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«Solo la madre partorisce». No dei giudici alla follia trans

Dopo la sentenza di primo grado, anche in appello è stata bocciata la richiesta di “Freddy” McConnell, una giornalista britannica che ha partorito un bambino ma pretende di essere riconosciuta come suo “padre”. La donna tenterà il ricorso alla Corte suprema, sfidando ancora il buonsenso.

Vita e bioetica 05_05_2020

A partorire è sempre e solo un genitore - la madre - dato che al padre tale possibilità è insuperabilmente preclusa. D’accordo, si dirà, ma questo è ovvio. Non esattamente, o meglio non più, dato che la considerazione riportata è il succo di un pronunciamento della magistratura inglese, precisamente della Corte d’Appello, su una vicenda che in teoria avrebbe potuto – almeno sul piano giurisprudenziale – sconvolgere non pochi equilibri.

La vicenda è quella di «Freddy» McConnell, 34 anni, giornalista britannica dalla storia particolare. Nata donna, per adeguarsi alla propria “identità di genere” ha iniziato ad assumere, all’età di 25 anni, testosterone sottoponendosi a diversi interventi fra cui uno, avvenuto in Florida, di modellamento del torace.

Nonostante tale trasformazione, la McConnell nel 2018 ha partorito un bambino rispetto al quale – e veniamo al punto – ha avviato una battaglia legale quantomeno bizzarra: quella per esserne riconosciuta come il padre. Il ricorso alla magistratura non è stato però fortunato per «Freddy» dato che già lo scorso anno sir Andrew McFarlane, presidente della Family Division nonché il più anziano giudice in Inghilterra e Galles in tema di diritto di famiglia, aveva stabilito che, indipendentemente dal loro genere, le persone che hanno partorito legalmente sono e non possono essere che madri. Sir McFarlane ha pure rimarcato che esiste una sostanziale «differenza tra il genere di una persona e il suo status di genitore». Come dire: ti puoi pure sentire il bisnonno di tuo figlio, ma se sei colei che lo ha partorito eri e resti sua madre.

Il verdetto non ha convinto «Freddy» McConnell, che ha fatto ricorso come si diceva in appello sempre nel tentativo d’esser registrata sul certificato di nascita del figlio come suo padre. Ebbene, esaminate le argomentazioni già emerse precedentemente, nei giorni scorsi i giudici hanno dato ancora torto alla mamma trans. Nello specifico, Lord Burnett, che è il giudice più anziano in Inghilterra e Galles, ha confermato la sentenza precedente affermando come il Gender Recognition Act - che impone a McConnell di essere registrata come madre - non abbia affatto violato i suoi diritti alla vita privata e familiare, così come stabiliti dalla Convenzione europea sui diritti umani. «Nessuno, neppure il padre, ha la responsabilità genitoriale automatica tipica della madre. Rispetto a questo, non è necessario alcun particolare documento di registrazione: il fatto stesso di dare alla luce un bambino determina tale effetto giuridico», sono state le osservazioni di Burnett. Che, tradotte dal giuridichese, non fanno che rievocare l’antico detto latino, mater semper certa est, rispetto al quale sull’identità paterna al limite può esistere un margine di discussione: ma non su quella materna, strettamente legata al parto (salvo diavolerie criminali come la maternità surrogata).

Di fronte alla nuova bocciatura delle sue istanze, «Freddy» McConnell da una parte si è detta delusa - definendola una «decisione deludente e conservatrice» - e dall’altra ha annunciato che continuerà la sua battaglia ricorrendo alla Corte suprema del Regno Unito. Stando sul piano giuridico, insomma, la partita della «mamma che vuole diventare papà» non è ancora conclusa. Tuttavia, una qualche considerazione sulla vicenda la si può già formulare. Un paio, almeno, risultano in particolare doverose.

La prima concerne la conformità di ben due corti inglesi sul fatto che a partorire un figlio possa essere solo la madre, dato ovvio in natura ma non necessariamente in un Paese che ha fatto da apripista mondiale a tanti sconvolgimenti etici contemporanei, dall’aborto procurato alla maternità surrogata fino alle tragiche vicende di Alfie Evans, Charlie Gard e Isaiah Haastrup. Certo, la Corte suprema può ancora ribaltare tutto, ma lo scenario appare improbabile.

Un secondo e ultimo pensiero riguarda la necessaria distinzione tra realtà e diritto, nel senso che in un mondo normale le cose dovrebbero andare a braccetto ma innumerevoli esempi, come noto, ci dicono il contrario. Questo per dire che, se anche domani «Freddy» McConnell trovasse un giudice disposto a riconoscerla come il padre di suo figlio, il diritto ne verrebbe sconvolto con effetti anche sociali. Ma chiunque abbia a cuore la realtà delle cose sarebbe egualmente tenuto a non modificare di un millimetro la sua posizione, perché ci sono cose sulle quali non c’è corte al mondo che possa mettere il becco: e il fatto che la madre, e non altri, sia chi accoglie in grembo una vita è naturalmente fra queste.