NUOVA EVANGELIZZAZIONE
«Siamo una Chiesa malata di clericalismo»
Deve rinascere la missione. Si moltiplicano i corsi teologici e biblici ma manca l'entusiasmo della fede.
Attualità
07_12_2010
Il 28 ottobre scorso la CEI ha pubblicato gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 dal titolo Educare alla vita buona del Vangelo. Nel prossimo futuro, il tema dell’educazione diventa centrale nella Chiesa italiana e avrà ricadute importanti nel campo culturale e sociale. Forse non tutti sanno o ricordano che dagli anni Settanta, in ogni decennio la Conferenza episcopale dà alla Chiesa italiana un obiettivo preciso su cui riflettere e da realizzare. Il primo tema è stato Evangelizzazione e Sacramenti, con il primo Convegno ecclesiale nazionale svoltosi a Roma nell’ottobre del ’76. Negli anni Ottanta fu la volta di Comunione e comunità e del Convegno ecclesiale di Loreto (9-13 aprile 1985). Gli anni ’90 sono stati segnati da Evangelizzazione e testimonianza della carità col Convegno ecclesiale di Palermo (20/24 novembre 1995).
Gli anni Duemila si aprono con gli Orientamenti dal titolo Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia e si sono intrecciati con il Convegno Ecclesiale nazionale di Verona svoltosi nell’ottobre 2006. La scelta di dedicare un’attenzione specifica al campo educativo ha questo scopo: anzitutto farci discepoli del Signore Gesù, il Maestro che non cessa di educare a una umanità nuova e piena. Egli parla sempre all’intelligenza e scalda il cuore di coloro che si aprono a lui e comunicano il suo amore ai fratelli per vivere e sperimentare assieme la bellezza del Vangelo. Annunciare Cristo, vero Dio e vero uomo, significa portare a pienezza l’umanità e quindi seminare cultura e civiltà. Non c’è nulla, nella nostra azione, che non abbia una significativa valenza educativa.
Nei prossimi anni vedremo come il tema viene articolato e concretizzato in orientamenti precisi per la pastorale fra i credenti e la missione fra i non credenti. Il cammino della Cei e della Chiesa italiana è sempre più orientato e organizzato per rispondere alla sfida culturale e ai segni del nostro tempo, ma prima ancora acquista una dimensione costitutiva e permanente della missione di rendere Dio presente in questo mondo e di far sì che ogni uomo possa incontrarlo, scoprendo la forza trasformante del suo amore e della sua verità.
Occorre però notare anche le ombre di questo grande lavoro, che vengono dalla progressiva secolarizzazione della società italiana, dalla decadenza delle famiglie e dal crollo delle vocazioni alla vita consacrata. Nel 1900 c’erano in Italia circa 100.000 sacerdoti diocesani per 23 milioni di italiani, oggi sono 32.000 per 60 milioni, un terzo dei preti per quasi il triplo degli abitanti! Per la crisi delle antiche associazioni laicali ricordo un dato: negli anni Cinquanta, collaboravo attivamente al settimanale “Noi Uomini” dell’Azione cattolica, che tirava 600.000 copie ed era un foglio che “faceva opinione”, però rapidamente decaduto nel periodo del Sessantotto e oggi scomparso. C’era l‘entusiasmo della fede, che poi si è perso.
Nella Chiesa italiana mancano soprattutto due forze per realizzare progetti pastorali di alto livello, che rischiano di rimanere sulla carta: il protagonismo dei laici nell’apostolato e il senso missionario della fede nel clero e in tutti i battezzati. Siamo ancora una Chiesa troppo clericale e troppo chiusa in se stessa. In sintesi, manca l’entusiasmo della fede, ben presente nelle giovani comunità di missione e anche, bisogna dirlo, nei cosiddetti “movimenti ecclesiali” (pur con i loro limiti e difetti) non ancora integrati nella Chiesa che sta alla base (diocesi e parrocchie).
Nel maggio 2007 sono stato invitato ai cinque giorni dell’Assemblea generale della CEI in Vaticano (21-25 maggio) col titolo “Gesù Cristo unico Salvatore del mondo: la Chiesa in missione, ad gentes e tra noi”. Non si è parlato della “missio ad gentes” e dell’esperienza missionaria delle giovani Chiese e cosa questa possa insegnarci, molto in concreto. Nelle missioni si tocca con mano la forza e la verità di quello slogan della “Redemptoris Missio” (n. 2): “La fede si rafforza donandola!”.
Quando pensiamo a cosa fare per la “nuova evangelizzazione” della nostra Italia, ci viene in mente di moltiplicare i corsi teologici e biblici, di mandare i laici a studiare teologia e cose di questo genere, tutte giuste e belle. Ma non discutiamo abbastanza su cosa fare in concreto per entusiasmare i cristiani della fede e come renderli missionari nel loro ambiente. Io non so cosa suggerire, ma vedo che questo è il problema numero uno delle nostre parrocchie e diocesi: come formare i battezzati a diventare missionari.