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MEDIO ORIENTE

Siria, denunce e molti dubbi sulle armi chimiche

Se fossero confermate le notizie, in Siria sarebbe stato lanciato il più grande attacco chimico degli ultimi 25 anni. Ma qualcosa non quadra nella ricostruzione dei fatti. E l'uso di armi di distruzione di massa è contrario agli interessi di Assad.

Esteri 23_08_2013
NBC

Forse milletrecento morti, per lo più civili e soprattutto bambini, provocati da raids aerei effettuati dall'aeronautica di Bashar Assad impiegando missili o bombe a carica chimica nei sobborghi di Damasco.


L'ultima denuncia dei ribelli siriani, supportata da un video suggestivo ma non probatorio, apre nuovi interrogativi sull'andamento di quel conflitto e sul ruolo della comunità internazionale già apertamente schieratasi anche su questo episodio. Lega Araba, Francia e Turchia condannano Damasco e chiedono un intervento internazionale per dare la spallata finale al regime siriano che peraltro non sembra sul punto di crollare e, anzi, sul campo di battaglia sta sbaragliando i ribelli su più fronti.


Al Palazzo di Vetro il segretario generale, Ban Ki-moon, si è detto "scioccato" ma ha sottolineato che le Nazioni Unite "stanno cercando di saperne di più". Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad-Javad Zarif, ha affermato che "se le notizie sull'uso di armi chimiche sono vere, sono sicuramente state usate dai terroristi e dai ribelli estremisti sunniti che hanno dimostrato di essere capaci di ogni crimine". Zarif ha aggiunto che il regime di Damasco non ha interesse a condurre un attacco del genere, mentre i "terroristi hanno interesse ad esasperare la crisi in Siria".


Negli Stati Uniti i tentennamenti dell'Amministrazione Obama vengono denunciati da più parti, dai repubblicani a buona parte dei media che ricordano alla Casa Bianca il monito che lo stesso Obama rivolse ad Assad un anno or sono a non superare " la linea rissa" rappresentata dall'uso delle armi chimiche. Un editoriale del Washington Post sostiene con durezza che la Casa Bianca "dovrebbe mantenere il suo impegno di tolleranza zero nei confronti di simili crimini ordinando una rappresaglia contro le forze siriane".
È curioso che in una guerra che ha già provocato oltre 100 mila morti gli Stati Uniti e l'Occidente leghino il loro intervento alla tipologia di armi impiegate, come se mille morti uccisi dalle armi chimiche "contassero" anche in termini politici e morali più di 99 mila uccisi con armi da fuoco o sgozzati con armi bianche. In ogni caso ieri il generale Martin Dempsey, capo degli stati maggiori riuniti, si è detto scettico circa l'efficacia di un intervento in Siria. «Lo schieramento con cui decidiamo di stare dovrebbe essere pronto a promuovere i suoi interessi e i nostri, quando l'equilibrio si spostasse in suo favore, ma non è questo il caso» ha affermato il generale in una lettera a un membro del Congresso trapelata su alcuni media riferendosi al rischio di lasciare la Siria in mano ai qaedisti. Dempsey ha sottolineato che un ipotetico intervento diretto degli Stati Uniti in Siria ''non sarebbe decisivo sul piano militare'' e tanto meno eliminerebbe le tensioni religiose, tribali ed etniche che alimentano il conflitto.


La strage alle porte di Damasco, se confermata , costituirebbe il più massiccio impiego di armi chimiche degli ultimi 25 anni, dopo le battaglie combattute tra iracheni e iraniani nella guerra del 1980-88 e il massacro di oltre 5mila civili curdi da parte dell'aeronautica di Saddam Hussein a Halabja nel 1988. Secondo i ribelli le località colpite dall'attacco sarebbero Ayn Tarma, Zamalka, Hamuriya, Arbin, Saqba, Kfar Batna e Duma, a Est della capitale conosciuta come la Ghouta Orientale, e Daraya e Muaddamiya, a sud. Tutte distanti pochi chilometri dall'albergo di Damasco dove alloggiano gli ispettori dell'Onu arrivati domenica per indagare sull'uso di armi chimiche. I ribelli hanno diffuso alcuni video, di cui non è possibile verificare l'autenticità, che mostrano molti cadaveri senza segni di ferite e alcuni bambini con difficoltà respiratorie e la bava alla bocca. Un ribelle intervenuto per soccorrere le vittime ha detto che molte di queste erano nel loro letto e sembravano dormire e non ha escluso che siano state colte dalla morte nel sonno poiché il primo attacco è avvenuto prima delle tre del mattino. Un medico ha detto che coloro che sono stati intossicati presentano sintomi di soffocamento, restringimento delle pupille e convulsioni, sintomi che potrebbero indicare l'uso di gas Sarin.


Damasco ha respinto le accuse come "totalmente infondate", frutto di una campagna mediatica il cui scopo, secondo il ministero degli Esteri, è "distrarre gli ispettori dell'Onu dal compiere la loro missione". Ue e Stati Uniti hanno chiesto che gli ispettori dell'Onu possano avere accesso immediato nelle località colpite dal presunto attacco. E il capo della missione, lo svedese Ake Sellstrom, ha detto di essere impegnato in discussioni con le autorità di Damasco anche su questo punto. In base a un faticoso accordo raggiunto con il governo siriano nelle settimane scorse, invece, il compito degli esperti sarebbe solo quello di appurare se agenti chimici siano stati usati in altre tre occasioni a partire dallo scorso dicembre, ma senza stabilire chi ne abbia fatto eventualmente uso.


«La Siria ha sempre dichiarato - aggiunge la nota di Damasco- che non userà armi di distruzione di massa (qualora esse esistessero) contro il suo popolo». Una fonte militare, pur escludendo anch'essa l'uso di armi chimiche, ha ammesso che alle prime ore di ieri l'esercito ha sferrato «il più massiccio attacco dall'inizio del conflitto» per espellere gli insorti dai sobborghi della capitale. Testimoni oculari hanno detto di aver contato almeno sette raid dell'aviazione governativa, accompagnati da intensi bombardamenti con razzi.


Sul piano militare i governativi non hanno però nessun valido motivo per impiegare aggressivi chimici soprattutto vicino alla captale dove non sarà difficile disporre ispezioni internazionali per accertare i fatti. Con l'offensiva militare in corso l'impiego di Sarin rischierebbe di uccidere anche soldati governativi o i civili fedeli al regime e in ogni caso i vantaggi militari conseguiti con queste armi sarebbero risibili di fronte agli svantaggi politici. Assad sta vincendo la guerra con le armi convenzionali, gli aiuti di Iran, Russia ed Hezbollah libanesi e i cruenti scontri interni ai rivoltosi tra islamisti e laici. Per quale motivo Damasco dovrebbe compromettere il successo aumentando i rischi di intervento internazionale impiegando aggressivi chimici?


Qualcosa non quadra nella ricostruzione dell'attacco chimico. I ribelli parlano di raid aereo mentre gli israeliani, che intercettano le comunicazioni siriane, hanno rivelato di avere le registrazioni dei comandanti delle batterie dei missili siriani che ordinano il lancio dei gas. Lo scrive il sito Debka, affermando che i satelliti spia americani e israeliani che sorvolano la Siria hanno rilevato il lancio di missili a testa chimica.
In attesa di conferme meglio non dimenticare che anche i ribelli dispongono di armi chimiche e le hanno già impiegate in passato forse con lo scopo di attribuirne l'uso ai governativi. Come ha ricordato ieri Roberto Bongiorni su "Il Sole 24 Ore" nel maggio scorso Carla del Ponte, membro della Commissione Onu che indaga sulle violazione dei diritti umani in Siria e già procuratore del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, rese noto alla Radio Svizzera che «stando alle testimonianze che abbiamo raccolto sono state utilizzate armi chimiche, in particolare gas nervino. Dalla nostra indagine emergerebbe che sono state usate dagli oppositori, dai ribelli». La Del Ponte venne subissata di critiche (ma non di smentite) ma in giugno il premier britannico David Cameron annunciò che «gruppi legati ad Al Qaeda hanno tentato di procurarsi armi chimiche per poterle utilizzare in Siria».


Il portavoce del ministero degli Esteri russo, Aleksander Lukashevich, si è detto scettico ma ha chiesto «un'indagine imparziale» sospettando «una provocazione pianificata in anticipo». Un dettagliato comunicato di Mosca attribuisce infatti senza mezzi termini l'impiego di armi chimiche ai ribelli. «Nelle prime ore del mattino del 21 agosto un missile di fabbricazione artigianale, simile a quello utilizzato dai terroristi il 19 marzo scorso a Khan al-Assal e contenente una sostanza chimica tossica non identificata, è stato lanciato da posizioni occupate dalla guerriglia. Si ha notizia di morti tra la popolazione». A Khan al-Assal, sobborgo situato 11 chilometri a sud-ovest di Aleppo, l'attacco missilistico di marzo provocò almeno 26 vittime: le due parti ne hanno sempre addossato all'altra la responsabilità ma anche se la vera dinamica della strage non è mai stata accertata i morti furono per lo più soldati governativi.