Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

SCENARI

Sfida energetica, ora serve il primo passo

Urge un approccio culturale per affrontare le questioni legate al nucleare e alle fonti rinnovabili.

Attualità 04_01_2011
nucleare

La sfida energetica che attende l’Italia per il 2011 non può che essere quella comune a tutti i Paesi, ovvero di un piccolo passo all’interno di un lungo cammino. I tempi dell’energia sono infatti lunghi per loro natura, dettati da quelli tecnologici dello sviluppo e della realizzazione di impianti e infrastrutture e da quelli tecnico-economici della penetrazione di fonti e sistemi nel mercato. Si pensi solo ai tempi di realizzazione di un metanodotto, alla penetrazione delle fonti rinnovabili o alla costruzione di una centrale nucleare: per tutti, il periodo caratteristico del fenomeno è il decennio. Su tutti poi, i tempi e le scelte della politica, che riveste un ruolo decisivo anche nei mercati energetici cosiddetti “liberalizzati”. Parimenti, la sfida non può prescindere dagli scenari che si aprono a livello mondiale. Partiamo da lì allora.

Mondo. Recentemente Fatih Birol, chief economist della IEA (International Energy Agency), ha presentato a Roma i risultati dell’ultimo World Energy Outlook, il rapporto mondiale sulle prospettive energetiche. Dallo studio emergono alcune interessanti considerazioni. Per la prima volta, gli studiosi della IEA non hanno analizzato gli scenari energetici fino al 2030-2050 in base alle diverse crescite dell’economia, della domanda o dei prezzi dei combustibili, ma in base alle politiche energetico-ambientali implementabili dai singoli Stati e a livello globale. Allo scenario di riferimento, più conservativo e basato sul mantenimento delle politiche attuali, si affiancano due altri scenari: “New Policies”, nel quale si ipotizza che le nuove politiche di riduzione delle emissioni e dei sussidi alle fonti fossili vengano implementate dai vari Paesi come da loro dichiarato ma su base volontaria; e lo scenario “450”, molto più impegnativo in termini di riduzione di gas-serra e che ha come obiettivo le 450 parti per milione (ppm) di CO2 equivalente in atmosfera, limite fissato nell’ipotesi di mantenere l’aumento del riscaldamento globale del pianeta entro i 2°C. Oggi siamo a circa 380 ppm.

Il primo risultato è quello di una incredibile incertezza. Non solo perché non è ancora chiaro come e quando si uscirà dal periodo di grave crisi economica globale, ma anche perché il futuro delle fonti energetiche è reso incerto dalle politiche dei governi sulla CO2 e sui sussidi pubblici alle diverse fonti, dai percorsi dell’innovazione tecnologica, dall’evoluzione della crisi ambientale e dagli umori dell’opinione pubblica. Tutti aspetti difficilmente prevedibili.

L’altro risultato è che le emissioni di CO2 continueranno a crescere al 2035, sia nello scenario attuale che in quello “New Policies”. La ricetta per non aumentare la CO2 alla fine di questo nuovo decennio e diminuirla nel 2035 è quella di aumentare l’efficienza, sviluppare le energie rinnovabili, il nucleare e i biocarburanti, e migliorare le tecnologie per catturare le emissioni. Il che significa aumentare al 2035, secondo i due scenari più esigenti (“New Policies” e “450”), l’eolico del 1200%-1700%, il solare del 7000%-15000% e il nucleare del 70%-130%. E questo per ottenere circa lo stesso contributo, tra le due rinnovabili e il nucleare, alla produzione di elettricità (circa il 20%). Numeri sbalorditivi. Ma sbalorditivi sono soprattutto i costi. Che per le rinnovabili significano enormi incentivi, ovvero soldi dei contribuenti: per poter realizzare questi scenari, servirebbero annualmente 140 miliardi di $ nel 2035 (nel 2009 le rinnovabili hanno ricevuti sussidi per 37 miliardi). In totale, le rinnovabili “consumeranno” 2500 miliardi di $ nei prossimi 25 anni. Per IEA infine saranno soprattutto la Cina e le economie emergenti nonché il costo delle emissioni di CO2 (la famosa “carbon tax”) a giocare un ruolo chiave e crescente nel tempo nella trasformazione del mercato dell’energia nel medio-lungo termine.

Europa. Nel continente che vuole mostrarsi come il più virtuoso verso il riscaldamento globale, vige ancora il pacchetto “20-20-20” (cioè -20% di gas serra, +20% di energie rinnovabili e -20% di consumo di energia entro il 2020) deliberato dal Consiglio Europeo nel marzo 2007, ma molti si chiedono quanto resisterà. Già uno dei “20%” è caduto, poiché sono stati sostanzialmente abbandonati gli incentivi al risparmio energetico. Se si considera poi che la proposta di una riduzione ancora più forte delle emissioni di gas serra nel Vecchio continente (dal -20% ad un ancora più ambizioso -30%), equivale a sei settimane di emissioni della sola Cina, la sensazione di sconforto si accompagna alla reazione di scetticismo circa la capacità e l’efficacia di simili politiche europee. Soprattutto a quei costi e in un periodo grave per l’economia dei Paesi EU, da tempo incapace di crescere ai ritmi orientali.

E in Italia? Per comprendere la complessità e la delicatezza della situazione nella penisola bastano due titoli: nucleare e incentivi per le rinnovabili. L’attuale Governo ha deciso di riaprire il dossier nucleare, con l’ambizione di portare l’Italia a produrre il 25% di elettricità da nucleare (oggi ne importiamo il 15% dalla Francia). Ma la partita è lunga e non è scontata, soprattutto per motivi politici e sociali. Circa gli incentivi italiani alle rinnovabili, è sufficiente ricordare la reazione di qualche mese fa di operatori e investitori del settore alla decisione di rivedere le regole dei sussidi. Decisione supportata anche dal pronunciamento dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, che ha richiamato il legislatore a rivedere il sistema generale degli incentivi, ritenuto “troppo generoso”. Infatti il costo totale per l’incentivazione delle sole fonti rinnovabili – che coprono comunque soltanto una parte marginale del fabbisogno energetico nazionale - ha raggiunto i 2,5 miliardi di euro nel 2009, sfiora i 3,4 miliardi di Euro nel 2010 e raggiungerà almeno i 3,9 miliardi di euro nel 2011, potrebbe aumentare a più di 5 miliardi di euro/anno nel 2015 e a circa 7 miliardi di euro/anno nel 2020, cifra che equivale al costo dell’intero settore universitario italiano. Con evidenti problemi di sostenibilità economica già nell’immediato futuro.

In sintesi. Se ancora non ne fossimo consapevoli, vale la pena ribadire che l’energia è un problema assai complesso per il quale nessuno ha la soluzione pronta e facile in tasca. Anzi, conviene tenersi ben strette tutte le frecce a disposizione e non disdegnarne alcuna, perché l’obiettivo della disponibilità di energia a sufficienza per tutti (oggi oltre un miliardo e mezzo di persone non hanno accesso all’energia elettrica), a costi non proibitivi e per i molti anni a venire, rispettando il più possibile ambiente e risorse, richiederà di scoccarle tutte. I bersagli da colpire infatti sono ben più d’uno.

Si tratta di una sfida eminentemente culturale: comprendere (le tecnologie e i loro costi), valorizzare (la complementarietà delle varie fonti), accettare (la realizzazione degli impianti e delle infrastrutture). E quindi non limitata al solo 2011, poiché i tempi della costruzione sono assai più lunghi di quelli del dubbio e della distruzione. E di dubbi e di controinformazione, o meglio di “informazione contro”, sul tema dell’energia ne abbiamo sentiti parecchi in questi ultimi 20 anni. E’ proprio il caso di iniziare a “farsi un’idea”.

 

*Vicedirettore Dipartimento Energia Politecnico Milano