Sinodo sull’Amazzonia, inizia l’assemblea della discordia
Si apre oggi, a Roma, il Sinodo dal titolo “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale” (6-27 ottobre). Che preoccupa cardinali (da Burke a Müller, da Sarah a Urosa) e semplici fedeli, per la preponderante attenzione all’aspetto sociale ed ecologico, il riconoscimento di diverse forme di paganesimo, l’attacco al celibato sacerdotale e il generale accantonamento del Vangelo che emerge dall’Instrumentum Laboris.
Questa mattina, con la Santa Messa d’apertura celebrata nella Basilica Vaticana, papa Francesco aprirà il Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia (6-27 ottobre). Un appuntamento atteso da due anni: era il 15 ottobre 2017 quando il pontefice convocò l’Assemblea Speciale, indicandone come obiettivo principale quello della ricerca di “nuove vie per l’evangelizzazione di quella porzione del popolo di Dio, in particolare le persone indigene, spesso dimenticate e senza la prospettiva di un futuro sereno, anche a causa della crisi della foresta amazzonica, polmone di fondamentale importanza per il nostro pianeta”.
Il cammino di avvicinamento alla giornata odierna, in realtà, comincia ancora prima e precisamente nel 2014, anno della costituzione della Repam, la Rete ecclesiale panamazzonica, istituita da vescovi locali per sviluppare un piano pastorale congiunto per l’Amazzonia e fortemente sostenuta dalle agenzie tedesche Misereor e Adveniat. Proprio il materiale proveniente dai numerosi incontri sul tema organizzati negli anni dalla Repam è andato a confluire, insieme al documento preparatorio con i risultati del questionario annesso, nel discusso Instrumentum Laboris che indirizzerà i lavori dei Padri sinodali.
Cambiamenti climatici, distruzione delle culture e dell’autodeterminazione dei popoli indigeni, deforestazione e sfruttamento di risorse naturali e di infrastrutture: queste sono le principali preoccupazioni sul tavolo dei rappresentanti della Repam sin dall’inizio di questo percorso e che hanno trovato piena accoglienza nelle linee guida del Sinodo dal titolo “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”.
La preponderante attenzione all’aspetto sociale ed ecologico ha provocato le perplessità di autorevoli esponenti della gerarchia ecclesiastica. Il cardinale venezuelano Jorge Urosa Savino, ad esempio, ha sottolineato sulla Nuova Bussola come nel documento sia stata dimenticata la “situazione specificamente religiosa, pastorale, ecclesiale, delle missioni amazzoniche”. Il porporato, originario di un Paese su cui si estende la vasta foresta pluviale, ha affermato che durante i lavori sinodali “si dovrà correggere il percorso e si dovrà mettere in evidenza la centralità dell’azione evangelizzatrice e pastorale per la rivitalizzazione della Chiesa in Amazzonia”.
C’è chi, invece, dietro all’indirizzo che potrebbe assumere l’Assemblea in virtù delle linee guida approvate, vede il pericolo di una rivoluzione pastorale in grado di concretizzarsi con l’attacco al celibato sacerdotale. Il cardinal Robert Sarah, che parteciperà ai lavori in qualità di prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti, ha espressamente detto di temere che “alcuni occidentali confischeranno questa assemblea per portare avanti i loro progetti”, riferendosi “all’ordinazione degli uomini sposati, alla creazione di ministeri per le donne o alla giurisdizione dei laici”. Il porporato guineano ha contestato l’idea che punti riguardanti la struttura della Chiesa universale possano essere discussi in un Sinodo particolare. Approfittare di quest’appuntamento “per introdurre questi progetti ideologici”, ha detto Sarah in un’intervista al National Catholic Register, “sarebbe una manipolazione indegna, un inganno disonesto, un insulto a Dio, che guida la sua Chiesa e gli affida il suo piano di salvezza”.
Il cardinale africano si è detto “scioccato e indignato per il fatto che il disagio spirituale dei poveri in Amazzonia venga usato come pretesto per sostenere progetti tipici del cristianesimo borghese e mondano”.
A tirare in ballo il sospetto di un’influenza occidentale nel possibile indirizzo dei lavori preparatori era stato anche il cardinale Gerhard Müller, per il quale esiste una connessione tra il cammino sinodale sull’Amazzonia e quello aperto quasi contemporaneamente dall’episcopato tedesco. Secondo il prefetto emerito dell’ex Sant’Uffizio, quella tedesca “non è una buona influenza perché la Chiesa cattolica sta andando giù in Germania” e i suoi rappresentanti “non sono consapevoli dei problemi reali e parlano di moralità sessuale, celibato e donne-sacerdote ma non parlano di Dio, di Gesù Cristo, della grazia, dei sacramenti e della fede, della speranza e dell’amore, delle virtù teologali e della responsabilità dei cristiani e della Chiesa per lo sviluppo della società”.
Una mancanza riscontrata nell’Instrumentum Laboris, a cui probabilmente il cardinale si riferisce quando dice che è “assai inquietante come in alcuni «testi ecclesiastici di riforma» non venga fatta alcuna menzione di Dio, Cristo, e delle Sacre Scritture dell’Antico e Nuovo Testamento, o come il Vangelo rischi di venir soffocato sotto il mucchio della retorica di preoccupazione socio-psicologica e pastorale”.
Di fronte alla possibilità che il Sinodo che comincia oggi possa preparare il terreno all’istituzione dei cosiddetti “viri probati”, gli uomini sposati di dichiarata virtù chiamati a celebrare Messa in quei territori (come appunto la regione panamazzonica) in cui è più difficile trovare un sacerdote, il porporato tedesco - nel timore che una simile introduzione possa aprire una breccia - è sceso in campo in difesa del celibato sacerdotale, ribadendo che “la disciplina è radicata nella spiritualità del sacerdozio nella Chiesa occidentale e latina” e che “non possiamo cambiarla come se fosse solo una disciplina esterna, poiché è profondamente connessa con la spiritualità del sacerdozio”.
L’opzione dei “viri probati”, di cui si parlerà sicuramente al Sinodo e che trova una menzione al paragrafo 129 dell’Instrumentum Laboris, convince poco anche il cardinal Marc Ouellet. Il prefetto della Congregazione per i Vescovi, presentando un libro sul celibato ecclesiastico proprio a ridosso dell’apertura dell’Assemblea Speciale, ha chiarito di non essere contrario, ma scettico. “Non credo - ha detto il porporato canadese - che per avere un volto amazzonico, la Chiesa abbia bisogno del sacerdozio uxorato”. Ouellet, inoltre, ha affermato di credere che sia “controproducente per l’evangelizzazione introdurre alternative” in grado di mettere in discussione “la potenza evangelizzatrice del celibato”.
Una presa di posizione più netta contro l’approvazione dell’ordinazione dei “viri probati” è arrivata, invece, dal cardinal Raymond Leo Burke in una dichiarazione pubblicata e firmata con monsignor Athanasius Schneider, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana. Nel documento, i due alti prelati hanno parlato espressamente di “abolizione pratica del celibato sacerdotale nella Chiesa latina”. Con la loro iniziativa, il porporato statunitense e il vescovo kirghiso hanno voluto rimarcare “gli evidenti errori dottrinali dell’Instrumentum Laboris”, chiedendo al Papa - verso il quale hanno espresso grande amore per la persona e per il dono divino dell’Ufficio Petrino - di rifiutare quegli stessi errori.
Per Burke e Schneider, l’Instrumentum Laboris, oltre ad attaccare il celibato, conterrebbe il “riconoscimento di diverse forme di paganesimo e delle loro pratiche rituali”. Il riferimento è a quei passaggi del documento di lavoro in cui vengono utilizzate espressioni come “varie forze spirituali”, “centralità del carattere relazionale-trascendente degli esseri umani e del creato”, “luoghi teologici” per parlare dell’Amazzonia e del grido dei popoli.
Sempre nello stesso testo, chiamato a indirizzare i lavori del Sinodo che inizierà oggi, c’è quella che sembrerebbe a tutti gli effetti un’esaltazione di “rituali e cerimonie indigene” definite “essenziali per la salute integrale perché integrano i diversi cicli della vita umana e della natura” e la richiesta che “le Conferenze Episcopali adattino il rito eucaristico alle loro culture”. Nella sconfinata regione sudamericana, però, non pochi riti tradizionali praticati da indios amazzonici continuano a essere legati allo sciamanesimo e si servono dell’ausilio di bevande allucinogene come testimoniato, ad esempio, dagli studi dell’antropologo colombiano Luis Eduardo Luna.
I Padri sinodali, da oggi a Roma per l’apertura dell’Assemblea, saranno chiamati a fare chiarezza sulle tante ombre provocate dalla pubblicazione dell’Instrumentum Laboris. “Amazzonia o non Amazzonia”, ha scritto in una lettera inviata dal carcere australiano in cui è detenuto il cardinal George Pell, intervenendo nel dibattito nonostante il rischio di vedere inasprita la sua custodia, “la Chiesa non può permettere nessuna confusione, tantomeno nessun insegnamento che sia di danno alla Tradizione Apostolica”. I partecipanti al Sinodo ne terranno conto?