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GOVERNO

Se Renzi apre le porte (e il portale) alla lobby Lgbt

É on line il Portale Nazionale Lgbt, sito che fa capo al Dipartimento Pari opportunità. Nel “Chi siamo” si legge che il portale «vuole promuovere una maggiore conoscenza della dimensione Lgbt». Nel comitato scientifico del portale i soli noti: Marilisa D’Amico, Vito Mancuso, Umberto Veronesi, Michela Marzano, Stefano Rodotà e altri.

Editoriali 14_07_2016
Sul sito internet del governo, c'è il portale Lgbt

Il famigerato documento del governo “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)” non è mai finito in un cassetto, ma, senza rulli di tamburi e squilli di tromba, dal 2013 ha costantemente trovato applicazione in diversi ambiti: dalla scuola ai media, dal lavoro alla pubblica sicurezza.

Un’altra iniziativa partorita da quel documento è il Portale Nazionale Lgbt (http://www.portalenazionalelgbt.it/). Per prima cosa vediamo chi c’è dietro a questa piattaforma: «questo Portale è un’iniziativa del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, in collaborazione con la Città di Torino, Servizio Lgbt in qualità di Segreteria Nazionale della Rete Re.A.Dy». Insomma è una iniziativa del governo Renzi.

Ricordiamo poi chi è la rete Re.A.Dy, aprendo il relativo sito ufficiale: si tratta della «Rete Nazionale delle Pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. In questi ultimi anni diverse amministrazioni locali e regionali hanno avviato politiche per favorire l’inclusione sociale delle persone omosessuali e transessuali, sviluppando buone prassi e promuovendo atti e provvedimenti amministrativi che tutelano dalle discriminazioni».

Ora domandiamoci cosa fa il Portale Nazionale Lgbt. Aprendo la tendina nel sito del “Chi siamo” possiamo trovare scritto che «il Portale Nazionale Lgbt è uno strumento previsto dalla Strategia Nazionale Lgbt, in attuazione della Raccomandazione del Comitato dei Ministri Cm/Rec (2010)5 e vuole promuovere una maggiore conoscenza della dimensione Lgbt per contrastare ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere». In breve l’obiettivo è sempre quello: diffusione del pensiero gender e dell’omosessualità.

Nella carta di identità del portale compare un’affermazione assai coraggiosa: il portale «vuole essere uno spazio aperto ad una discussione condivisa su tematiche che riguardano i diritti e le libertà di molte persone, la loro identità ed il modo di svolgere le loro relazioni e di declinare le proprie affettività. Proprio per questo il Portale non si fa portavoce di un orientamento culturale di settore né di una scelta politica o istituzionale predeterminata. Vuole invece essere e rimanere uno strumento plurale e pluralistico, nella convinzione che il contributo e il confronto delle idee di tutti, rappresenti il migliore strumento per far maturare consapevolezza e contrastare ogni forma di odiosa discriminazione». Strumento pluralistico aperto alle opinioni di tutti e che non ha sposato a priori una visione a senso unico sull’omosessualità e l’identità sessuale? Falso. Ed ecco le prove.

In primis, il comitato scientifico del portale è composto da personalità che, per lo più, sposano il medesimo orientamento culturale. Qualche nome: Marilisa D'Amico, docente universitaria che qualche tempo fa istituì un corso presso l’Università statale di Milano sul “Diritto ad essere omosessuali” (clicca qui),  la sua collega Chiara Saraceno, che tra le altre cose in una intervista dichiarò che la famiglia naturale non esiste, il teologo Vito Mancuso, l’oncologo Umberto Veronesi, l’on. Michela Marzano da sempre schierata nelle fila del Pd a favore delle tematiche omosessualiste (clicca qui), il giurista Stefano Rodotà ed altri.

In secondo luogo gli autori di questo portale sono la già citata Rete Re.A.Dy e un gruppo di lavoro composto da 29 associazioni gay e trans (le stesse che avevano prodotto il documento sulla strategia nazionale di cui sopra). Associazioni di genitori, di insegnanti, di famiglie, di giornalisti, rappresentanze di confessioni religiose, etc. nemmeno l’ombra. Altro che pluralismo. Ma non è finita qui. Il portale privilegia solo la diversità omosessuale, non la diversità di opinioni contrarie all’omosessualità. Il sito è composto da diverse aree tematiche: identità, lavoro, movimenti e rappresentanze, omofobia e transfobia, relazioni familiari e affettività, salute e benessere, welfare.

Spigoliamo qua e là partendo dall’area dell’omofobia: «La paura e l’avversione nei confronti delle persone Lgbt, dunque, sono il frutto di una concezione negativa dell’omosessualità e della transessualità che nasce da una cultura e una società eteronormative che fanno fatica ad accogliere le differenze». Per capire cosa si debba intendere per “eteronormatività” c’è anche un glossario (la cui mappa riproduce in modo curioso quelle delle metropolitane: (clicca qui) che ne spiega il senso: «Un sinonimo che pone l’accento sulla dimensione normativa e prescrittiva della visione eterosessista è “eteronormatività”, definita come l’insieme di pratiche e istituzioni che legittimano e privilegiano una particolare forma di eterosessualità caratterizzata da monogamia, convivenza tesa al matrimonio, riproduzione come finalità del legame, struttura familiare nucleare, perfetta sovrapposizione tra le componenti dell’identità sessuale». 

Insomma, se qualcuno difende la famiglia, la procreazione, la monogamia, la fedeltà, il fatto che se sei maschio ti devi comportare da maschio, è affetto da eteronormatività ed è pure eterosessista, cioè sposa una «visione del mondo che considera naturale e legittima solo l’eterosessualità, dando per scontato che tutte le persone siano eterosessuali. L’eterosessismo, sia a livello individuale che culturale, rifiuta, denigra e stigmatizza ogni forma di comportamento, identità e relazione non eterosessuale. É la causa principale dell’omofobia». Avete capito bene: se considerate naturale e legittima solo l’eterosessualità siete omofobi.

Nella sezione invece dedicata alla famiglia si afferma che ormai esiste una «pluralità dei modi di fare e intendere la famiglia. [...] Convivenze e procreazione senza matrimonio, nuove nozze che non seguono a vedovanza ma a divorzi, famiglie ricomposte attraversate da confini mobili e in parte diversi per i vari componenti, filiazione che avviene per adozione o tramite fecondazione assistita con donatore o donatrice, oltre che le famiglie costituite da coppie dallo stesso sesso sono esempi di questa diversificazione. [...] Si è modificata appunto la percezione di ciò che è socialmente accettabile ed anche perché più soggetti sono entrati nella negoziazione e definizione di ciò che fa una famiglia, riducendo il potere monopolistico dello stato e delle chiese in questo campo. Se lo stato rimane l’ambito di produzione finale della norma, questa deve fare sempre più i conti con ciò che gli individui hanno da dire su di sé e le proprie relazioni». 

Il messaggio è chiaro: la famiglia naturale è stato un costrutto sociale il quale si evolve nel tempo. Oggi il costrutto sociale indica modelli differenti, cioè una congerie di relazioni tra le più diverse e bizzarre. Gli stessi legami di figliolanza sono cambiati e la legge, come un bravo scolaretto che copia alla lavagna ciò che ha scritto la maestra, deve solo registrare il mutamento dei costumi legittimandolo. La Chiesa cattolica e lo Stato avevano rinchiuso le menti di tutti noi in un monopolio culturale fissista che vedeva solo nella famiglia composta da uomo e donna l’unico paradigma verso cui orientarsi. Ma ora il governo Renzi, anche grazie a questo portale, ci ha fatto aprire gli occhi sulla poli-famiglia e quindi chi non si apre al nuovo peste omofoba lo colga.

In conclusione, torniamo all’altisonante idea programmatica espressa dal sito: «il Portale non si fa portavoce di un orientamento culturale di settore […] predeterminato». Potremmo essere anche “omofobi”, ma stupidi proprio no.

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