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MOTU PROPRIO DI FRANCESCO

Sì a “lettrici e accolite”, ora il Diaconato è in pericolo

La decisione del Papa, attraverso il motu proprio Spiritus Domini, di modificare il canone 230, apre anche alle donne Lettorato e Accolitato. Ministeri che nei secoli sono stati sempre conferiti solo a maschi perché, come gli altri antichi ordini minori, emanano dal Diaconato. Così anche quest’ultimo, rotto il legame con la tradizione, potrà essere attaccato.

Ecclesia 12_01_2021 English Español

Un osso gettato per placare momentaneamente la fame di sacerdozio femminile dei “pastori tedeschi” e sudamericani? Oppure, al contrario, un ulteriore passo - secondo i principi della finestra di Overton - per arrivare al diaconato femminile e poi spiccare il salto verso ciò che è proibito?

La decisione di papa Francesco di modificare, con il motu proprio Spiritus Domini, il canone 230 § 1 del Codice di Diritto Canonico, deve far pensare. La versione precedente, ormai decaduta, limitava ai soli uomini la possibilità di essere istituiti lettori o accoliti; la nuova versione indica invece in tutti i fedeli «laici che abbiano l’età e le doti determinate con decreto dalla Conferenza Episcopale», senza esclusione delle donne, di poter assumere stabilmente questi ministeri.

La demolizione degli Ordini minori era iniziata nel 1972, allorché Paolo VI, con il motu proprio Ministeria quaedam, aveva stabilito che, «poiché gli ordini minori non sono rimasti sempre gli stessi e numerosi uffici ad essi connessi, come accade anche oggi, sono stati esercitati anche da laici, sembra opportuno rivedere tale prassi ed adattarla alle odierne esigenze, in modo che gli elementi che son caduti in disuso in quei ministeri, siano eliminati; quelli che si rivelano utili, siano mantenuti; quelli che sono necessari, vengano definiti». E così, ad essere sacrificati a questo strano criterio delle «odierne esigenze» sono stati l’Ostiariato, l’Esorcistato e, non senza ancor maggiori perplessità, il Suddiaconato. Il Lettorato e l’Accolitato sono stati invece mantenuti, sebbene non più come Ordini minori, ossia ministeri “ordinati” propedeutici all’Ordinazione diaconale e poi presbiterale, ma come ministeri istituiti, che ogni fedele laico maschio debitamente disposto ha la possibilità di ricevere.

L’apertura di questi ministeri anche a fedeli laici sembra in effetti più attinente alla loro origine storica: nell’Alto Medioevo lo status di chierico, e dunque l’accesso a questi ministeri, non era riservato a quanti avevano intrapreso il cammino verso il sacerdozio. Fu invece il Concilio di Trento, nella sua XXIII Sessione, a disporre che questi ministeri divenissero “Ordini minori”. Il Concilio ricordava che «fin dall’inizio della Chiesa erano in uso i nomi degli ordini seguenti e i ministeri propri a ciascuno di essi: suddiacono, accolito, esorcista, lettore, ostiario, quantunque non con pari grado. Il suddiaconato, inoltre, dai padri e dai sacri concili è considerato tra gli ordini maggiori; e leggiamo in essi, frequentissimamente, anche quanto riguarda gli ordini minori». Per tale ragione, il XVII canone di questa sessione si premurava di ripristinare i suddetti ordini: «Perché le funzioni dei santi ordini, dal diaconato all’ostiariato, lodevolmente accolte nella Chiesa fin dai tempi degli apostoli, e in molti luoghi per lungo tempo interrotte, siano rimesse in uso secondo i sacri canoni, e non siano criticate dagli eretici come inutili, il santo sinodo, desiderando vivamente di rimettere in uso quell’antica usanza, stabilisce che in futuro tali ministeri non siano esercitati se non da quelli che sono costituiti in questi ordini». E richiedeva che i primi quattro (Ostiariato, Lettorato, Esorcistato e Accolitato) fossero conferiti di preferenza ai chierici celibatari, in assenza dei quali potevano essere scelti anche uomini «sposati di onesta vita, adatti a questi uffici, purché non bigami e a condizione che in chiesa portino la tonsura e l’abito clericale».

Passano gli anni e, chissà per quale ragione, alcune di queste funzioni «lodevolmente accolte nella Chiesa fin dai tempi degli apostoli» non trovano più spazio nella Chiesa del XX secolo, nemmeno all’interno del percorso dei seminari (eccettuati gli istituti “tradizionali”)…

Quello che preme sottolineare è che tali ministeri sono sempre stati conferiti ai soli uomini: il motu proprio appare pertanto come un unicum nella storia di tali ordini. Nessuna misoginia nella prassi tradizionale; la motivazione di questa elezione viene spiegata da san Tommaso d’Aquino: «nella Chiesa primitiva, a causa della scarsità di ministri, ai diaconi erano affidati tutti i ministeri inferiori [...]. In seguito però, il culto divino venne ampliato; e quanto la Chiesa aveva implicitamente in un solo ordine, fu affidato esplicitamente a diversi altri ordini» (Super Sent., lib. 4 d. 24 q. 2 a. 1 qc. 2 ad 2). Dunque, gli Ordini minori emanano dall’Ordine diaconale, come rivoli d’acqua dalla loro fonte, sebbene distinti da esso. Era dunque naturale che i candidati a tali “ordini” dovessero essere di sesso maschile e, di preferenza, candidati celibi (per approfondire la questione della mascolinità e del celibato, vedi il libro edito dalla Nuova Bussola “Vi dichiaro celibi e casti”).

La ratio di questi ordini minori e la loro origine storica, inclusi il Lettorato e l’Accolitato, sta dunque nel fatto di essere in qualche modo connessi al Diaconato ordinato. Aprendo dunque questi ministeri al sesso femminile, o si è fatta un’operazione superficiale, che ha dimenticato questa connessione (o l’ha ritenuta grossolanamente superflua), oppure la si conosceva molto bene e si è portata avanti l’operazione come delle torri pronte ad assediare la cittadella del Diaconato. In entrambi i casi, i segni della decadenza, o meglio, della decomposizione del cattolicesimo avanzano.

Di certo si fa veramente fatica a comprendere come il Papa possa affermare che «una consolidata prassi nella Chiesa latina ha confermato, infatti, come tali ministeri laicali, essendo basati sul sacramento del Battesimo, possono essere affidati a tutti i fedeli, che risultino idonei, di sesso maschile o femminile, secondo quanto già implicitamente previsto dal can. 230 § 2». Quest’affermazione è di una palese scorrettezza: il canone menzionato era infatti preceduto dal § 1, il quale esplicitava che i candidati al ministero stabile dovevano essere i soli «laici di sesso maschile (viri laici)», ultima reliquia - evidentemente considerata un obsoleto relitto - di quel legame con il Diaconato. La verità è che non esiste alcuna prassi nella Chiesa del conferimento di tali ministeri istituiti a donne: il Papa ha usato la discutibile usanza delle chierichette e delle lettrici temporanee per abbattere un altro bastione posto a difesa del Diaconato maschile.