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il prezzo della parresia

Si chiude il rebus: Gänswein torna a casa da disoccupato

Una breve nota vaticana comunica che il presule, già segretario di Benedetto XVI, sarà destinato alla sua diocesi d'origine e senza alcun incarico "per il momento": un "momento" che potrebbe durare un intero pontificato.

Borgo Pio 16_06_2023

Un comunicato della Sala Stampa pubblicato ieri ha ufficialmente chiuso l'enigma del destino di mons. Georg Gänswein, nel limbo dopo la morte di Benedetto XVI e al centro di svariate congetture.

Il presule torna a casa ma senza incarichi: «In data 28 febbraio 2023, S.E. Mons. Georg Gänswein ha concluso l’incarico di Prefetto della Casa Pontificia. Il Santo Padre ha disposto che Mons. Gänswein dal 1° luglio rientri, per il momento, nella sua Diocesi di origine», cioè Friburgo in Bresgovia. Un comunicato che, in pratica, rende pubblica una situazione risalente a tre mesi fa (il «28 febbraio 2023») cioè la fine dell'incarico di Prefetto della Casa Pontificia. Fine de iure poiché de facto l'incarico è terminato non tre mesi, bensì tre anni fa, da quando l'arcivescovo non si è più visto accanto al pontefice che da un giorno all'altro gli ha detto di non presentarsi e di occuparsi solo del Papa emerito. Un «prefetto dimezzato», come ha rivelato nel libro Nient'altro che la verità, apparso all'inizio dell'anno. 

A 66 anni Gänswein è disoccupato e ancora troppo giovane per andare in pensione, dal 1° luglio e almeno – così dice il comunicato – «per il momento»: un «momento» che potrebbe durare... un intero pontificato. Nel libro, che costituisce una testimonianza preziosa, anzi unica, su due decenni di Ratzinger cardinale, Papa e Papa emerito, il segretario non si auto-censura neanche – per fare un solo ma significativo esempio – su aneddoti come il dispiacere di veder cancellata con Traditionis Custodes la sua paziente opera di riconciliazione liturgica.

Da ieri dunque Gänswein entra ufficialmente nel castello degli «spiriti magni» dove già sono stati collocati – ben prima dei canonici 75 anni – i cardinali Müller, Burke e Sarah. Tutti accomunati dall'aver espresso con parresia una visione della Chiesa, della liturgia e della spiritualità poco in linea con le parole d'ordine più in voga oltretevere. Francesco ha detto più volte di preferire, rispetto agli adulatori, chi parla con parresia. Ma non ha detto con quali conseguenze.