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La guerra

Soldati di Kim in Russia: l’Occidente e l’ipocrisia sull’escalation

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Continua la guerra d’informazione sui presunti soldati nordcoreani nella regione russa di Kursk. Per l’Occidente, una «pericolosa espansione» del conflitto. Ma è difficile sostenere che il colossale sostegno militare-finanziario all’Ucraina non sia anch’esso un’escalation.

Esteri 05_11_2024
Soldato russo in area di confine regione di Kursk (Servizio stampa del Ministero della Difesa russo via AP via LaPresse)

Dopo un mese di indiscrezioni, conferme, smentite e rivelazioni, ieri Andrii Kovalenko, capo del dipartimento di contro-disinformazione del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa dell'Ucraina, ha dichiarato al Kyiv Post che i primi soldati nordcoreani dispiegati nella regione russa di Kursk sono finiti sotto il fuoco ucraino. Il giornale ha precisato di non poter verificare le informazioni aggiungendo che Kovalenko non ha fornito altri dettagli.

L’Ucraina sottolinea da settimane che un numero variabile tra 3.000 e 12.000 soldati nordcoreani si appresterebbero ad affiancare i russi sul fronte di Kursk dopo aver ricevuto armi, uniformi e un minimo di istruzioni da apprendere in lingua russa per poter affiancare le truppe di Mosca.

Sempre ieri il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol ha dichiarato che «l'attuale situazione internazionale in materia di sicurezza e la cooperazione militare illegale tra Corea del Nord e Russia rappresentano una minaccia significativa per la nostra sicurezza nazionale. Valuteremo con attenzione tutti gli scenari possibili per mettere a punto contromisure».

Nelle scorse settimane Mosca ha smentito che i nordcoreani verranno impiegati in battaglia e, in seguito, Vladimir Putin ha precisato che si tratta di questioni bilaterali quanto l’impiego di armi e volontari occidentali al fianco dell’Ucraina. In effetti la notizia non dovrebbe scandalizzare né rappresentare una novità considerando i combattenti di tante nazionalità che in oltre due anni di guerra hanno affiancato gli eserciti ucraino e russo. Solo una decina di giorni or sono USA, Nato e Ue hanno confermato la presenza in Russia di migliaia di militari nordcoreani anche se da alcuni mesi si parla della presenza di truppe del Genio dell’esercito di Pyongyang per contribuire a ricostruire infrastrutture nei territori ucraini occupati dai russi.

In Occidente tutti confermano che l’impiego di truppe nordcoreane nel conflitto ucraino costituirebbe un’escalation inaccettabile del conflitto. Un allarmismo sorretto dalle preoccupazioni espresse da Seul. Il 21 ottobre John Kirby, portavoce per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha definito l'arrivo di soldati nordcoreani in Russia da impiegare nel conflitto con l'Ucraina un «segno della disperazione crescente» del presidente Putin e del suo «crescente isolamento». Il 28 ottobre il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha confermato che il dispiegamento di truppe nordcoreane in Russia rappresenta una «pericolosa espansione» del conflitto ucraino che minaccia di minare la sicurezza sia in Europa che in Corea.

Dichiarazioni che sembrano rivolte all’opinione pubblica occidentale, alle prese con i dubbi scaturiti dai continui successi militari russi, ormai su tutti i fronti, e ai progressivi segnali di cedimento delle forze ucraine. Del resto, risulta sempre più difficile continuare a sostenere che il colossale supporto militare e finanziario offerto dall’Occidente all’Ucraina (80 miliardi di dollari solo dagli Stati Uniti) non costituisce un’escalation del conflitto in corso ma lo rappresenti invece l’intervento della Corea del Nord al fianco di Mosca. In realtà il supporto nordcoreano evidenzia in termini militari ciò che il recente summit dei BRICS a Kazan ha sottolineato in termini politici ed economici: cioè che la Federazione Russa non è isolata come avrebbe voluto l’Occidente. In termini politico-strategici, inoltre, uno degli effetti dell’iniziativa occidentale al fianco di Kiev è stato quello di consolidare, fino a trasformarli in vera e propria alleanza, i rapporti di Mosca con la Corea del Nord e l’Iran, rendendo così ancora più critiche le tensioni nel Golfo e nel Pacifico.

Comprensibile quindi che Corea del Sud e Giappone temano che l’asse di ferro con la Russia migliori le capacità di combattimento delle forze nordcoreane e porti a un netto miglioramento tecnologico le forze armate di Kim Jong-un anche in campo aeronautico, balistico e navale. Il governo di Seul ha colto l’occasione per cercare di incassare un maggiore sostegno occidentale e per valutare l’invio di armi e munizioni a Kiev che finora aveva evitato di fornire per non compromettere i rapporti con Mosca. Fallito invece il tentativo statunitense di coinvolgere la Cina in questa vicenda. Pechino ha sottolineato che le relazioni tra Mosca e Pyongyang non la riguardano.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva preannunciato l’ingaggio bellico dei nordcoreani il 27 ottobre, punta a ingigantire il peso dell’eventuale contributo di Pyongyang (che ha già fornito munizioni d’artiglieria e qualche missile balistico a corto raggio alla Russia) alle operazioni belliche nel tentativo di coinvolgere gli alleati occidentali e ottenere il via libera all’impiego di armi alleate a raggio esteso contro obiettivi in Russia. Qualora scendessero davvero sul campo di battaglia, i nordcoreani non sarebbero certo i primi combattenti stranieri a prendere parte al conflitto in Ucraina. Molte nazioni della Nato hanno inviato “volontari” a combattere al fianco degli ucraini indossando uniformi dell’esercito di Kiev, come hanno mostrato decine di video. Il governo ucraino ha istituito una Legione internazionale che ha accolto secondo fonti russe oltre 20 mila stranieri, inclusi sudamericani e taiwanesi. Recentemente la presidenza ucraina ha autorizzato l’inquadramento di stranieri nelle forze armate anche come ufficiali e sottufficiali. Del resto, l’espressione «al fianco della Russia fino alla vittoria», utilizzata dal ministro degli Esteri nordcoreano, è la stessa utilizzata da Nato e Ue per indicare il sostegno all’Ucraina, appunto «fino alla vittoria».

Sul campo di battaglia non saranno certo 3.000 o 12.000 nordcoreani privi di esperienza bellica a influenzare operazioni militari che coinvolgono ormai 700.000 militari russi. Mosca arruola migliaia di volontari ogni mese per combattere in Ucraina e non deve mobilitare civili né riservisti (come fece nel settembre 2022 richiamandone 300.000), a differenza dell’Ucraina che mobilita civili con crescente insuccesso e ricorrendo alla forza, e ha appena annunciato l’arruolamento di 160.000 reclute nei prossimi tre mesi.

Sul piano giuridico il sostegno militare nordcoreano a Mosca nel conflitto in Ucraina è determinato dal Trattato di cooperazione bilaterale siglato il 19 giugno scorso che include l’assistenza militare reciproca, nonostante nel testo non vi siano riferimenti espliciti al conflitto in Ucraina. L’articolo 4 dell’Accordo di Partenariato strategico tra la Corea del Nord e la Federazione Russa sancisce che: «Se una delle Parti subisce un attacco armato da parte di uno o più Stati e si trova quindi in uno stato di guerra, l’altra Parte fornirà immediatamente assistenza militare e di altro tipo con tutti i mezzi a sua disposizione ai sensi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e in conformità con la legislazione della Repubblica popolare democratica di Corea e della Federazione Russa».

Pyongyang può quindi inviare proprie truppe da combattimento nell’ambito di tale trattato proprio in seguito all’attacco ucraino al territorio russo nella regione di Kursk, episodio che crea un contesto aderente all’articolo 4 poiché una delle parti ha subito «un attacco armato da parte di uno o più Stati e si trova quindi in uno stato di guerra». Non a caso gli ucraini ritengono che le truppe di Pyongyang opereranno proprio sul fronte di Kursk.