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CANONIZZAZIONE

"Siamo stati creati per essere santi" Canonizzazione di Madre Teresa, madre degli ultimi

Chi la conobbe e conosceva la sua vita spesa per accogliere gli ultimi della terra, la voleva santa subito. La Chiesa doveva verificare due miracoli. Che sono avvenuti. Oggi Madre Teresa sarà santa. Agnes Bojaxhiu (questo il suo nome) visse una vita interiore ricca di conflitti, la "notte dell'anima", la lacerante sensazione di essere lontana da Dio. E la consapevolezza che la santità "non è un lusso", ma di tutti: Dio ci ha creato a sua immagine perché ci vuole santi.

di Vincenzo Sansonetti

MARCILIO, STORIA DI UNA GUARIGIONE MIRACOLOSA di Paolo Facciotto

Ecclesia 04_09_2016
Madre Teresa

Perché Papa Francesco proclama santa Madre Teresa? Milioni di persone nel mondo, di tutte le confessioni religiose, neppure si pongono la domanda. La suorina macedone-albanese, salita al Cielo il 5 settembre 1997 a 87 anni, per loro era già “santa” in vita per aver scelto di soccorrere e accogliere in nome di Cristo gli ultimi della terra, i più derelitti, i moribondi raccolti per le strade di Calcutta e in tutte le strade dove si muore di miseria. Oggi Roma è in festa e piazza San Pietro si tinge di bianco e azzurro, i colori dell’inconfondibile sari scelto come “divisa” dalla nuova santa e indossato dalle sue Missionarie della Carità, presenti in modo massiccio alla solenne cerimonia. Sono attesi centomila fedeli, forse più, seicento i giornalisti accreditati per un grandioso evento.

LA GUARIGIONE DI MARCILIO

Quando ci lasciò, la notizia della sua scomparsa fece in pochi minuti il giro del mondo. E ci colpì tutti. L’India, la sua India, ammutolì e si fermò a pregare. Ai solenni funerali di Stato c’erano nomi altisonanti, come le regine Sofia di Spagna e Noor di Giordania, ma soprattutto gente comune. Erano passati solo pochi giorni dalla tragica morte di Lady Diana, una delle sue più fervide ammiratrici e sostenitrici. La smisurata fama della Madre rendeva più che giustificato il grido “Santa subito!”, che risuonerà meno di otto anni dopo anche per Karol Wojtyla. Ma la Chiesa ha i suoi tempi, che vanno rispettati. Perché si arrivi alla gloria degli altari e quindi alla pubblica venerazione da parte dei fedeli, c’è un preciso e cauto percorso istituzionale, che prevede il riconoscimento di un miracolo per essere proclamati beati e di un altro miracolo (salvo eccezioni, com’è avvenuto per Giovanni XXIII, dove si è ritenuto che non fosse necessario) per essere dichiarati santi. Il miracolo che ha consentito la beatificazione di Madre Teresa, avvenuta il 19 ottobre 2003, è stato la guarigione di una donna indiana, Monica Besra. Colpita da meningite tubercolare, poi sviluppata in forma tumorale, Monica è improvvisamente guarita il 5 settembre 1998, esattamente un anno dopo la scomparsa della suorina. Il miracolo che porta oggi, 4 settembre 2016, in pieno Anno Santo della misericordia, alla canonizzazione (cioè alla proclamazione a santa) di Madre Teresa, è la prodigiosa guarigione avvenuta nel 2008 di un ingegnere brasiliano, Marcilio Haddad Andrino, oggi 42enne, ridotto in fin di vita da “ascessi multipli cerebrali con idrocefalo ostruttivo”, che non gli avrebbero lasciato scampo. All’esame collegiale della Consulta medica, organo consultivo della Congregazione per le cause dei Santi, esame avvenuto il 10 settembre 2015, la scomparsa della malattia è stata dichiarata all’unanimità (sette voti su sette) scientificamente inspiegabile.

DIFFONDERE LA SUA LUCE

Ma chi era veramente la minuta religiosa amata da tutti, con il viso scavato dalle rughe ma sempre con il sorriso sulle labbra? Una coraggiosa apostola della carità? Una instancabile costruttrice di case per i poveri? Una donna capace di infondere ottimismo e suscitare buoni sentimenti? Certo, Agnes Bojaxhiu (questo il vero nome della Madre) era tutto questo, ma all’origine della sua straordinaria opera a favore dei poveri c’era innanzitutto una fede netta e senza compromessi, alimentata da uno smisurato amore per Cristo e per la Chiesa. La testimonianza era il primo compito da lei affidato alle sue suore. Prima ancora di sfamare i poveri, curare i malati, dare un’istruzione ai bambini, occorreva “portare Nostro Signore in luoghi dove non è mai stato”; perché - diceva – “se non diffondiamo intorno a noi la luce di Cristo, le tenebre cha avvolgono il mondo continueranno a infittirsi...  Dobbiamo essere il Suo amore e la Sua compassione nel mondo di oggi”. Ma, precisava, “noi non siamo assistenti sociali, siamo contemplative nel cuore del mondo”. E i pilastri della contemplazione li indicava nell’adorazione e nella letizia: “Se una consorella non è in uno stato d’animo lieto, non le permetto di andare dai poveri”.

LA SANTITA’ E’ PER TUTTI

A proposito di luce, ecco un episodio forse poco conosciuto. Al momento della sua morte su Calcutta si abbatté un temporale violentissimo e nel quartiere dove sorge la casa madre delle Missionarie della Carità venne a mancare l’elettricità per varie ore. Una strana circostanza: l’infaticabile donna che aveva dato luce a tanti lasciava l’esistenza terrena al buio. Ma era stata proprio lei a definire la sua tormentata vita interiore, con una espressione forte, “notte dell’anima”: aveva una profonda, lacerante e continua sensazione di essere lontana da Dio. Molti se ne stupirono, scandalizzati, ma nessun cammino verso Dio è immune da crisi e momenti di sconforto. Averli superati, grazie al fiducioso abbandono al Padre, è segno eloquente di santità, al limite dell’eroismo. Tenace ma schiva e umile, non puntava all’onore degli altari, lei che si riteneva soltanto “una piccola matita nelle mani di Dio”. Ma le era ben chiaro che la santità “non è un lusso”, è alla portata di tutti. Certo, richiede “rinunce, tentazioni, lotte, persecuzioni e ogni genere di sacrifici”. Dal momento che “siamo stati creati a immagine di Dio, siamo stati creati per essere santi”. E oggi più che mai “la Chiesa ha bisogno di santi”.

IL RITORNO A CASA

Premio Nobel per la Pace nel 1979, la suorina aveva una lucida visione di un mondo che si dissolve nel momento stesso in cui nega Dio. Memorabili le sue battaglie per la vita, soprattutto la vita nascente. I frutti della guerra sono “terribili”, affermava, ma oggi è l’aborto “il più grande distruttore della pace”. Perché “se una madre può uccidere il suo bambino, cosa impedirà a me di uccidere te e a te di uccidere me?”. E in un’altra occasione lanciò un accorato appello: “Se avete paura del bambino che sta per nascere, datelo a me: ne avrò cura io”. Una cura e un’attenzione alla persona che arrivava fino all’ultimo fiato di vita. E oltre. Per Madre Teresa “la morte è il momento più decisivo della vita umana. E’ come la nostra incoronazione: morire in pace con Dio è come tornare a casa. Chi muore in Dio torna a casa”.

di Vincenzo Sansonetti