Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santo Stefano a cura di Ermes Dovico
LETTERA

Senza una proposta chiara non si raggiunge nessuno

Anche il recente Meeting di Rimini ha dimostrato che esiste un popolo di CL. Ma non bisogna mai dimenticare ciò che Giussani diceva all'inizio dell'esperienza: «Il richiamo cristiano deve essere deciso come gesto… elementare nella comunicazione… integrale nelle dimensioni…. comunitario nella realizzazione»

Editoriali 31_08_2015
Don Giussani

Caro direttore,

mi sembra interessante il dibattito aperto sulla Bussola dalla lettera di Stefano Fontana, circa il Meeting e CL. In un primo momento, anch’io mi sono detto: “chi sono io per giudicare?” e mi sono limitato a leggere i vari interventi.

Ma poi, considerando che il Movimento di CL è la cosa più cara che ho nella mia vita, che è stata letteralmente cambiata dall’incontro avvenuto 60 anni fa con il servo di Dio don Giussani e con la compagnia che stava nascendo intorno a lui, ho pensato di intervenire  anch’io. E siccome non sono un filosofo, né uno storico, nè un sociologo, mi limiterò, da semplice fedele laico, a comunicare l’esperienza che ho vissuto in tutti questi anni e che sto tuttora vivendo.

1. Innanzi tutto, non si può tacere lo “spettacolo” (quello descritto da don Giussani nel 1994, in occasione del quarantennale) del “popolo” che CL è e che si è ancora manifestato in modo poderoso, ad esempio, il 7 marzo scorso in piazza San Pietro e la scorsa settimana durante il Meeting. Ciò conferma che l’esperienza di CL è costituita, innanzi tutto, da una “comunione” (da cui deriva anche il suo nome), da cui ogni nostro io è chiamato a convertirsi. Recentemente, il Card. Scola ha parlato di un “io in relazione”. Per questo, sento “fratello” e “ sorella” qualsiasi persona coinvolta in questa esperienza, anche se non la conosco personalmente ed anche se può avere specifiche opinioni diverse dalle mie (e ciò allarga potenzialmente la fraternità a tutti). Seguendolo, è Cristo stesso che ci mette in comunione.

2. L’appartenenza a questa comunione non può non spingerci ad annunciare a tutti questa vita nuova. Nel primissimo scritto nato da questa esperienza (allora, G.S.), don Giussani scriveva: «Il richiamo cristiano deve essere deciso come gesto… elementare nella comunicazione… integrale nelle dimensioni….comunitario nella realizzazione». E così commentava il primo punto: «La prima condizione per raggiungere tutti è una iniziativa chiara di fronte a chiunque. Può essere illusione ambiguamente coltivata quella di introdursi nell’ambiente o di proporsi alle persone con una indecisione tale da sminuire il richiamo, nel timore che il suo urto contro la mentalità corrente indisponga gli altri verso di noi, e crei insormontabili incomprensioni e solitudini. Si possono così cercare, magari con ansiosa scaltrezza, accomodamenti e camuffamenti che rischiano troppo facilmente di rappresentare dei compromessi dai quali è poi assai arduo liberarsi» (Il cammino al vero è un’esperienza, pag.5). Sono parole che mi sono rimaste infisse nella mente e nel cuore fino ad ora, anche se le ho sentite per la prima volta 56 anni fa. E cerco, indegnamente, di essere loro fedele.

3. Questa “vita nuova” si esprime e si rende visibile attraverso tre dimensioni: cultura, carità e missione, a proposito delle quali, in quello stesso documento a pag. 12, si legge: «Affinché un gesto sia completo occorre  che abbia tutte le sue dimensioni fondamentali: quelle che definiscono con precisione e fedeltà il suo volto vero. Oscurare o trascurare qualcuna delle dimensioni che il gesto deve avere come sua natura e suo destino, sarebbe fare di quel suo volto una maschera, cioè una illusione se non una menzogna. L’integralità delle dimensioni in un gesto… è un questione addirittura di vita o di morte per il gesto stesso; poiché senza l’impostazione almeno implicita di tutte le sue fondamentali dimensioni, il gesto non è povero, ma addirittura manca di verità, è contradditorio alla sua natura, è ingiusto». Anche questa notazione costituisce un aspetto fondamentale e imprescindibile della mia esperienza in CL.

4. La mia esperienza mi suggerisce quest’ultima osservazione. Talvolta, nel mondo cattolico viene adombrata una sorta di contrapposizione tra “appartenenza” e “dialogo”, quasi che la prima sia di ostacolo al secondo. L’esperienza che don Giussani ci ha fatto vivere, come al solito in grande unità, ha eliminato di schianto questa supposta preoccupazione. Noi siamo stati mandati nel mondo proprio in forza di una certezza e di una appartenenza, come accadde ai primi apostoli. Non a caso oggi CL è presente in circa 80 Paesi del  mondo (e la Chiesa è presente il tutto il mondo). Ciò è frutto di una apertura provocata (e mai impedita) dalla certezza che Cristo è al centro del “cosmo e della storia” e che la Sua presenza è assicurata da quella comunità che si chiama Chiesa.

Venendo al tema del Meeting sulla “mancanza”, noi cristiani non dobbiamo mai dimenticare di proclamare senza mediazioni e troppi riguardi che essa è stata riempita dall’esperienza di Cristo. È questa esperienza e certezza di Cristo che ci apre al dialogo fraterno con tutti. Solo con Cristo il dialogo è benevolo e aperto e mai inutile, se non disperato. Fin dall’inizio sono stato educato in questa direzione. 

A questa integralità dobbiamo essere tutti fedeli, sostenendoci e richiamandoci sempre ad essa, in un cammino fatto di inevitabili debolezze e di passi maldestri, ma anche di grandi certezze.