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caso mediatico

Se una tragedia diventa pretesto per rieducare

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A scuola non c'è tempo per studiare: si lotta contro il patriarcato leggendo il discorso di Gino Cecchettin ed "educandosi alle relazioni" con la guida di una militante Lgbtq+ nominata dal ministro Valditara.

Editoriali 08_12_2023
Foto Vincenzo Livieri - LaPresse

So che non è il massimo dell’eleganza, ma… l’avevamo detto: l’omicidio di Giulia Cecchettin è diventato il pretesto per l’ennesimo programma di ri-educazione nelle scuole.

È di oggi l’annuncio che il ministro Valditara affiderà il progetto di (ri)educazione alle relazioni a tre donne, visto che il patriarcato domina la nostra società. E che tra queste ci sarà Anna Paola Concia, deputata Pd e militante LGBTQ+, visto che governa il cosiddetto centrodestra. Faccio davvero molta fatica a pensare che un progetto di educazione alle relazioni coordinato da una militante LGBTQ+ non si avvicini nemmeno all’ideologia gender, pardon: agli studi di genere. Chi vivrà, vedrà; tuttavia, se le nostre capacità di prevedere l’ovvio si confermeranno, c’è ben di che preoccuparsi.

Ma, sul fronte scuola, non è tutto. Il ministro Valditara – lo ricordiamo: ex AN, ex PdL, attualmente leghista – ha ben altre sorprese in serbo. Ad esempio, «proporre» a tutte le scuole di ogni ordine e grado di «organizzare, nella loro autonomia, momenti di riflessione e di approfondimento sul significato del discorso» che Gino Cecchettin ha pronunciato ai funerali della figlia. La cosa suscita nello scrivente più di qualche perplessità.

Innanzitutto: chi è Gino Cecchettin perché un suo scritto venga proposto come oggetto di riflessione agli studenti italiani? Essere vittima di una tragedia conferisce titoli per entrare nei programmi scolastici? I risultati dei test Invalsi dei ragazzi italiani, a quanto pare, sono disastrosi: è proprio necessario sottrarre altro tempo allo studio per dedicarlo a Gino Cecchettin?

Magari il suo testo è davvero di una importanza straordinaria, tale da porlo sul livello di Omero e di Dante. Eccolo, il testo. Con tutto il rispetto per il dolore della famiglia Cecchettin, bisogna dire per onestà che troviamo questa lettera piuttosto imbarazzante… Si obietterà: è la lettera di un padre affranto dal dolore al funerale della figlia, non si può pretendere chissà cosa. È proprio questo che non torna. Ricordate la lettera che Maria Rosaria Costa lesse ai funerali di Giovanni falcone e degli uomini della sua scorta (tra i quali il proprio marito)? Non ha per nulla l’aria di un manifesto «educativo»: è un agghiacciante grido di dolore affilato come un rasoio. Strana lettera, invece, quella di Gino Cecchettin, così fredda, così artificiosa, così... diversa dai post che ha pubblicato sul suo profilo Twitter (opportunamente chiuso).

Ma il punto, ovviamente, è un altro e riguarda il compito della scuola. Ancora una volta, vale la pena di ripeterlo: la scuola non ha il compito di educare i ragazzi. Questo compito spetta alla famiglia, non alla scuola né allo Stato; lo prevede non (solo) il Catechismo della Chiesa Cattolica, ma la Costituzione dello Stato italiano. Alla scuola spetta, dunque, soltanto il compito di istruire i ragazzi? No, nemmeno quello! Anche l’istruzione è diritto e dovere dei genitori, su delega dei quali si muove dunque la scuola.

Com’è possibile, quindi, che un ministro proponga a tutte le scuole d’Italia di programmare in orario scolastico, togliendo tempo alla formazione dei ragazzi, «momenti di riflessione e approfondimento sul significato del discorso» che non ha, di per sé, una rilevanza così straordinaria; che – da ministro leghista quindi, secondo alcuni, di «estrema destra» – affidi il coordinamento di «corsi di educazione alle relazioni» da tenersi ovviamente in orario scolastico a tre donne tra le quali una deputata PD e militante LGBTQ+?

Non è possibile a meno di pensar male. Di pensare, cioè, che l’omicidio di Giulia Cecchettin sia stato mediaticamente amplificato all’inverosimile in modo da avere un pretesto per introdurre forzature educative (o ri-educative, o dis-educative a piacere) già pronte e programmate. Ad esempio, dal PNRR che, per la scuola, prevede «nuove competenze e nuovi linguaggi» in sintonia con il programma NextGenerationEU. Quindi: se questi corsi di educazione alle relazioni siano semplicemente uno degli interventi previsti dal PNRR sulla scuola italiana, e l’omicidio di Giulia Cecchettin sia semplicemente un pretesto ipocrita per procedere verso la NextGenerationEU?



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