Socialisti perdenti e aggrappati al potere dalle Ande alle Alpi
Le elezioni che si sono svolte in questo fine settimana sono sia conferme che sorprese, ma hanno tutte una caratteristica comune: i socialisti e i partiti di sinistra in Svizzera non sfondano, in Canada calano, in Portogallo sono in minoranza, e Morales è alle strette in Bolivia. Ma in nessun caso la sinistra rinuncia al governo.
Fine settimana bollente in alcune aree del pianeta, gelido in altre, non mi riferisco ai cambiamenti climatici, piuttosto ai risultati elettorali recenti.
In Svizzera dove si sono svolte le elezioni domenica 20 ottobre, al Consiglio Nazionale composto da 200 rappresentanti, uniche vincenti le donne, le parlamentari donne elette in diversi partiti saranno il 10% in più della scorsa legislatura (dal 32% al 42%). I due partiti Verdi hanno ottenuto un gran risultato, non c’è stata emorragia di voti per i conservatori e anche i socialisti ne escono ridimensionati. I Verdi (anguria) dal cuore rosso, sono passati da 11 a 28 deputati (+6%), i Verdi Liberali (di centro) da 8 a 16 parlamentari (+3,3%). I conservatori di destra (UDC) che hanno cavalcato il proprio cavallo di battaglia, contro immigrazione e lavoratori frontalieri (soprattutto italiani), perdono 12 seggi (-3,8%), ma con 53 parlamentari sono ancora il primo partito della Confederazione. I Socialisti perdono 4 seggi e si attestano a 39 deputati (-2%); i Popolari Svizzeri (centro destra) perdono 2 seggi e si fermano a 25 parlamentari, mentre il Partito Liberale radicale perde 4 seggi e conferma solo 29 suoi deputati. Al Consiglio degli Stati composto da 46 rappresentanti, quando mancano ancora 22 seggi che saranno decisi nel secondo turno delle prossime settimane, i Popolari Svizzeri sono 8, i Socialisti si fermano a 3, i Verdi (anguria) 2, i Liberali radicali 7 e l’UDC a 3.
Il prossimo Governo Svizzero difficilmente vedrà la maggioranza attuale di centro destra perdere la sua maggioranza e, al di la dei proclami dei Verdi (anguria) sarà ben difficile che uno di loro ottenga un portafoglio di governo. Rimane un dato politico significativo, entrambi i partiti Verdi avanzano anche a seguito del gran numero di proteste ‘climatiche’ che hanno coinvolto migliaia di giovani e adulti negli ultimi mesi e sarà possibile si formi in Parlamento una maggioranza di sinistra con Socialisti, formazioni Verdi e Liberali radicali. Il nuovo panorama politico svizzero uscito dalle urne preoccupa perché sarà più facile che si approvino leggi sulla legalizzazione della cannabis per uso medico; ampliamento della legislazione sulla eutanasia; il divieto della ‘terapia di conversione o riparativa’ per le persone gay. I Socialisti svizzeri speravano in una nuova maggioranza progressista, il voto popolare lascia loro l’amaro in bocca.
In Canada si è votato dove lunedì 21 ottobre per il rinnovo del Parlamento (338 Camera e 105 Senato), era il Premier uscente Trudeau e i suoi Liberal a dover temere il peggio, dopo le tante promesse non mantenute, gli scandali e le legalizzazioni di eutanasia e uso ricreativo della cannabis. Rimane il rammarico che nessuno dei candidati e leader delle forze politiche canadesi si sia speso in campagna elettorale per abolire queste due leggi, né si è dimostrato propenso a ridiscutere la liberalizzazione dell’aborto nel paese. Per uno strano sistema elettorale, i Conservatori hanno vinto e ottenuto più di 6 milioni di voti, ma avranno solo 121 seggi in Parlamento (+26); Trudeau ha perso 20 seggi in Parlamento, ha perso nel voto popolare fermandosi a 5 milioni e 900mila voti, ma mantiene una maggioranza relativa di 157 seggi, dunque formerà un Governo di minoranza. Forte la crescita del Blocco del Quebec, coalizione regionale che guadagna 32 seggi (+22), disponibile a lavorare con tutti ma chiede un nuovo referendum per l’indipendenza dal paese, come già avvenne nel 1995. Altra sorpresa, ma sotto le aspettative viste le manifestazioni ‘gretine’ dei giorni precedenti il voto, i Verdi che passano da 2 a 3 seggi in Parlamento.
Trudeau guiderà dunque il nuovo Governo con una minoranza di 157 seggi su 338 totali e, per nulla intimorito dal fallimento del voto popolare e dalla emorragia di seggi, ha voluto mettere ben in chiaro lo spirito che lo anima dicendo che promuoverà politiche di governo ancora più progressiste e sinistre. Pericoli? Moltissimi, dall’ampliamento dell'eutanasia, ulteriore liberalizzazione dell’aborto e divieto di obiezione di coscienza, nuove norme discriminatorie per enti ed associazioni pro life e pro family e forse, per accattivarsi il voto della Coalizione Quebec, anche un bando federale dei simboli religiosi negli edifici pubblici (legge già in vigore in Quebec dal giugno scorso). Un Governo contro il popolo è capace di tutto pur di mantenersi al potere.
Un altro Governo di minoranza Socialista si va in questi giorni formando in Portogallo, dove si è votato lo scorso 6 ottobre, ed il Primo Ministro Costa dovrà contare sui voti benevoli della Sinistra estrema e dei Comunisti, per avere una maggioranza in Parlamento. Grazie al Cielo, il Partito Comunista portoghese è contrario alla legalizzazione dell'eutanasia e questo potrebbe bastare per evitare ai lusitani il pericoli della ‘dolce morte’ nel prossimo futuro.
Non finisce qui, il socialista Morales in Bolivia è alla frutta. In Bolivia si è votato domenica, dopo la sospensione del conteggio del voto nella giornata di lunedì, decisa inaspettatamente dal Tribunale Elettorale Nazionale, la mobilitazione delle opposizioni e le proteste degli organismi internazionali contro le manipolazioni del voto degli uomini di Morales, è stata impressionante. Il sospetto fondato è che Morales voglia evitare il ballottaggio. Il sistema elettorale bolivariano prevede infatti che il candidato che superi il 50% o comunque superi il 40% con il 10% di vantaggio sul secondo, possa esser dichiarato eletto al primo turno senza necessità di ballottaggio. Sino alla mattinata di lunedì era certo il ballottaggio tra il comunista andino Morales e l’ex Presidente Mesa, a cui gli altri partiti di opposizione avevano promesso l’appoggio per il ballottaggio di dicembre. Poi il colpo di scena delle 10 ore di black out e le mobilitazioni e scioperi in tutto il paese. Alla ripresa del conteggio, nella serata di lunedì, stranamente il divario tra Morales e Mesa era oltre il 10% e ciò ha provocato una recrudescenza delle proteste in tutto il paese.
La situazione rimane fluida al punto che sino a martedì mattina, i voti registrati nei seggi locali davano il 41.74% di votanti per la coalizione di Mesa, il 42.3% al partito di Morales e circa l’8% al Partito Democratico Cristiano, apertamente pro famiglia e vita. Il paradosso scandaloso emergeva invece dai voti computati dall’Ufficio Centrale, laddove solo il 37.07% era assegnato a Mesa, il 46.4 a Morales e quasi il 9% a Chi Hyun Chung del Parito Democratico Cristiano, l’unica vera sorpresa della tornata elettorale per la forza e la coerenza di presentare un programma centrato sui valori non negoziabili. Con il 95.63% dei voti verificati, ore 07.00 del mattino boliviano di martedì 22 ottobre, la differenza di voti tra Morales e Mesa sarebbe inferiore al 10% e dunque ci dovrebbe essere il ballottaggio il prossimo 15 dicembre ma…mai dire mai quando abbiamo a che fare con la democrazia socialista, capace di legarsi alla poltrona anche quando non ottiene la maggioranza popolare. Noi in Italia lo sappiamo bene