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RIFLESSIONI SULL'EVENTO

Sfuma Assisi, ma non il progetto sul nuovo bene comune

L'incontro di Assisi di fine marzo sull'Economia di Francesco è stato posticipato di 9 mesi causa Coronavirus. Ma su di esso aleggia lo spirito del nuovo bene comune globale definito dall’Unesco, ma senza dottrina sociale della Chiesa.

Editoriali 03_03_2020

È stato comunicato che l’incontro di Assisi di fine marzo è stato posticipato di ben 9 mesi al 21 novembre. Curioso, mi aspetto qualche sorpresa. Vorrei ugualmente proporre una ipotesi originale, grazie ad una metafora, per riflettere sulle conclusioni del sinodo amazzonico, che avrebbe dovuto ispirare il Convegno di Assisi. Una metafora ispirata dal vecchio proverbio cinese che dice che: «Quando il dito indica la luna, qualcuno guarda il dito e non la luna».

Ho avuto l’impressione, confermata dalle conclusioni, che il tema del celibato sacerdotale possa esser stato il “dito” e non la luna. La conclusione è infatti stata che non era un sinodo sul celibato. Temo possa esser vero. La luna, cioè il vero obiettivo non osservato o sottovalutato  del sinodo, è  probabilmente un nuovo paradigma economico. Temo lo si potrà intendere solo dopo il convegno di Assisi, rinviato a novembre, sull’Economy of Francesco.   

La luna, cioè il possibile vero obiettivo del Sinodo, era quello di utilizzare l’economia  per  “mortificare”  la religione cattolica  riducendola ad una religione che non sa tutelare il creato , perciò una religione da riformare. Essendo la cura del creato la vera priorità e riconoscendo che le religioni pagane lo tutelano meglio, sono state indicate come esemplari. Queste considerazioni le aveva già fatte più di un decennio fa l’anglicano  Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, che  ricordava l’importanza del polmone di ossigeno generato delle foreste  Brasiliane, lamentava gli incendi provocati opportunisticamente e biasimava lo spirito di sviluppo economico per la convenienza di pochi. Il presidente del WWF (Filippo di Edimburgo) confermò che le religioni pagane erano da sostenere proprio per la tutela della natura. Ma non è tutto, anzi questa è solo una premessa.

La conclusione del Sinodo evidenzia anche l’importanza del rapporto tra teologia ecologico-ambientale e l’utilizzo dello strumento economico, che sia utopistico o no, per conformarsi. Di fatto la vera conclusione del Sinodo, dal punto di vista economico, è che per rispettare il creato dobbiamo cambiare stile di vita, consumi, produzioni. Il che è per molti versi anche opportuno , ma per essere credibili nel fare una proposta accettabile, si deve dimostrare di aver capito le cause  originali del problema da risolvere, non solo gli effetti.

Pertanto aver capito che chi ha concorso a provocare questo stile di vita consumistico all’eccesso, son stati proprio i neomalthusiani ambientalisti, che dagli anni ‘70 riuscirono a far crollare il tasso di crescita della popolazione (inquinante) in Occidente, generando un eccesso di consumismo (ultra inquinante) per compensare il conseguente crollo del PIL e rendendo necessaria la delocalizzazione delle produzioni in paesi a basso costo, e bassa attenzione ambientale (iperinquinante).

Curiosamente invece sono proprio questi malthusiani ambientalisti e teologi rousseauiani progressisti quelli che oggi son stati invitati a suggerire soluzioni alla massima Autorità morale. Se potessimo fare previsioni diremmo che il gruppo di esperti convocato ad Assisi ha caratteri tali da lasciar immaginare che il rischio che si corre è quello di veder suggeriti modelli di decrescita economica, in chiave malthusiano ambientalista. Certo camuffati con qualche pseudo principio di dottrina sociale della Chiesa, oltreché minacce apocalittiche.

La novità quindi, che potrebbe emergere grazie al Sinodo amazzonico, è  un nuovo modello economico incorporato nel Magistero della Chiesa, riconosciuto pertanto dall’Autorità morale. Ma una utopia che diventa magistero rischia di diventare eresia, modificando principi di morale economica. Per fare un esempio: se il magistero considera l’iniquità (nella ripartizione delle ricchezze) il peggiore dei mali sociali, e non il peccato, ribalta la verità che è la miseria morale a generare quella materiale. Non è più il vizio, frutto del peccato, che genera nell’uomo avidità, egoismo, indifferenza provocare miseria materiale e diseguaglianze. No, diventa la miseria materiale a provocare quella morale, cioè il peccato.

Il tema principale che ci aspettavamo fosse  discusso ad Assisi è riferito al nuovo bene comune nel mondo globale. Il rinvio di 9 mesi ci fa sperare che si possa ridimensionare la confusione creata dal “dito” che indicando  la “luna”, avrebbe potuto usare suggestive e vecchie, ma sempre vive “illusioni utopistiche” riferite al bene comune, quali – criteri di felicità , di inclusione, di responsabilità, di pace, di uguaglianza, di fratellanza e  solidarietà, etc. - .

Tutte cose buone  solo se  centrate  su riferimenti alla Verità di Cristo, non su un “nuovo umanesimo” ( senza Dio) necessario per superare il vecchio capitalismo autoreferenziale ed obsoleto. Il nostro non è un pregiudizio, i nomi dei convenuti previsti nel Convegno non lasciano tanti dubbi a questo legittimo  sospetto. La luna che non deve restare inosservata ad Assisi poiché questa è il rischio che corre la morale cattolica.

Essa potrà infatti esser modificata proponendo nuove virtù morali adatte ai tempi, grazie ad un nuovo concetto di educazione alla corretta e dovuta tutela della madre terra, che potrebbe però  esser proposta per sostituire la religione obsoleta e inadeguata (come emerge dalle conclusioni del sinodo amazzonico). La luna che rischiamo di non vedere potrebbe essere lo spirito del nuovo bene comune globale definito dall’Unesco, ma senza  dottrina sociale della Chiesa.  

Ieri un saggio sacerdote, riferendosi al convegno di Assisi, mi commentava: «Caro mio, questo incontro di Assisi farà finalmente capire ad alcuni, che più che dall’Europa (dove ormai c’è una moneta comune) si dovrebbe uscire dall’Unesco-Onu prima che ci impongano una fede comune)».