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LA GUERRA MEDIATICA

Sfottò e videogame: è l'ora più buia. Ma del giornalismo

Inviati con l'elmetto mentre i civili fanno la spesa, tiggì che mandano in onda immagini di videogiochi di guerra e giornali che pubblicano foto di parate militari spacciandole per bombardamenti. E anche firme del giornalismo di sinistra come Lucia Annunziata e Antonio Di Bella che ironizzano con snobismo sulle ucraine «badanti e amanti». Intanto sui social sono gli ucraini a documentare la vera tragedia. 

Editoriali 26_02_2022

Conduttori radical chic che fanno battute sulle badanti ucraine, svarioni con immagini di repertorio e poi i commentatori un tanto al kilo (di gas), gli opinionisti da salotto, gli analisti da terza pagina e gli inviati di guerra in albergo col casco. Per tutti la parola d’ordine – abusata e hollywoodiana - con la quale condiscono l’incipit dei loro servizi è: è l’ora più buia.

Sarà anche l’ora più buia per l’Europa, ma di sicuro è anche l’ora più buia per il giornalismo. O meglio: per certo giornalismo di casa nostra che già non brilla per autorevolezza nella presentazione delle fonti, ma che in questa guerra senza immagini mostra decisamente il fianco agli sfottò.

Con un esercito ucraino che non vuole mostrare al mondo la sua inadeguatezza e con quello russo che non vuole rendere pubblica la sua ferocia, la figura del giornalista embedded al momento è assente. Ci si arrangia come si può, ma a farne le spese sono le immagini che in questi primi giorni di conflitto sono abbastanza carenti.

Questo non significa che non si veda nulla. Anzi, ma tutto è demandato alla buona volontà dei poveri ucraini asserragliati in casa che si ritrovano nella difficile posizione di documentare dalla finestra un conflitto che li vede come vittime e cronisti allo stesso tempo.

Al momento l’immagine più cruda che sta circolando è quella di un tank russo appena entrato nella zona di Obolon che mentre percorre una strada deserta di Kiev vira immediatamente di 90 gradi per intercettare un’automobile che percorre in senso opposto la strada. La travolge fino a schiacciarla come uno scarafaggio. Ad acuire il pathos non servono effetti speciali, bastano le urla strazianti delle donne che alla finestra, probabilmente dal decimo piano di un grattacielo, assistono e riprendono la scena. In un video successivo si vedono alcuni cittadini di Kiev che scendono in strada per soccorrere l’occupante l’abitacolo rimasto schiacciato. Illeso, incredibilmente, il vecchio pensionato che guarda attonito a quanto gli era accaduto.

Sui social, anche sul social di nuova generazione tik tok si rimpallano carrellate di immagini belliche in sequenza di bombardamenti, esplosioni, carri armati in marcia che schiacciano automobili in transito. Ma è un materiale prezioso di documentazione che proviene dai cittadini che con i loro telefonini si ritrovano a riprendere l’orrore.

I giornalisti sembrano essere invece lontani dal teatro degli accadimenti. Compaiono nei collegamenti spesso da luoghi sicuri con in testa elmetti e giubbotti antiproiettile mentre la gente in strada gira con la borsa della spesa. Quanto tutto questo fa scena? Quanto sono a rischio? È una domanda che è lecito farsi dato che non vengono mai ripresi i bombardamenti dalle troupe. Però i pochi che lo fanno ci sono e sono i grandi professionisti di questo mestiere che in guerra tocca il suo punto più eroico. Fausto Biloslavo che, in diretta con Quarta Repubblica, ad esempio, si interrompe per mettersi al riparo «perché sta iniziando un bombardamento» è uno di questi. E guarda caso non ha l’elmetto in testa.

In compenso però a casa nostra abbiamo il solito circo mediatico che gioca alla guerra.

Nel podio degli obbrobri giornalistici al terzo posto si piazza il Sole 24 Ore che sul sito pubblica una foto di caccia russi in azione e il titolo: «La Russia bombarda Kiev». Ma la foto utilizzata per raccontare l’evento si riferisce – come ha scoperto il giornalista Simone Fontana – si riferisce ad una parata militare a Mosca.

Al secondo posto, sembra grazie al fact cecking di Fontana, si piazza il Tg2 targato Rai che annuncia i raid dell’Armata Rossa mandando in onda dei bombardamenti cittadini. Peccato che si tratti della schermata di un videogioco chiamato War thunder.

Infine al primo posto di questa speciale galleria degli orrori creati per accrescere il pathos degli spettatori c’è l’accoppiata Lucia Annunziata e Antonio Di Bella, i quali su Rai 3  si esibiscono in una performance di dubbio gusto sugli ucraini che vivono in Italia: «Sono cameriere, badanti e amanti», dicono come fossero al bar mentre sta parlando il leader Pd Letta che ricorda i tanti cittadini ucraini del nostro paese.

Dopo il fuori onda, la Annunziata, che della Rai è stata anche presidente, si è scusata, ma la toppa è apparsa peggio del buco: «Ho criticato una certa retorica consolatoria che circola in merito a un supposto successo della integrazione della comunità ucraina in Italia». Dal suo audio dal sen fuggito non sembrava proprio.

La solita spocchia snob tipica dei radical chic di Sinistra, che fanno le gaffe e invece di scusarsi cercano di giustificarsi arrampicandosi sugli specchi. Sembra di rivedere certi meccanismi che avevamo conosciuto durante la pandemia, con le troupe televisive nelle terapie intensive a creare l’ambientazione migliore per drammatizzare la scena.