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27 GENNAIO

Si parla di un carabiniere. Ma il problema è il nuovo antisemitismo

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Confronto, a Milano, fra un'anziana e un carabiniere (che non riconosce il presidente). Il tutto in una manifestazione non autorizzata nel Giorno della Memoria, con gravi scivoloni antisemiti.

Attualità 31_01_2024
Il pupazzo di Netanyahu

In questi giorni, una storia perfetta sta nutrendo la narrazione dei media italiani. Perfetta per i protagonisti, prima di tutto, che paiono scelti dall’autore di un romanzo di formazione civica.

Da una parte, una signora anziana di 94 anni, una “comunista originaria di Genova”, come lei stessa si definisce, attivista storica che “ha fatto la guerra” e promotrice del comitato inquilini di un quartiere popolare di Milano. Dall’altra parte, un carabiniere, un tutore delle forze dell’ordine, che si lascia scappare, di fronte alla signora, una frase che suona come un desiderio di golpe di destra, un rifiuto di riconoscere il presidente della Repubblica come legittimo capo dello Stato. Perfette anche le circostanze in cui è avvenuto lo scambio, sabato 27 gennaio, nel Giorno della Memoria. L’anziana comunista in prima linea, in una manifestazione milanese per la difesa del popolo palestinese. I carabinieri la fronteggiano. Lei chiede all’uomo in uniforme, a mo’ di interrogazione, se si ricorda cosa abbia detto Mattarella per il Giorno della Memoria. E il carabiniere le risponde: «Con tutto il rispetto, signora, non è il mio presidente».

Per il militare è iniziato subito il calvario. Non riconoscere il presidente, il comandante in capo, è obiettivamente un fatto grave. Su di lui è stata aperta un’indagine, è già stato trasferito. Spiega una nota dell’Arma: «Con riferimento ai contenuti di un video che circola sui social media e siti d’informazione (…) è stata già informata l’Autorità Giudiziaria Ordinaria e quella Militare, e nei confronti del militare, con immediatezza, saranno tempestivamente adottati tutti i provvedimenti necessari, sia di natura disciplinare sia d’impiego, trasferendolo in incarico non operativo». Il carabiniere ha fatto autocritica, dichiarando: «Il presidente della Repubblica è il mio simbolo. Mi sono ritrovato a dire una frase stupida e non pensata veramente, sono mortificato. Chiedo scusa, la mia priorità era togliere una signora anziana da problemi causati da eventuali cariche».

La narrazione si nutre di questi episodi, per tenere viva la paura del pericolo fascista. Ovviamente tutto fa brodo, dal libro del generale Vannacci alle parole sfuggite a un carabiniere in servizio, in un momento di crisi. Per il video che, mesi fa, ritraeva la giudice Iolanda Apostolico, anche lei in prima fila a fronteggiare i poliziotti in una manifestazione (in quella occasione: per gli immigrati a Lampedusa) si era aperta un’inchiesta: chi lo aveva girato? Chi lo aveva diffuso? Lo aveva girato un carabiniere che rischia provvedimenti disciplinari. Oggi queste domande non vengono sollevate neppure dai media per un video che porta ad accusare un uomo in uniforme, un membro delle “cosiddette forze dell’ordine”, come vengono sprezzantemente definite dall’anziana militante comunista nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera.

E concentrandosi sul carabiniere che non riconosce il suo comandante in capo, magicamente scompare il problema vero, su cui si dovrebbe dibattere. Perché era in corso una manifestazione, con circa 1200 persone in piazzale Loreto a Milano? Era il Giorno della Memoria e per evitare tensioni, il ministro dell’Interno Piantedosi aveva invitato i questori a considerare di spostare ad un altro giorno i cortei previsti per sabato, in particolare a Roma e Milano. Nella città meneghina, il sindaco Giuseppe Sala aveva vietato i cortei. La Comunità Ebraica, in particolar modo, temeva che le manifestazioni pro-Palestina, come negli altri sabati in cui si erano tenute, fossero l’occasione per lanciare insulti contro Israele e gli ebrei. E nel giorno della Memoria, dedicato alle vittime della Shoah, sarebbe stato quantomeno irrispettoso. Ma le manifestazioni si sono tenute comunque, anche il 27 gennaio. Interpretando il divieto alla lettera: non c’è stato un corteo, ma un sit-in. Poi però il sit-in stava iniziando a muoversi e a trasformarsi in corteo. Le forze dell’ordine, a quel punto, sono intervenute per fermare i manifestanti, affrontando, in cambio, anche lanci di bottiglie. È in quel frangente che è avvenuto lo scambio di battute fra l’anziana e il militare. La notizia vera è quella di una manifestazione non autorizzata, di un divieto platealmente violato, dunque un problema grave di ordine pubblico.

Quel che temevano le comunità ebraiche di Milano e Roma è puntualmente avvenuto. Nel “migliore” dei casi, i manifestanti hanno equiparato la guerra a Gaza e la Shoah, anche con la deposizione di pietre di inciampo, per i bambini palestinesi uccisi in guerra. A Roma è stato portato in corteo un pupazzo con il volto di Netanyahu, vestito con l’uniforme a righe da prigioniero, con le mani insanguinate, su una delle quali è stata disegnata la svastica e sull'altra la stella di David.

Fra gli organizzatori del sit-in (e tentato corteo) di Piazzale Loreto, oltre ai Giovani Palestinesi, c’erano anche collettivi studenteschi quali “Cambiare rotta”. Un gruppo che, lo stesso giorno, ma in un’altra zona, di fronte all’Università degli Studi di Milano, ha manifestato quando la senatrice Liliana Segre stava ritirando la sua laurea honoris causa. La Segre è una figura simbolo, se non altro per essere una delle pochissime sopravvissute ai campi di sterminio. Ma il collettivo che l’ha accolta con lo striscione “Basta con l’Olocausto sionista contro il popolo palestinese”, proprio nel Giorno della Memoria, non è stato rilevato, non ha suscitato scalpore. Come se fosse normale e legittima contestazione, come se la Segre portasse la responsabilità di Netanyahu. Proviamo solo a immaginare cosa sarebbe successo se a contestarla ci fosse stato un gruppo di estrema destra.

Certe notizie sono amplificate, forse proprio per nasconderne altre. La vicenda del carabiniere anti-Mattarella, rischia di farci perdere di vista il rischio vero. Che non è quello di un golpe dei carabinieri, bensì quello di una sinistra che non riesce più a controllare una sua frangia antisionista e sempre più apertamente antisemita.