Siria nelle mani di Turchia e Russia. Ue non pervenuta
Turchia e Russia hanno concordato l’estensione a tutta la Siria dell’armistizio già in vigore ad Aleppo. Ankara garantisce per i gruppi armati ribelli che ha finora appoggiato e Mosca per il governo di Assad. L'Europa non ha nemmeno partecipato al negoziato. E' una svolta storica: l'Occidente escluso da un negoziato di pace.
Turchia e Russia hanno concordato l’estensione a tutta la Siria dell’armistizio già in vigore ad Aleppo. L’accordo verrà proposto (ovvero imposto) al governo di Assad, di cui la Russia è il principale alleato, e agli insorti sostenuti dalla Turchia. Le organizzazioni terroristiche sono escluse dall’accordo, il che significa che verranno disperse se non spazzate via quanto prima.
All’armistizio farà seguito l’apertura di negoziati di pace con il patrocinio delle due potenze che si è già stabilito avranno luogo ad Astana, la capitale del Kazachistan. Se questa notizia diffusa ieri dal ministero degli Esteri turco troverà conferma nei fatti (e per il momento non c’è motivo di escluderlo), anche al di là del fatto specifico siamo di fronte a una svolta storica. Per la prima volta dal 1945 una pace nel Medio Oriente viene negoziata senza la partecipazione degli Stati Uniti. E per la prima volta da oltre un secolo a questa parte in un evento del genere non solo le potenze atlantiche non hanno parte alcuna, ma anzi alla tregua e alle trattative si è giunti a prescindere da esse. Si tratta di una svolta cruciale, che come principale membro mediterraneo dell’Ue ci riguarda molto da vicino. Non è perciò di conforto il vedere quanto l’Italia ufficiale e l’Italia dei grandi media la stia sottovalutando.
Al disimpegno degli Usa dal Vicino e Medio Oriente, insomma dal Levante, Barack Obama aveva dato il via appena giunto alla Casa Bianca, ossia ormai otto anni fa. A tale processo non ha purtroppo fatto riscontro alcun proporzionato aumento nell’area della presenza dell’Unione Europea a guida tedesca. L’Italia ha la grossa responsabilità di non aver nemmeno tentato di spingere Bruxelles a una maggiore attenzione al Mediterraneo. Da Berlusconi a Monti, da Letta a Renzi nessuno dei governi più recenti ha fatto nulla in proposito. Tutti quanti hanno anzi subito passivamente politiche dettate dagli Stati atlantici contro i nostri interessi e a spese delle nostre esportazioni.
Il disimpegno, anzi il ritiro degli Usa dal Mediterraneo e dal Levante era ormai deciso e comunque inevitabile, ma l’Unione Europea non diede mai il minimo segno di disponibilità a compensare almeno in parte, nei limiti delle sue forze, il vuoto che si stava così creando. Di suo Obama ha poi peggiorato la situazione fomentando la guerra civile in Siria. Viene da domandarsi se questa irresponsabile e maldestra iniziativa non sia l’applicazione di un accorgimento strategico che nel contesto dato non poteva che avere catastrofiche conseguenze: quello che suggerisce a chi si ritira di minare i ponti e le strade dietro di sé. Nel caso specifico questa strategia è servita solo a motivare l’abile entrata in scena della Russia e della Turchia, che a un secolo di distanza sono tornate da protagoniste – potendo adesso anche contare sul sostegno indiretto dell’Iran - su quella scena mediorientale da cui la Gran Bretagna e la Francia le avevano allontanate negli anni ’20 del secolo scorso.
Ad oggi, la sconfitta politica e strategica dall’Occidente nordatlantico e dell’Ue a guida tedesca è totale. Rispondendo ad Ankara alle domande di alcuni giornalisti il ministro degli Esteri turco Cavusoglu ha detto tranquillamente: “C’è il testo di due accordi per una soluzione in Siria. Uno riguarda la soluzione politica e l’altro le modalità dell’armistizio. Sono pronti e possono venire applicati in qualunque momento”. Grazie insomma all’abilità e alla determinazione dei loro leader, due Paesi come la Russia e la Turchia, entrambi a mezza via tra sviluppo e “terzo mondo”, hanno messo ai margini un blocco come quello euro-americano che nel suo insieme ha la massima parte del potere tecnico ed economico e quasi tutta la forza militare del globo.
Nell’immediato per l’Occidente, e per l’Europa in particolare, la débacle è assoluta, e fare finta che non sia così non sarebbe di alcun aiuto. Ciononostante, e malgrado l’insipienza della sua attuale classe politica, l’Europa avrebbe obiettivamente delle carte da giocare. L’Unione Europea resta comunque la seconda economia del mondo dopo gli Usa; e sia la storia che la geografia ne fanno comunque il grande vicino del Levante. La Russia, la Turchia e l’Iran non possono fare nulla di efficiente e di moderno senza la tecnologia e le capacità organizzative occidentali. L’imminente ricostruzione post-bellica della Siria, e la futura ricostruzione del Nord Iraq sono una grossa occasione per costruire e ricostruire nell’area una presenza disarmata ma ciononostante di gran peso dell’Europa, e in particolare dell’Europa mediterranea, nel Levante. Speriamo che la classe politica europea, e quella italiana in particolare, non sprechino anche questa carta.