seguire la stessa linea.

Come ha dichiarato la polizia del South Yorkshire: «Accetteremo i dettagli che una persona fornisce e li tratteremo di conseguenza». Inutile dire che così facendo non solo si aumenta esponenzialmente il rischio di uno stupro ma si legittima pure la beffa. Come ha detto al Times la direttrice di Fpw, Nicola Williams: «Sarebbe altamente offensivo per una donna che è stata stuprata se vedesse scritto che il suo aggressore era una donna quando chiaramente era un maschio con un pene». Ci sarebbe poi un ulteriore cortocircuito giuridico perché, stando alla definizione di stupro del Sexual Offences Act (una persona che «con il suo pene» ne penetra un’altra senza consenso), un uomo che si identifica come donna potrebbe ottenere una sanzione minore, venendo punito per molestie sessuali meno gravi, come fa notare il Daily Mail.

Tra i recenti casi di cronaca che mostrano una volta di più la follia di questo sistema c’è quello di David Thompson (nella foto, prima e 'dopo'), uno stupratore che ha alle sue spalle l’assalto con un coltello a un vicino di casa di 66 anni, lo stupro di diverse donne e violenze sessuali contro bambini. Thompson, dopo aver ottenuto di essere chiamato “Karen White”, è riuscito a farsi mandare in un carcere inglese per donne, commettendo abusi sessuali su quattro compagne di prigione, fino a quando le autorità hanno realizzato l’errore trasferendolo al carcere (maschile) di massima sicurezza di Wakefield. Ciononostante Thompson non si è arreso e ha chiesto ai suoi amici di aiutarlo a ottenere un intervento chirurgico per la rettificazione del sesso, del costo di 25.000 sterline, per non passare dalle liste d’attesa del servizio sanitario britannico. «Se divento donna», scriveva ai suoi amici, «allora il sistema non avrà altra scelta che mandarmi [di nuovo] in una struttura femminile».

Per soddisfare il suo desiderio di ricambiare carcere servirebbe quindi ora l’intervento chirurgico, che ne deturperebbe il corpo senza certo farlo diventare una donna: ma appunto, se non fosse stato per la denuncia dei suoi abusi in prigione, la sua permanenza nel carcere femminile si sarebbe basata sulla sua sola parola di “sentirsi” donna. Come si evince anche dalla dichiarazione del National Police Chiefs’ Council, organo che riunisce i capi di polizia del Regno Unito: «Come viene registrato il genere dipende da ogni singola forza [di polizia]. Comunque, come regola generale, accetteremo i dettagli che una persona fornisce e li tratteremo di conseguenza».

L’oggettività della natura maschile e femminile viene quindi sacrificata sull’altare di un’ideologia diabolica, rispetto alla quale anche la sicurezza altrui viene messa in pericolo pur di non essere tacciati di “transfobia”, perfino quando si capisce, come per gli stupratori, che non c’è neanche una confusione di identità sessuale alla base… Se si può buttare al macero questa oggettività - fondante, per volontà del Creatore - tutto diventa arbitrario, soggetto ai desideri del gruppo che ha più potere in un dato momento storico. Se si consente per legge a una persona, contro il suo stesso bene, di essere trattata in tutto e per tutto come se fosse del sesso opposto a quello vero (con processi e sanzioni per chi non si adegua alla menzogna), su quale base si potrà impedire che altre false percezioni, in tutti i campi, vengano riconosciute dalla legge come vere? Come si può pensare cioè che tutto il resto, come già vediamo, non crolli da sé?