Soldi europei solo tra un anno: torna lo scontro sul MES
Nel Governo c’è una spaccatura profondissima tra gli alleati rispetto all’opportunità di accedere al MES. Lo scontro è diventato ideologico e Conte è tra l’incudine e il martello, tra un Pd sempre più convinto della necessità di utilizzare i soldi del Mes e un Movimento Cinque Stelle graniticamente arroccato sul no al Fondo salva-Stati.
Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni lo ha chiarito una volta per tutte: i soldi del Recovery Fund arriveranno solo fra un anno e quindi, nel frattempo, ne occorrono altri per fronteggiare le numerose urgenze di questi mesi. Accedere al Mes conviene all’Italia ed è al momento l’unica strada praticabile per scongiurare il rischio di un crollo socio-economico devastante.
Parlando con Repubblica, Gentiloni sottolinea che «le erogazioni del Recovery inizieranno nella seconda parte del 2021 ad eccezione di un 10% che verrà anticipato con l'approvazione del Piano. Prima dobbiamo aspettare il percorso di ratifica dei parlamenti, quindi dovremo riuscire a rispettare il calendario con l'approvazione dei Piani di riforme dei singoli paesi entro aprile e andare sui mercati con titoli europei comuni».
Il pacchetto, come spiega Gentiloni, è composto da 390 miliardi del Recovery di aiuti a fondo perso, 360 miliardi di prestiti sempre del Recovery e poi dai crediti agevolati del Mes e di Sure, rispettivamente fino a 240 e 100 miliardi. In tutto 700 miliardi di prestiti. «Se c'è un Paese in Europa che può trarre vantaggio da questi prestiti - chiarisce - è l'Italia e all'interno di questo pacchetto uno strumento è già disponibile, ovvero il Mes. Abbiamo eliminato dalle sue linee di credito le vecchie condizionalità macroeconomiche e ora è chiaramente vantaggioso per un Paese con i tassi di interesse come quelli italiani. Ma la decisione ovviamente non si prende a Bruxelles».
Ma nonostante le rassicurazioni di Gentiloni, nel Governo c’è una spaccatura profondissima tra gli alleati rispetto all’opportunità di accedere al Fondo salva-Stati. Giovedì al Parlamento europeo si è riprodotta l’inedita maggioranza tra Movimento Cinque Stelle, Lega e Fratelli d’Italia, contraria all’utilizzo del Mes, mentre Pd e Forza Italia hanno votato per l’utilizzo di quel prestito europeo da parte dell’Italia.
Peraltro la contraddizione più stridente dell’attuale Governo italiano sta proprio nell’ostinazione a rifiutare tali somme, che gioverebbero non poco alla ripartenza, dovendo essere impiegate per potenziare la sanità e la scuola, settori alquanto strategici. Come può un Governo che si accinge a rinnovare fino al 31 ottobre lo stato di emergenza snobbare uno strumento che è privo di condizionalità proprio perché considerato eccezionale e collegato a una situazione eccezionale come la pandemia? Se si ritiene probabile una seconda ondata di contagi, con relativo prolungamento di emergenza sanitaria e interventi straordinari, perché privarsi di 36 miliardi subito disponibili per fronteggiare le innumerevoli esigenze poste dal Covid-19?
Eppure lo scontro è diventato ideologico e Conte è tra l’incudine e il martello, tra un Pd sempre più convinto della necessità di utilizzare i soldi del Mes e un Movimento Cinque Stelle graniticamente arroccato sul no al Fondo salva-Stati.
Nel Parlamento italiano il Mes non ha i numeri, perché i voti di Forza Italia e Italia Viva, sommati a quelli di Pd e Leu, tutti favorevoli al Mes, non compensano quelli di Movimento Cinque Stelle, Fratelli d’Italia e Lega, contrari. Soltanto il premier, mediando tra le parti, potrebbe riuscire a sbloccare la situazione, facendo ingoiare ai grillini l’ennesimo rospo.
La miccia potrebbero essere le prevedibili tensioni sociali di settembre, con centinaia di migliaia di nuovi disoccupati a seguito della possibile chiusura di molte aziende. A quel punto qualunque sussidio, anche il Mes, destinato a sanità e scuola, potrebbe essere accettato sull’onda della disperazione. Si vedrà.
Nel frattempo, la maggioranza non è solo in tensione sul Mes, ma anche sul resto. I provvedimenti economici al Senato potrebbero passare solo con qualche voto azzurro. Di qui le manovre per avvicinare sempre più Forza Italia al Governo.
Ma tra gli alleati di Conte i mal di pancia riguardano anche la legge elettorale. Nel blitz che giovedì Pd, Leu e Cinque Stelle hanno tentato sul sistema proporzionale, Italia Viva si è messa di traverso. I renziani si dicono favorevoli al maggioritario e quindi non sono disposti ad appoggiare una riforma proporzionalista del sistema di voto. Anche qui, però, non è escluso un asse trasversale che comprenda Forza Italia. I berlusconiani sanno di rappresentare ormai un quinto dell’elettorato leghista e un terzo di quello di Fratelli d’Italia. Conseguentemente, in caso di maggioritario, dovrebbero accontentarsi delle briciole in termini di seggi ripartiti all’interno della coalizione di centro-destra. Meglio, quindi, il proporzionale, con la possibilità di ottenere anche nella prossima legislatura un congruo numero di parlamentari da spendere a urne chiuse nelle trattative per la formazione di un nuovo esecutivo.