Separatismo, attacco a libertà educativa e religiosa
Il progetto di legge francese sul “Rispetto dei principi della Repubblica”, il cui obiettivo sarebbe dovuto essere combattere l’islamismo radicale, minaccia la libertà della Chiesa, delle altre confessioni cristiane e degli ebrei. È il frutto di un laicismo aggressivo che ha votato anche un articolo che limita fortemente la possibilità dell’istruzione parentale.
Il progetto di legge sul “Rispetto dei principi della Repubblica”, anche noto come “contro il separatismo”, è un’idea del governo francese, nata come reazione al terrorismo islamico interno, dopo gli attentati degli ultimi anni e in particolare quello di Nizza del 29 ottobre scorso. Siamo ora all’approvazione in prima lettura all’Assemblea Nazionale, ma emergono pericoli gravi per la libertà: con la scusa di colpire i gruppi islamisti, si vogliono imporre limiti alla libertà religiosa di cristiani ed ebrei, piegare la libertà di associazione ai dogmi Lgbt e abortisti e praticamente cancellare la libertà di scelta educativa delle famiglie.
Il testo era stato presentato al Consiglio dei ministri il 9 dicembre 2020. La discussione è iniziata nelle commissioni il 2 febbraio e ora si è appunto nella fase dell’approvazione da parte dell’Assemblea Nazionale. Il primo ministro Jean Castex aveva spiegato il 9 dicembre scorso al quotidiano Le Monde l’obiettivo del progetto di legge, che sarebbe combattere “l’islamismo radicale”, pur facendo in modo di non offendere i musulmani. E più in generale combattere “qualsiasi ideologia politica che si opponga ai valori della Repubblica”, per dirla con le parole del ministro dell’Interno Gérald Darmanin.
Di fatto, il progetto di legge si è evoluto e ora minaccia non solo la libertà di Chiesa cattolica, chiese cristiane in genere e comunità ebraiche ma anche la libertà di associazione, il primato della coscienza e l’istruzione parentale. Vescovi, pastori evangelici e rabbini francesi da diverse settimane stanno protestando in ogni sede. Lo scorso 3 febbraio monsignor Éric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza episcopale francese, era in audizione in Parlamento per spiegare i diversi punti di questa legge che non può che dare un’impressione di sfiducia verso tutti i cittadini credenti, una legge sostanzialmente “repressiva”.
La critica di principio è chiarissima: si vogliono fare apparire pericolose per la nazione tutte le religioni e le fedi. La critica maggiore riguarda l’articolo 27, relativo alla dichiarazione della qualità “religiosa” delle associazioni, che permette loro di avere certi vantaggi fiscali e di ricevere sovvenzioni pubbliche. Ogni diocesi ha come quadro giuridico un’associazione religiosa (conosciuta come “associazione diocesana”). L’articolo 27 prevede una dichiarazione di “status religioso” per queste associazioni, da rinnovare ogni cinque anni. L’altra riserva riguarda l’istituzione di un “contratto di impegno repubblicano”, con un contenuto che potrebbe essere chiaramente contrario alla morale, che le associazioni religiose dovrebbero firmare. Uno dei motivi adducibili per lo scioglimento di tutte le associazioni, incluse le chiese, sarà anche quello dell’articolo 8 della legge: “La discriminazione verso persone e gruppi in ragione del loro sesso, orientamento sessuale e identità di genere”.
Inoltre, le associazioni che vorranno ricevere benefici fiscali non potranno opporsi all’aborto, dopo l’approvazione di un emendamento all’articolo 12 del testo. Le associazioni, infatti, non potranno fare discorsi contrari ai principi della Repubblica e dovranno sottoscrivere e rispettare il contratto sui valori della Repubblica e le esigenze minime della vita in società, la cui accettazione sarebbe una conditio sine qua non per ricevere aiuti pubblici. Lo ha ribadito anche recentemente lo stesso ministro dell’Interno durante un’intervista alla radio France Inter: “Non possiamo più discutere con persone che rifiutano di scrivere su un pezzo di carta che la legge della Repubblica è superiore alla legge di Dio". Libertà di coscienza kaput! La separazione tra Cesare e Dio finisce qui, dove inizia Cesare che vuole imporre tutto a Dio e ai Suoi fedeli.
Nei giorni scorsi la maggioranza macroniana e di sinistra ha voluto approvare (e poi modificare, tra i malumori generali) un articolo che vieta o limita fortemente la libertà di educazione familiare. Giovedì sera, i deputati hanno approvato un testo che richiede a coloro che scelgono l’istruzione familiare di essere autorizzati e sottoposti a verifica da funzionari pubblici, mentre ad oggi è sufficiente una semplice certificazione dei genitori, con gli esami scolastici finali da farsi a fine anno su programmi di istruzione standard. È l’articolo 21 del progetto di legge e con esso si attacca una libertà considerata fondamentale da molti deputati: quella appunto dei genitori di scegliere l’educazione dei loro figli. L’istruzione a domicilio riguarda poco più di 60.000 bambini in Francia e i casi di separatismo islamico sono rari in questo tipo di sistema; nonostante questo, il governo e la sua maggioranza hanno voluto approvare l’articolo. In concreto, il testo prevede che l’autorizzazione all’educazione familiare sia concessa solo per motivi di salute, handicap, pratica artistica o sportiva, mancanza di domicilio familiare, distanza da un istituto e nel caso piuttosto vago di una “situazione specifica del bambino che motivi il progetto educativo”.
Nel tentativo di disinnescare le critiche, Jean-Michel Blanquer, ministro dell’Istruzione, ha presentato con urgenza un emendamento che prevede un periodo di transizione, fino all’anno scolastico 2024-2025, per l’attuazione di questa misura. L’emendamento è stato approvato, ma solo dalle forze di maggioranza: tutte le opposizioni - dalla destra, al centro e persino i comunisti - chiedevano l’abrogazione dell’articolo.
In attesa che il testo venga messo al voto al Senato, continuano quindi ad allarmare i pericolosissimi frutti di un laicismo oppressivo che, dopo aver vietato o limitato fortemente le Messe, ora si vanta di voler sottomettere Dio e sopprimere le libertà fondamentali.