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MEDIO ORIENTE

Siria: con padre Frans vogliono uccidere la speranza

Padre Frans Van der Lugt, gesuita olandese, a Homs, predicava la pace e credeva nella missione di "sanare ogni ferita". Rapito l'anno scorso, è stato assassinato a pochi giorni dal suo 76mo compleanno.

Esteri 08_04_2014
Frans Van der Lugt

In pochi ieri se lo sono ricordati, ma si era già parlato di padre Frans Van der Lugt. Era successo in agosto, quando in occasione del rapimento di padre Paolo Dall'Oglio la Curia generalizia dei gesuiti aveva ricordato che c'era anche un altro gesuita per il quale si nutriva grande apprensione. Un olandese ultrasettantenne che viveva forzatamente isolato nel suo convento di Homs, da due anni teatro di uno dei fronti più crudeli del conflitto siriano. Ieri abbiamo capito tutti che quelle parole non erano di circostanza. E che anche la testimonianza di un uomo mite - solidale fino in fondo con le sofferenze della gente in mezzo a cui viveva ormai dal 1966 - può diventare una forma di opposizione «pericolosa» agli occhi di chi combatte oggi in Siria.

È stato ucciso a pochi giorni dal suo settantaseiesimo compleanno, che sarebbe arrivato giovedì, padre Van der Lugt. Una milizia non identificata lo ha prelevato ieri mattina dal giardino del suo convento e gli ha sparato due colpi alla tempia in strada, perché tutti potessero vedere. «È stato assassinato un uomo di pace, che non ha mai attaccato nessuno, né verbalmente né in altro modo, che ha sempre parlato di pace e di riconciliazione, auspicando sempre un futuro migliore per la Siria e per i siriani…», ha dichiarato a caldo alla Radio Vaticana padre Ziad Hillal, anche lui gesuita, giovane confratello di Van der Lugt proprio a Homs. Confratello eppure separato dal suo superiore, perché il convento della Città Vecchia, dove è stato ucciso Van der Lugt, si trova nella parte controllata dai ribelli e assediata ormai da due anni dall'esercito siriano. Mentre padre Ziad vive nella scuola, che sta dall'altra parte della barricata. Divisi da poche centinaia di metri, eppure separati da questa violenza senza fine. E rimasti tali anche dopo che nel febbraio scorso l'unico frutto tangibile della cosiddetta «Ginevra 2» era stato proprio l'accordo per l'evacuazione dalla Città Vecchia di Homs di 1400 civili - anziani, donne e bambini stremati dal lungo assedio.

Padre Frans - però - aveva declinato l'invito a uscire anche lui; aveva deciso di restare comunque accanto agli ultimi tra gli ultimi. Era troppo importante per lui rimanere dove qualcuno sarebbe rimasto comunque a soffrire. Tra l'altro lui conosceva bene anche i meandri più profondi della sofferenza, avendo studiato da psicoterapeuta in Olanda prima di entrare nell'ordine dei gesuiti. E proprio all'universo delle fragilità - prima di questa guerra che ha travolto tutto e tutti - aveva dedicato il segno più bello del suo ministero in Siria: una realtà in cui cristiani e musulmani lavoravano insieme in una comunità agricola dove veniva offerta accoglienza anche a un gruppo di disabili psichici.

Sanare ogni ferita: questa era la missione di padre Van der Lugt anche dentro la guerra. Ed è stato proprio padre Ziad ieri a ricordare il volto più luminoso del suo confratello: la sua parola sempre priva di risentimento. Nei messaggi che faceva arrivare da Homs non ha mai puntato il dito contro nessuno: a lui interessava solo che il mondo vedesse quel mare di sofferenza e se ne facesse finalmente carico.

Anche per questo lascia parecchio amaro in bocca chi pretende oggi di tirarlo per la giacca. Chi ha ucciso padre Frans? A leggere l'agenzia ufficiale di Damasco Van der Lugt è caduto sotto i colpi di «un gruppo terrorista»; all'opposto - secondo la Coalizione nazionale siriana - «è il regime il responsabile ultimo di questo crimine e l'unico beneficiario di questa morte». La verità è che il gesuita olandese è vittima dello stallo insostenibile della situazione sul terreno a Homs; di quella fiducia incondizionata nella soluzione militare che continua a tenere prigioniera tutta la Siria. Diventando così terreno di coltura per chi a un certo punto decide che anche un anziano prete gesuita amico di tutti può diventare un ostacolo rispetto alla vittoria finale.

Eppure c'è un aspetto singolare che vale ancora la pena di sottolineare in questa morte: Homs è stata una città molto importante nella storia del cristianesimo siriaco. Nel II secolo ha dato persino un Papa alla Chiesa, Aniceto che fu sulla cattedra di Pietro tra il 155 e il 168. Fu poi a lungo meta di pellegrinaggi, perché secondo una tradizione qui sarebbe stata rinvenuta una reliquia di Giovanni il Battista poi trasferita a Costantinopoli. Ancora nel XX secolo fu da Homs che la Chiesa siriaca si riorganizzò dopo gli anni difficili delle persecuzioni di inizio Novecento. Tutto questo adesso sembrava destinato a essere dimenticato con le decine di migliaia di cristiani costretti all'esodo da questa città a causa della guerra. Invece da oggi i cristiani hanno un nuovo motivo per non dimenticare Homs: il sangue di padre Van der Lugt, che ha scelto di essere l'amico degli indifesi anche nella fame e nel martirio. Chi crede sa che una testimonianza del genere nessun delirio - islamista o lealista che sia - sarà mai in grado di cancellarla per davvero.