Siete contro l'omosessualità? Torturatori
Nel disegno di legge sulla tortura all’articolo 1 si dice che si merita dai 4 ai 10 anni di reclusione chi «con violenza o minaccia» infligge «sofferenze fisiche o psichiche» anche in ragione «dell’orientamento sessuale». Insomma, tra le varie circostanze che configurano reato di torture, c’è anche l’essere contro l'omosessualità.
Basta che il sovrano alzi un sopracciglio perché il suddito corra a servirlo. E così è stato sufficiente che la Corte europea dei diritti dell’uomo, pronunciandosi su un caso collegato al blitz della polizia alla scuola Diaz in occasione del G8 svoltosi a Genova nel 2001, abbia dichiarato che la nostra «legislazione penale [è] inadeguata per quanto riguarda le sanzioni contro gli atti di tortura» che subito il Parlamento è corso ai ripari. Infatti, ad aprile un disegno di legge sulla tortura è stato approvato alla Camera e a breve tornerà in Senato, dove aveva iniziato il suo iter.
Vogliamo qui puntare la lente di ingrandimento su un passaggio chiave di questo Ddl. L’art. 1 stabilisce che si merita dai 4 ai 10 anni di reclusione (ma con le aggravanti arriviamo sino ai 15 anni) chi «con violenza o minaccia» infligge «sofferenze fisiche o psichiche» per «ottenere informazioni o dichiarazioni, per infliggere una punizione, per vincere una resistenza» o «in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose». Le parole sono pietre soprattutto quelle contenute nei testi di legge. Questa norma, se nulla cambierà, ci sta dicendo che, tra le varie circostanze che configurano reato, se Tizio provoca con violenze e minacce una sofferenza psichica a Caio per il fatto che Caio è omosessuale, Tizio è un torturatore.
Scendiamo ancor più nel concreto. Voi siete al bar a chiacchierare con gli amici. A un certo punto il discorso scivola sull’omosessualità e vi arrischiate a dire che questo orientamento sessuale è contro natura. Uno dei vostri amici è omosessuale e voi lo sapete benissimo. Lui ribatte alle vostre argomentazioni, voi in modo pacato gli rispondete che proprio perché siete amici – e tale volete rimanere – vi corre l’obbligo di ricordare tutta la verità sull’omosessualità, senza sconti. L’amico non ci sta e parte all’attacco frontale. Anche voi vi infervorate e sfoderate tutte le armi del perfetto polemista senza però insultare minimamente l’amico. Quest’ultimo non ci pensa proprio a retrocedere, anzi vi rintuzza ricordandovi che siete cattolico e quindi dovete essere misericordioso verso tutti, persone omosessuali comprese. Non vi arrendete e ribattete che Dio oltre ad essere infinitamente misericordioso è anche infinitamente giusto e il peccato merita sempre una pena, tanto più severa quanto più è grave il peccato. L’amico furente e amareggiato se ne va, chiama l’avvocato, vi trascina in giudizio e voi rischiate dieci anni di carcere.
Siete allibito ma, scusate se ve lo diciamo, anche un poco ingenuo. Infatti gli estremi del reato di tortura ci sono tutti. «In ragione dell’orientamento sessuale» dell’amico, avete usato violenza verbale contro di lui, minacciandolo allorché gli avete promesso il castigo divino (ma sarebbero bastate le sole intemperanze verbali per finire nei guai). Tali condotte hanno provocato nella vittima ira e amarezza, chiari segni di «sofferenza psichica». Ergo siete un torturatore, uno spregevole seviziatore. Va da sé che le violenze e le minacce possono essere anche di carta, cioè scritte nei libri. In tal senso il Catechismo della Chiesa cattolica, non essendo indulgente sulle condotte e gli orientamenti sessuali, può essere visto come un vero e proprio manuale di tortura, i cui autori rischieranno di essere assicurati alla giustizia.
Il ddl Scalfarotto sull’“omofobia” a paragone di questo disegno di legge sulla tortura è una favola per bambini con orchi e principesse. La nostra interpretazione del testo legislativo sulla tortura non è iperbolica. Non volendo rammentare un caso francofono dove per il solo fatto di indossare una maglietta con stampato sopra l’immagine di papà, mamma e figli un genitore ha subito un fermo di polizia per sospetta “omofobia”, facciamo un esempio tutto italico. L’art. 4 della 194 ci dice che una madre che paventa un pericolo serio per la sua salute psichica a motivo di una gravidanza indesiderata può abortire. Ecco, quelle due paroline – “salute psichica” – hanno provocato qualche milionata di morti e tutte morti legali. Perché la donna che dice «quel bambino non lo voglio» esprime secondo la legge un vero e proprio disagio psicologico legittimante l’aborto. E non volete che si interpreti in modo così omnicomprensivo e disinvolto anche le parole “violenze”, “minacce” e “sofferenza psichica” in tema di omosessualità? Suvvia non continuate a fare gli ingenui, altrimenti vi prendete pure l’aggravante per stupidità.