PAKISTAN
«Shahbaz Bhatti è morto da martire»
Parla Mobeen Shahid, intimo amico del ministro pachistano cattolico ucciso oggi: «La comunità internazionale deve obbligare il Pakistan a fermare la persecuzione dei cristiani».
Attualità
02_03_2011
Shahid è in Italia da molti anni - con un dottorato in filosofia è docente alla Pontificia Università Lateranense – ma continua a mantenere contatti stretti con il suo Paese ed è impegnato a far conoscere la realtà della persecuzione dei cristiani in Pakistan e le nefandezze originate dalla Legge contro la blasfemia. “Conoscevo Shahbaz da quando eravamo studenti, lui era già allora un attivista dei movimenti per i diritti delle minoranze. A novembre abbiamo passato insieme tutta una settimana, quando lui è venuto a Roma per incontrare il Papa. E’ un vero martire della Chiesa cattolica, è morto per la difesa dei cristiani perseguitati”, ci dice Shahid.
In effetti Bhatti ha sempre visto il suo impegno nella società come una vocazione: “Voglio solo un posto ai piedi di Gesù – aveva detto tempo fa in una intervista -. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo”.
“E’ stata un’esecuzione spietata – prosegue Shahid -, era appena uscito di casa, era in auto con l’autista e sua nipote. All’inizio per bloccare la macchina hanno sparato verso l’autista, che è riuscito a schivare il colpo. Poi hanno fatto scendere Shahbaz e gli hanno sparato per ben due minuti. Sul suo corpo hanno contato almeno 25 colpi andati a segno. Autista e nipote sono stati invece lasciati andare”.
Professor Shahid, prima il governatore del Punjab, ora il ministro per le Minoranze religiose. Chi difende Asia Bibi e chiede l’abolizione della Legge sulla blasfemia, muore.
Shabaz Bhatti era ministro da tre anni, ma più recentemente è stato nominato presidente della Commissione per la revisione della legge sulla blasfemia. Si è impegnato per difendere i cristiani perseguitati ed è lì che le minacce si sono fatte pressanti, e il governo non ha fatto nulla per proteggerlo. Per questo dico che è morto da martire per la Chiesa.
La situazione in Pakistan per chi si oppone al fondamentalismo islamico sembra essere ancora peggiorata.
I partiti politici religiosi sono ormai penetrati in tutte le strutture sociali e condizionano la vita di tutti i cittadini. Chiunque non sia estremista viene considerato un nemico. E’ l’esito di un processo iniziato negli anni ’80 quando era presidente il generale Zia ul-Haq.
E’ anche il periodo in cui è stata introdotta la Legge sulla blasfemia…
Questa legge è stata introdotta nel 1986, anzi è stata imposta dal generale Zia ul-Haq all’interno di una crescente islamizzazione del Pakistan. E’ durante questa dittatura che è iniziato un processo di introduzione della sharia (la legge coranica).
Ma ultimamente sembra esserci una applicazione ancora più rigorosa della legge…
Non è una applicazione rigorosa ma un sistematico abuso della legge. In tutti i casi sollevati non c’è mai stata vera blasfemia, ma è stata usata la legge per regolare conti personali e per gelosie sociali.
L’ideale sarebbe abolire questa legge, ma ci sono anche tentativi di emendarla. In che modo è possibile?
Si devono fermare tutti questi abusi. Allora un modo è quello di prevedere per l’accusatore, in caso di falsità delle accuse, la stessa pena prevista per i blasfemi. Poi, deve essere prevista una verifica dell’attendibilità dell’accusa prima di arrivare in tribunale, Infine deve essere garantita la massima sicurezza per gli accusati.
Certo, che se il governo non riesce a garantire la sicurezza neanche ai suoi ministri…
E’ questo il punto. Il governo è incapace o non vuole contrastare i fondamentalisti. Allora chiediamo che la comunità internazionale intervenga contro il governo pachistano per obbligarlo a rispettare i diritti delle minoranze e a non perseguitare i cristiani. Siano usate anche sanzioni economiche, se necessario. Ma devono essere liberati tutti quanti sono in carcere per blasfemia, la comunità internazionale non può accettare o tacere davanti a questa palese violazione dei diritti umani.
Qualche settimana fa, a proposito del caso di Asia Bibi, il vescovo di Lahore aveva chiesto di non condannare il governo pachistano, forse il silenzio avrebbe favorito la soluzione positiva del caso…
La verità è che più siamo in silenzio, più subiamo persecuzioni, più la gente non sa cosa succede ai cristiani in Pakistan. No, la comunità internazionale deve obbligare il governo del Pakistan a rispettare la libertà religiosa e i diritti umani.