Somalia, pochi cristiani e molte angherie
Non c'è solo l'emergenza umanitaria. C'è per esempio anche la dura persecuzione operata dai gruppi islamisti come le milizie al-Shabab.
Monsignor Giorgio Bertin - dal 2001 vescovo di Gibuti e amministratore apostolico della diocesi di Mogadiscio - lo scorso 22 luglio scorso è stato intervistato dall'Aiuto alla Chiesa che Soffre sulla situazione somala. «Riconosco l’emergenza umanitaria - ha detto - ma non dobbiamo dimenticarci dell’urgenza di restaurare uno Stato somalo, altrimenti tapperemo momentaneamente delle falle, senza risolvere i problemi alla radice».
I pochi cristiani somali devono nascondersi per non esporsi alle violenze degli estremisti, come il Gruppo armato islamista al-Shabab - "La Gioventù [nella foto] - che si è sviluppato a seguito della sconfitta dell'Unione delle Corti Islamiche (UCI) per opera del Governo Federale di Transizione (GFT) e dei suoi sostenitori. Uno degli obiettivi primari del Gruppo è l’introduzione della Shari’a nel sistema legislativo. Simbolo della situazione dei cristiani, è la cattedrale di Mogadiscio, completamente distrutta e adoperata come alloggio per gli sfollati.
«Perfino la Caritas-Somalia - ha affermato il vescovo - ha dovuto ridurre i suoi interventi, ma fortunatamente possiamo contare su alcuni partner di lunga data, come le Caritas Svizzera e Lussemburgo che operano a Nord nell’autoproclamata Repubblica del Somaliland». Nonostante la carestia dovuta alla siccità, per la quale oltre 12 milioni di persone rischiano la morte per fame, la totale mancanza di sicurezza ha costretto molte realtà umanitarie ad abbandonare il Paese. Per questo motivo l’amministratore apostolico, insieme alla Caritas locale, sta promuovendo il coinvolgimento di ONG locali affidabili che portino aiuti anche nelle aree controllate dalle milizie radicali di al-Shabab.
Il gruppo armato ha recentemente fatto sapere di aver rimosso il divieto sulla presenza di personale internazionale non islamico, ma i principali organismi umanitari continuano a mantenere una certa prudenza. «Un atteggiamento del tutto comprensibile - sottolinea monsignor Bertin – dal momento che al-Shabab non ha un’autorità centrale e non vi è quindi alcuna garanzia che la rimozione del divieto sia attuata».
L’associazione evangelicale Porte Aperte, che nel proprio rapporto dà alla Somalia la posizione numero 5 nella lista dei Paesi dove è a rischio la libertà religiosa, sostiene che l’organizzazione al-Shabab sta da tempo «lavorando efficacemente per spazzare via i cristiani dal paese».
La Repubblica della Somalia è in guerra civile dal 1991 e può essere divisa fra la autoproclamatosi indipendente Somaliland (Nord-Ovest), l’autonoma Puntland (North-Est) e la Somalia meridionale con capitale Mogadiscio. Mentre Somaliland e Puntland sono relativamente stabili, la Somalia meridionale non lo è a causa delle milizie islamiche al-Shabaab e Hizbul Islam, che combattono il Governo di transizione della Repubblica e l’alleato Ahlu Sunnah Jama’a, quest’ultimi spalleggiati da 6.000 soldati dell’Unione Africana.
L’Islamista al-Sahbaab controlla il 90% del sud della Somalia mentre il Governo transitorio è serrato in una piccola parte della capitale. L’autoritaria Al-Shabaab sta imponendo un’interpretazione estrema della sharia nei territori che controlla. Questa milizia è estremamente radicale a causa dell’influenza esterna di al-Qaeda nel periodo monitorato. Perciò il suo supporto fra la popolazione locale sta calando.
Il rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre, denuncia che la pratica di religioni diverse dall’islam provoca reazioni intolleranti in tutto il territorio somalo e le conversioni sono scoraggiate da forme di ostracismo ed emarginazione sociale. Le attività di culto dei cristiani, cattolici e protestanti evangelici, si svolgono all’interno di case private senza essere visibili dall’esterno. Su tutto il territorio somalo non esistono più edifici di culto cristiano aperti al pubblico. Nel corso del 2008 sei convertiti cristiani dall’islam sono stati assassinati e altri ventuno nel corso del 2009. Nel 2010, otto cristiani sono stati uccisi e un quarto di tutti i credenti hanno lasciato la Somalia.Tutti i delitti sono opera di al-Shaabab, e in un caso di Sunna Waljameca, formazione islamista operante nel territorio del Puntland.
Il 10 luglio 2008 milizie al-Shabaab hanno ucciso ad Afgoi, Sayid Ali Sheikh Luqman dopo aver ottenuto la confessione della sua conversione al cristianesimo.
Il 23 settembre, in un villaggio nei pressi di Baidoa, milizie al-Shabaab hanno decapitato Mansuur Mohamed, operatore umanitario, accusato di essersi convertito al cristianesimo nel 2005 e di essere una spia a servizio dell’Etiopia.
Il 30 settembre, l’amministrazione di Kismayo dipendente da al-Shabaab ha disposto la demolizione della chiesa cattolica locale.
Nel corso del 2009, estremisti islamici armati e autorità locali fedeli alle milizie al-Shabaab nella Somalia centro-meridionale hanno ucciso 21 cristiani, in parte presunti tali.
Il 16 gennaio, il governo locale di Kismayo ha effettuato l’esecuzione capitale di Abdirahman Haji Mohamed, uomo politico locale, accusato pretestuosamente di apostasia dall’islam e spionaggio per l’Etiopia.
Il 19 febbraio, le autorità del Somaliland hanno fermato alla frontiera e malmenato Abdi Welli Ahmed, un cittadino kenyano di origini musulmane convertito al cristianesimo pentecostale che stava entrando in territorio somalo dall’Etiopia. Il materiale religioso di cui era in possesso è stato sequestrato ed è stato minacciato di morte affinchè abiurasse la sua fede religiosa.
Il 21 febbraio, nel villaggio di Yonday, milizie al-Shabaab hanno decapitato l’11enne Abdi Rahaman Musa Yusuf e il 12enne Hussein Musa Yusuf, figli di Musa Mohammed Yusuf, un capo comunità cristiano che si era rifiutato di fornire loro informazioni per localizzare un altro esponente cristiano.
Il 10 luglio, sette prigionieri accusati di essersi convertiti al cristianesimo e di essere spie dell’Etiopia sono stati decapitati nella città di Baidoa da elementi di al-Shabaab.
Il 20 luglio, a Mahadday Weyne, 100 chilometri a nord di Mogadiscio, elementi di al-Shabaab hanno ucciso a colpi di arma da fuoco Mohammed Sheikh Abdiraman, un convertito diventato cristiano da 15 anni. Vedovo, ha lasciato due orfani di 15 e 10 anni.
Il 4 agosto, Fatima Sultan, Ali Ma’ow, Sheik Mohammed Abdi e Maaddey Diil sono stati decapitati nella città di Merka, da membri di al-Shabaab, per essersi convertiti al cristianesimo. Lavoravano per una Ong locale dedita all’aiuto degli orfani e, secondo una testimonianza, hanno rifiutato di abiurare per avere salva la vita. I corpi non sono stati restituiti alle famiglie.
Il 18 agosto, appartenenti ad al-Shabaab hanno ucciso a colpi di arma da fuoco a Bulahawa, nei pressi del confine fra Somalia e Kenya, il 41enne Ahmed Matan, convertito cristiano.
Nel mese di agosto, un convertito cristiano di Pepsi, villaggio nei pressi di Hargheisa nel Somaliland, è stato arrestato con l’accusa di aver distribuito letteratura religiosa cristiana nel suo villaggio. Il detenuto è stato poi trasferito in un carcere remoto a 60 km da Hargeisa, dove ha attuato uno sciopero della fame di protesta. Un altro convertito al cristianesimo del Somaliland, Mohamed G. Ali, è fuggito in Etiopia per sfuggire alla punizione da parte delle autorità e dei propri familiari.
Il 15 settembre, miliziani di al-Shabaab hanno ucciso nei pressi della città di Merka il 69enne Omar Khalafe, dopo aver scoperto che trasportava con sé alcune bibbie.
Il 28 settembre, un comandante di al-Shabaab ha ucciso nel villaggio di Marerey, nel Basso Giuba, la 46enne Mariam Muhina Hussein, scoperta in possesso di sei bibbie.
Il 10 ottobre, a Mogadiscio, miliziani di al-Shabaab hanno ferito mortalmente in un’imboscata il pastore Ali Hussein Weheliye, leader di una Chiesa clandestina dal 2002. Si era convertito al cristianesimo nel 1999.
Il 19 ottobre, a Galkayo, nella regione del Puntland, tre uomini mascherati appartenenti alla milizia islamista Sunna Waljameca hanno ucciso a colpi di arma da fuoco la 45enne Amina Muse Ali, perché si rifiutava di indossare il velo ed era accusata di essersi convertita al cristianesimo.
Il 14 novembre, il corpo recante segni di tortura e di colpi di arma da fuoco di Mumin Abdikarim Yussuf è stato ritrovato in una via di Mogadiscio nel distretto di Yaqshid. Il 23enne era stato arrestato il 28 ottobre, in seguito alla denuncia di un 14enne che affermava di essere stato invitato a convertirsi al cristianesimo da parte di Yussuf.
Il 1° gennaio 2010, militanti di al-Shabaab hanno ucciso a colpi di arma da fuoco a Hodan, nei pressi di Mogadiscio, il 41enne Mohammed Ahmed Ali, leader di una Chiesa cristiana clandestina. Minacciata telefonicamente di morte da presunti miliziani di al-Shabaab la vedova Amina Ibrahim Hassan ha abbandonato la Somalia due giorni dopo insieme all’unico figlio di due anni.
Il 17 febbraio, ad Hamarwien, quartiere periferico di Mogadiscio, esponenti delle filo-governative Corti islamiche hanno dato fuoco alla casa di un residente sospettato di appartenere a una Chiesa cristiana nell’intento di distruggere bibbie e testi cristiani che si sarebbero trovati all’interno dell’edificio.
Il 15 marzo, miliziani islamisti hanno abbattuto a colpi di arma da fuoco nel villaggio di Mahaday, 50 chilometri a nord di Jowhar, Madobe Abdi, capo comunità di una Chiesa clandestina. Il 2 marzo era sfuggito a un tentativo di rapimento da parte di esponenti di al-Shabaab. Madobe Abdi non era un convertito, essendo un orfano cresciuto come cristiano sin da bambino.
Il 23 marzo, miliziani di al-Shabaab hanno ucciso a colpi di arma da fuoco nei pressi di Afgoye Mu’awiye Hilowle Ali, padre di dieci figli, convertitosi al cristianesimo nel 2006.
Il 4 maggio 2010 miliziani islamisti hanno ucciso a colpi di arma da fuoco a Xarardheere, località a 60 chilometri da Jowhar, un altro leader delle comunità cristiane clandestine in Somalia: il 57enne Yusuf Ali Nur, il cui nome da tempo figurava su una lista di personalità sospettate di essere cristiane e perciò condannate a morte da al-Shabaab.