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IL CASO

Soldi, abusi e omosessualità, così si perde la Chiesa croata

Casi di abusi sessuali, scandali finanziari, passatempi pericolosi (un vescovo incriminato per aver impallinato un altro cacciatore durante una battuta di caccia al cinghiale), casi clamorosi di omosessualità nei seminari e acquiescenza verso le relazioni omosessuali. Chiesa croata nella bufera.

Ecclesia 22_01_2019
Il cacciatore, mons. Vjekoslav Huzjak

La Chiesa croata non è immune dalla grave crisi morale che attanaglia la Chiesa in tutto il mondo. È una crisi che coinvolge in primo luogo l’episcopato, che appare più interessato alla cura e alla gestione dei propri interessi terreni che alla cura delle anime. Non è un caso che la reazione dei vescovi croati al blocco della canonizzazione del beato Alojzije Stepinac, decisa dalla Santa Sede a seguito delle proteste della Chiesa ortodossa serba, sia stata molto più blanda rispetto a quella che, nel 2011, prese di mira Benedetto XVI a seguito dell'“affare Daila“, vale a dire l'assegnazione a un monastero benedettino italiano, ai danni della Diocesi di Parenzo-Pola, di una piccola parte dei possedimenti dell'ex convento benedettino di Daila, in Istria, decisa da una commissione vaticana e avallata dal Papa.

E' cronaca di questi giorni l'incriminazione di mons. Vjekoslav Huzjak, vescovo di Križevci-Bjelovar (diocesi suffraganea dell'Arcidiocesi di Zagabria), per un reato che corrisponde alle “lesioni gravi“ dell'ordinamento giuridico italiano. Durante una battuta di caccia al cinghiale, mons. Huzjak ha per errore sparato a un altro cacciatore che si trovava nelle vicinanze, ferendolo gravemente (vedi qui). Inutile dire che i media cattolici, riportando i fatti, le scuse del vescovo e la sua visita in ospedale al cacciatore ferito, che comunque non è in pericolo di vita (vedi qui), non si sono posti il dubbio circa l’opportunità che un successore degli apostoli impugni e utilizzi armi da fuoco e pratichi passatempi così pericolosi.

Non è raro leggere sui giornali di gravi perdite di denaro da parte di organi ecclesiastici e diocesi a seguito di cattivi investimenti. Il più grave di questi scandali, che ha fatto traballare il seggio episcopale del cardinal Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria, è scoppiato lo scorso anno coinvolgendo il Collegio dei Prebendari della Cattedrale di Zagabria, composto da sacerdoti il cui compito principale è quello di confessare in Cattedrale.

La cattiva gestione dei beni di questo Collegio e un vorticoso giro di mutui e di cattivi investimenti immobiliari ha provocato la perdita di diverse decine di milioni di Euro. A farne le spese il capo dei prebendari, mons. Mijo Gabrić, sospeso da ogni funzione e condannato alla perdita del titolo di monsignore, nonché a una vita di ritiro, preghiera e penitenza (vedi qui). Nessun provvedimento, invece, è stato preso verso chi in questi anni non ha sufficientemente vigilato sull'attività del Collegio dei prebendari e ha chiuso un occhio sul fatto che Gabrić da ben sette anni non presentasse alcun rendiconto sull'attività finanziaria del Collegio.

Un altro prebendario della Cattedrale di Zagabria, Zvonimir Kurečić, è stato denunciato il mese scorso da un professore universitario, ex seminarista ed ex frate francescano, oggi sposato (e divorziato) con una figlia, per avere tentato di abusare sessualmente di lui dopo averlo invitato con un pretesto nel suo appartamento (vedi qui). L'accusatore ha affermato di essere a conoscenza di un altro uomo che avrebbe subito le stesse morbose attenzioni da parte di Kurečić, riservandosi tuttavia di rivelare il suo nome nel momento in cui sarà necessaria la sua testimonianza in sede di processo penale.

Contro il prebendario è stato avviato anche un procedimento canonico presso l'Arcidiocesi di Zagabria, tuttavia ciò appare come espressione della consueta prassi clericale di agire solo dopo che è scoppiato lo scandalo pubblico, poiché negli ambienti ecclesiastici il comportamento sopra le righe di Kurečić era noto a tutti (nel Seminario Maggiore girava la battuta: «Se devi andare a casa di Kurečić, vedi di non andarci da solo»).

La diffusa immoralità nel clero provoca anche un indebolimento nell'insegnamento della morale cristiana, tanto più che i luoghi destinati alla formazione delle future generazioni di sacerdoti, i seminari, anche in Croazia non appaiono immuni da una sempre più marcata presenza omosessuale.

Ad esempio, nel 2011 è scoppiato nel Seminario Arcidiocesano di Fiume lo scandalo di sei seminaristi di tendenza omosessuale, scoperti da un loro collega. Il fatto era ormai diventato pubblico, e l'Arcidiocesi, a norma di legge canonica, ha dovuto escludere i sei dalla formazione sacerdotale, tuttavia ha espulso anche il seminarista che li aveva scoperti, ufficialmente per avere violato la privacy dei sei seminaristi da lui accusati. In pratica, un avvertimento sulle conseguenze che avrebbe sofferto chi in futuro avesse avuto l'ardire di denunciare fatti di questo genere.

Sempre l'Arcidiocesi di Fiume, in occasione delle celebrazioni, avvenute nel maggio 2012, del decimo anniversario della creazione dell'Ufficio per la Famiglia, non ha trovato di meglio che invitare l'allora ministro delle politiche sociali e dei giovani, Milanka Opačić, rappresentante LGBT nel governo di sinistra di Zoran Milanović, che proprio in quei giorni organizzava l'indottrinamento all'ideologia gender nelle scuole croate di ogni ordine e grado, poi fallito.

Attorno al 2015-2016 era previsto un ricambio generazionale della componente vescovile della Chiesa croata, con il quasi contemporaneo pensionamento di diversi vescovi, la maggioranza dei quali notoriamente conservatori. Conoscendo le tendenze in atto nella Chiesa universale, molti fedeli cattolici temevano che al posto di mons. Valter Župan, vescovo di Veglia, di mons. Ante Ivas, vescovo di Sebenico, e di mons. Mile Bogović, vescovo di Gospić-Segna, sarebbero stati nominati nuovi vescovi incaricati di portare il nuovo verbo della cosiddetta “Chiesa in uscita“.

Tale timore si è avverato con la nomina del carmelitano Zdenko Križić a vescovo di Gospić-Segna, diocesi che copre un’area tra le più conservatrici dell’intera Croazia.
Intervistato nel maggio 2016 dal quotidiano Večernji List, mons. Križić, fresco di nomina ma non ancora insediato, faceva affermazioni estremamente discutibili, tuttavia perfettamente in linea con il “nuovo corso”, a proposito dell’atteggiamento della Chiesa nei confronti degli omosessuali (vedi qui).
Egli affermava che essi non possono attendersi un matrimonio in chiesa, poiché «la dottrina della Chiesa per il momento non lo permette», essi tuttavia «possono dare il loro non piccolo contributo alla crescita spirituale della comunità cristiana», e possono andare a fare la Comunione solo dopo avere riconosciuto «davanti a Dio ciò che secondo la loro coscienza essi sentono come peccato». Insomma, per mons. Križić il cosiddetto “matrimonio omosessuale” solo «per il momento» non è permesso, e i gay si possono impegnare in chiesa come qualsiasi altro fedele. Non una parola sul fatto che il vivere una relazione omosessuale è un peccato molto grave. Secondo il vescovo il giudizio morale sulla loro relazione è affidato a loro stessi, e se essi la ritengono conforme alla Legge di Dio, possono fare la Comunione.