Seveso, 40 anni fa la nube tossica che avvelenò le coscienze
Il 10 luglio di 40 anni fa, a Seveso, una nuvola tossica di diossina, fuoriuscita dalla fabbrica di Icmesa, coprì il cielo brianzolo di Meda, Seveso e Cesano Maderno. Ma a fare più danni non fu la diossina, ma una forsennata battaglia per legalizzare l'aborto. Seveso 1976. Oltre la diossina scritto da Federico Robbe, giovane storico e ricercatore, racconta quei giorni di follia politica e catastrofismi psuedoscientici, ma anche di straordinarie opere di tesimonianza e solidarietà.
di Benedetta Frigerio
ICMESA, QUANTE BUGIE SU QUELLA FABBRICA di Andrea Bartelloni
«La vita continua. La multinazionale ha distrutto, la politica falsificando la scienza ha negato la vita, un popolo unito e libero tornerà a vivere». Sono le parole di un volantino firmato da Comunione e Liberazione nel 1976 e distribuito in tutta Italia. Ed è il riassunto perfetto e impavido di quanto accadde a Seveso il 10 luglio di 40 anni fa, quando una nuvola tossica di diossina, fuoriuscita da una fabbrica chimica, l'Icmesa, coprì il cielo brianzolo di Meda, Seveso e Cesano Maderno.
Paradossalmente, la notizia non circolò, se non quando qualcuno comprese che per mezzo della stampa il disastro ambientale poteva essere strumentalizzato per fini politici. Fu a quel punto che l'Italia intera cominciò a non parlare d'altro che di Seveso. Ma a che pro cavalcare e ingigantire la sciagura, anziché aiutare la popolazione a non cadere nella trappola della paura che avrebbe solo peggiorato la situazione? La risposta è fondamentalmente una: legalizzare l'aborto. Il metodo con cui migliaia di donne furono messe sotto pressione per mesi, gli sfollati emarginati da chi millantava di aiutarli e la risposta al terrorismo psicologico data dai cattolici impegnati di Comunione e Liberazione sono raccontati nel libro Seveso 1976. Oltre la diossina (edizioni Itaca, pp. 153, euro 12,50), scritto da Federico Robbe, giovane storico e ricercatore presso l'Università di Bergamo.
All'incidente, seguono gli arresti dei dirigenti dell'azienda appartenente alla multinazionale Hoffmann La Roche. In poco tempo gli effetti sulla zona colpita sono allarmanti: animali stecchiti, vegetazione morta, volti ustionati e piaghe sui corpi umani causati dalla cloracne. I giornali cominciano a parlare di Seveso solo a cinque giorni dall'incidente, dopodiché l'esercito interviene per evacuare la zona. Da subito, anziché cercare di rispondere razionalmente, i quotidiani, come Repubblica, titolano: "Sgombero per 100 mila?". Peccato che furono 736 le persone allontanate dalle loro case. Il sindaco, Francesco Rocca, membro dell'Azione Cattolica, è convinto che nella Chiesa la realtà in grado di rispondere in quel momento sia Cl, perciò accoglie i giovani del movimento ecclesiale nato da don Luigi Giussani che danno la loro completa disponibilità per aiutare quanti hanno bisogno.
Al contrario della stampa, che chiede l'aborto di tutte le donne incinte, accusando i ciellini e la Chiesa di voler fare nascere dei "mostri" pur di difendere la propria idea, i ciellini rispondono così: «Tenere informate le persone di fronte a una stampa che stava terrorizzando», spiega lo psichiatra di Seveso, allora trentenne, Ambrogio Bertoglio. Mentre Giancarlo Cesana, leader di Cl, residente a Carate Brianza, sottolinea che era necessario «essere un punto di riferimento per la popolazione, quindi un aiuto a controllare il panico e gli allarmismi che erano fortissimi; ed essere un luogo di informazione, per le questioni medico-sanitarie fra cui quelle dell'aborto».
Fino a creare uno strumento di controinformazione, il giornale Solidarietà, stampato (dalle 40 alle 60 mila copie) per i dieci mesi necessari ad arginare i danni e l'annichilimento di ogni speranza prodotti dai quotidiani nazionali. Intanto, Seveso si riempie di femministe che invocano la legalizzazione dell'aborto, mentre i radicali in Parlamento, fra cui Emma Bonino e Marco Pannella, si battono perché la legge avalli l'infanticidio dei bambini in grembo. Isa Fumagalli, sevesina allora incinta, racconta il lavoro informativo ostacolato: «La giornalista faceva segno di non filmare più quando parlava qualcuno di noi».
Intanto, l'assessore alla Sanità, Vittorio Rivolta, ammette l'aborto, nonostante la legge lo vieti, ma basandosi sulla sentenza storica della Corte Costituzionale dell'anno precedente, che aveva aperto uno spiraglio all'omicidio. Ad agosto la commissione medico-epidemiologica della Regione approva un documento in cui afferma che la diossina provoca alterazione nello sviluppo fetale. Il gioco è fatto. Scrive Robbe: «La stampa arriva perfino a proporre l'aborto obbligatorio». E poi il paradosso: il noto medico abortista che riconosce la mistificazione e i cattolici del compromesso che avallano gli omicidi. Francesco D'ambrosio, volto storico della battaglia per l'approvazione della legge abortista 194/78, intervistato da Gente ammise: «Ho ricavato l'impressione che nessuna delle gestanti voglia abortire. Chiedono consigli, spiegazioni, nient'altro». Ma i politici cattolici, anziché combattere per la verità, si piegano in nome del compromesso.
Giulio Andreotti afferma che «sul caso di Seveso è possibile applicare la sentenza della Corte Costituzionale sull'aborto terapeutico». Il sindaco Rocca accusa il borghesismo della società consumista che elimina i bisognosi in maniera razzista. Intanto i ciellini, coinvolgendo tutta la popolazione e la Chiesa del territorio, aprono centri diurni, gestiscono laboratori di analisi, si occupano degli sfollati, informano le donne e scrivono volantini di giudizio, anche sui politici che «non hanno esitato a venire a patti con l'ideologia dominante», continua lo psichiatra Ambrogio Bertoglio. Intanto, si celebrano Messe e le parrocchie della zona fanno partire una colletta che frutta 119 milioni di lire. Ovviamente la stampa attacca anche i ciellini, accusandoli di minimizzare i danni. Ma Rocca li difende, perché Cl ha fatto «da grosso supporto all'assistenza, ha combattuto la sua battaglia contro l'aborto...ma non ha mai minimizzato».
Il conforto dato dai medici alle gravide è impressionate: non è certo che la diossina produca malformazioni fetali e in ogni caso un figlio è un dono, soprattutto nessuna donna sarebbe stata abbandonata.Tanto che su un migliaio di gestanti, sono in tutto 42 ad abortire cedendo all'inganno mediatico. Tra il gennaio e il febbraio del 1977 nascono i primi figli della diossina, scampati all'aborto politico. E sono tutti perfettamente sani, come anche i 42 ormai abortiti. Ma le vittime della cattiva informazione dei paladini dei diritti della donna non furono solo questi: ci fu un aumento di morti per cause cardiovascolari causate dallo stress.
Mentre la Chiesa definita oscurantista agiva come descritto da un testimone, oggi imprenditore, Matteo Volpi: «A quell'età mi colpiva tantissimo vedere questi adulti che si trovavano e discutevano animatamente, perché non c'erano giudizi preconfezionati, ma andavamo al cuore del problema. Nel giro di pochi giorni mi sono ritrovato a occuparmi insieme ad altri volontari dell'organizzazione della segreteria, aiutare la gente a compilare moduli (inventati apposta) per la denuncia dei danni subiti... organizzare squadre di lavoro d'imbianchino, elettricista, falegname)... organizzare riunioni con aziende perché le attività artigianali tipiche della Brianza incominciavano ad avere il problema di vendere... a causa dei soliti giornali che scrivevano che tutto era infetto... e ancora pensare ai turni di assistenza ai bambini negli hotel... organizzare i centri diurni... preparare la distribuzione dei volantini, dei manifesti e del giornale... fare il lavoro di rassegna stampa e organizzare le conferenze... E non venivamo neanche da Seveso. É stata l'unica realtà costituita sul posto che per lo meno guardava in faccia la gente dicendo: "Di cosa hai bisogno? "Cosa possiamo fare per te?"».
Un vero e proprio "ospedale da campo", fatto di una misericordia operativa, piena di verità ed educazione e di una testimonianza senza compromessi. Come sottolineò un volantino di Cl in seguito al lancio di una Molotov nell'ufficio decanale: «Occorre che noi cristiani salvaguardiamo la nostra libertà di espressione e di azione, attraverso una testimonianza chiara e decisa di quello che siamo».