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CONTINENTE NERO

Somalia, emigrazione di giovani in fuga dal matrimonio

In Somalia la guerra civile sta finendo. Nella regione settentrionale del Somaliland, autonoma, la stabilità è tale che arrivano profughi dallo Yemen e dalla Siria. Ma i giovani continuano ad emigrare. Uno dei motivi? Il matrimonio, che per tradizione costa una fortuna. E allora, per guadagnare o fuggire, si preferisce l'attraversata del deserto e del Mediterraneo

Esteri 01_07_2017
Somalia, danza nuziale

Ogni anno molti somali emigrano, diretti in Europa e in Medio Oriente. In Italia da gennaio a maggio ne sono arrivati e hanno chiesto asilo già 1.109. Nel 2016 erano stati 2.404, con un incremento del 222% rispetto ai 747 del 2015. Chiedono lo status di rifugiato come hanno fatto centinaia di migliaia di loro connazionali negli ultimi 25 anni, da quando nel 1991 in Somalia è scoppiato il conflitto tra i clan, per il potere, terminato nel 2004. Nonostante gli accordi siglati quell’anno con la mediazione internazionale, alcuni clan hanno poi ripreso a combattere formando le Corti Islamiche da cui nel 2006 sono germinati gli al Shabaab, il gruppo jihadista armato legato ad al Qaida che tuttora controlla una parte dei territori meridionali e compie attentati nella capitale Mogadiscio.  

La situazione tuttavia sta migliorando. Decine di migliaia di somali che vivevano all’estero sono rientrati in patria. Altri ne arrivano ogni giorno. Chi può contare su buone risorse non se ne pente: tra queste, una parentela ben inserita nell’apparato statale, che dia accesso ai fondi internazionali miliardari destinati alla ricostruzione. 

Le regioni settentrionali, che nel 1991 si sono autoproclamate stato autonomo del Somaliland, da qualche tempo ospitano persino dei rifugiati di altre nazionalità. Ad Hargeisa, la capitale, vive una piccola fiorente comunità di siriani e yemeniti, quasi tutti professionisti, laureati. Uno di loro, Hosman, è un dentista di Aleppo. L’idea di chiedere asilo in Europa non gli piaceva per la difficoltà di trovare lavoro. Allora “sono andato on line – ha spiegato in un’intervista a un giornalista della Bbc – ho cercato posti in cui c’era carenza di dentisti, per primo ho trovato Mogadiscio. Ci sono andato con mia moglie e il nostro bambino, ma lì era più o meno come essere ad Aleppo, anche se la mia professione era in effetti apprezzata. Così ci siamo trasferiti ad Hargeisa che è una città molto più sicura”. Per i somali – spiega ancora – la guerra in Siria e in Yemen è una fortuna perchè ha portato persone con competenze che mancavano: “la bella strada asfaltata che porta da Hargeisa alla costa, per esempio, è stata progettata da ingegneri siriani e il miglior ristorante in città è lo ‘Happy Yemen’, aperto da uno yemenita che prima viveva in Gran Bretagna e faceva l’insegnante”.

Però i giovani somali continuano ad andarsene, così tanti che le autorità del Somaliland ne parlano come di una calamità nazionale. Il preside di una scuola di Hargeisa racconta che dal suo istituto sono partiti centinaia di studenti e di ex allievi. Almeno 20 di loro sono morti durante il viaggio, in qualche punto del deserto o del mare. Ci sono madri che piangono un figlio. Fatuma di figli ne ha persi due, un maschio e una femmina. Suo figlio – racconta – andava all’università, la ragazza si sarebbe iscritta anche lei dopo il diploma. Il ragazzo si voleva sposare presto e la famiglia aveva incominciato a cercargli una buona moglie. Di lì è scaturito il dramma. Sposarsi in Somalia costa caro: bisogna pagare il prezzo della sposa ai genitori della futura moglie, organizzare la cerimonia nuziale, che per tradizione dura sette giorni, la sposa si aspetta di ricevere in dono dei gioielli d’oro e gli abiti che indosserà durante le nozze e poi di andare a vivere in una casa ben arredata, con mobili nuovi. Non è insolito che il matrimonio costi allo sposo e alla sua famiglia intorno ai 5.000 dollari e si può arrivare facilmente a 15.000. Molte famiglie e sempre più ragazze rifiutano i pretendenti che non sono disposti a spendere per loro. Per questo il figlio di Fatuma è partito, immaginando di poter guadagnare in fretta all’estero il denaro necessario.     

Come lui, altri giovani somali emigrano, tornano solo quando hanno risparmiato abbastanza e, se no, si stabiliscono all’estero. Davvero non devono essere pochi se le autorità di Beled Hawo, una città di oltre 70.000 abitanti nel sud della Somalia, ha deciso di proibire i matrimoni costosi, i “festeggiamenti pazzi”, proprio per evitare ai giovani di emigrare per potersi sposare. 

Dall’inizio di gennaio a Beled Hawo sono proibiti i ricevimenti di nozze negli hotel e per i banchetti nuziali non si possono uccidere più di tre capre. Il prezzo della sposa non deve superare i 150 dollari, mobili, attrezzi da cucina e altri arredi non devono costare più di 600 dollari. “Le ragazze rifiutano di sposarsi se non si spende una fortuna in cerimonie, gioielli e mobili – spiega l’amministrazione comunale – era ora di intervenire” tanto più in un periodo difficile come quello attuale. Beled Hawo si trova infatti nella regione di Gedo, al confine con il Kenya, uno dei territori somali colpiti dalla siccità  e in cui a marzo è stato dichiarato lo stato di carestia. 

Ci sono coppie che invece decidono di convivere senza sposarsi, per evitare spese e discussioni con la famiglia della sposa. Di recente in città ben 150 bambini sono nati da genitori non sposati: “neanche questo è bene – dice Mohamud Hayd Osman, portavoce dell’amministrazione comunale – una ragazza deve essere incoraggiata a sposare l’uomo che ha scelto, solo così una comunità cresce”.