Si scrive "laicità", si legge anticlericalismo
Vietato indossare o esporre segni religiosi. Vietato parlare di religione. Vietato opporsi a insegnamenti laici. Con la nuova "Carta della Laicità" imposta alle scuole pubbliche, la Francia di Hollande ritorna all'autoritarismo anticlericale dei giacobini.
Quanti elettori di Hollande immaginavano che la Francia potesse raggiungere livelli così imbarazzanti di anticlericalismo? Anche cittadini d’oltralpe vicini alla sinistra manifestano il loro disagio di fronte a talune scelte del governo in carica in quello Stato, che demoliscono i cardini di una democrazia pluralista, riportando pericolosamente le lancette della storia all’epoca giacobina del terrore e del furore iconoclasta.
La decisione del ministro dell’istruzione, Vincent Peillon di far affiggere in tutte le scuole pubbliche la “Carta della laicità” risponde a un preciso disegno ideologico di impronta apparentemente liberale, ma in realtà di stampo profondamente autoritario. I 15 articoli della Carta, presentati nei giorni scorsi in un liceo della regione parigina come strumenti “per migliorare l’armonia nelle classi”, in realtà alimentano un concetto di laicità segnatamente antireligioso e rischiano di rivelarsi l’anticamera di nuove laceranti fratture tra Stato e confessioni religiose e tra i diversi gruppi sociali.
Tra lo Stato teocratico di memoria medievale e lo Stato ateo di matrice marxista, esistono enormi praterie per affermare una moderna e conciliante visione della laicità come approccio alle realtà terrene, che si nutre di pluralismo delle idee, dei culti e delle religioni e che rispetta le identità di ciascuno, senza demonizzazioni né preclusioni preconcette. L’impostazione del governo francese appare, al contrario, settaria, gretta e antistorica, oltre che intimamente illiberale.
Il divieto di esporre o indossare qualsiasi simbolo religioso è uno dei più controversi punti della nuova Carta della laicità e appare un proclama da Stato etico, basato sull’assenza o sulla negazione della libertà di manifestazione della fede religiosa. L’identità religiosa diventa, dunque, nella Francia di Hollande, un fattore di menomazione della sfera della cittadinanza, a partire dal diabolico presupposto di una dicotomia insanabile tra religione e libertà: la religione ammazza la libertà, dunque va soppressa, arginata, sganciata da qualsiasi percorso educativo e di formazione.
Al fondamento dei principi sanciti nella Carta della laicità c’è una concezione di Stato onnivoro che vuole fagocitare e orientare tutte le espressioni dell’agire individuale e collettivo e disintegrare la libertà religiosa per sostituirvi un’unica massiva “religione repubblicana”, un’educazione di Stato uguale per tutti e negatrice dell’identità individuale e delle tradizioni famigliari. È una dittatura mascherata, un autoritarismo di Stato ammantato di finto liberalismo.
In questo contesto, infatti, lo Stato diventa l’unica agenzia educativa, il solo soggetto titolato a trasmettere valori “neutrali” ai cittadini, mentre la Chiesa viene marginalizzata da qualsivoglia circuito pedagogico in quanto portatrice di una visione del mondo contraria a quella rigidamente immanentista veicolata dal governo francese.
È una logica aberrante che affonda le sue radici nel pensiero della rivoluzione francese, di stampo illuminista, negatore di qualsiasi contributo della religione alla formazione dell’individuo. Non a caso il ministro socialista francese che ha proposto la Carta è un filosofo riconducibile a quella tradizione e teorico dell’irriducibile diversità e incompatibilità tra religione e vita, tra libertà e vincolo morale.
Nei 15 articoli della Carta della laicità francese si rintracciano alcune affermazioni forti: «La laicità implica il rigetto di tutte le violenze e di tutte le discriminazioni, garantisce l’uguaglianza tra maschi e femmine e riposa su una cultura del rispetto e della comprensione dell’altro»; «Nessun allievo può invocare una convinzione religiosa o politica per contestare a un insegnante il diritto di trattare un tema che fa parte del programma»; «È proibito portare segni o abiti attraverso i quali gli allievi manifestino in modo ostentato un’appartenenza religiosa», dunque anche un crocifisso o un velo islamico e magari anche un albero di Natale. Altro che libertà, neutralità e rispetto.
Piccolo sollievo è dato dal fatto che questa Carta sarà obbligatoria, come la bandiera nazionale, in tutte le 54.000 scuole statali francesi, mentre l’obbligo non varrà per gli 8.800 istituti scolastici privati, che diventeranno le uniche oasi di libertà nell’arcipelago educativo francese.
Al di là del comprensibile sconcerto suscitato da iniziative di questo tipo, si possono fare alcune amare riflessioni. Anzitutto la svalutazione del ruolo dei docenti, ridotti a meri burocrati esecutori di rigide direttive ideologiche impartite dall’alto, tipiche di uno Stato etico. La libertà d’insegnamento si immola sull’altare del pensiero unico e del relativismo antireligioso. In secondo luogo, c’è da chiedersi quale disorientamento si produrrà nel tessuto scolastico francese, considerato che queste norme certamente verranno applicate in modo distorto e con accenti differenti sul territorio d’oltralpe e, magari, saranno modificate radicalmente da un qualsiasi governo di segno politico diverso da quello di Hollande (ci sono tutte le premesse perché i francesi tornino a votare il centro-destra alle prossime elezioni). Infine, c’è l’incognita dell’islam, che si sente attaccato da queste norme sulla laicità e medita plateali manifestazioni di dissenso, destinate a turbare l’ordine sociale.