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A TAVOLA

Se la nostra stampa cattolica ritrovasse un po' di sale...

Dialogo su alcuni fatti più o meno noti della settimana appena trascorsa: l'annunciato libro del Papa, il caso Ruby, l'adozione per i single.

A TAVOLA 20_02_2011


Vittorio, dopo l’aperitivo quotidiano, questa più corposa rubrica settimanale s’intitola “a tavola”. Immagino abbia a che fare con la tua propensione di emiliano ben pasciuto per la buona cucina…

A dire il vero, Andrea, il significato di questo titolo non è legato alla gastronomia. Cosa benedetta, intendiamoci, sai che detesto gli asceti càtari e che sono adepto di quella “teologia del tortellino” di cui è teorico l’amico cardinal Biffi: siamo credenti in un Dio che si è immolato per noi dopo aver celebrato l’ultima cena, che ci dona sotto le specie del pane e del vino il suo corpo e il suo sangue e che a Cana trasformò l’acqua in ottimo vino! Il titolo, semmai, è legato piuttosto alle chiacchiere che si fanno a tavola. Durante il pranzo o la cena, ma anche quando ci si ritrova a attorno a un tavolo, fosse anche quello di una tavola rotonda.

L’avviso ai naviganti della Bussola contenuto nel tuo ultimo aperitivo era chiaro in questo senso. Spiegavi bene il significato di questo nuova iniziativa. Abbiamo ricevuto diverse lettere in redazione, altre le hanno spedite direttamente a te. Ci sono lettori indignati, che protestano per l’«unilaterale» sospensione della rubrica. Lettori che se la prendono con la tua presunta «instabilità», citando la chiusura, quasi vent’anni fa, di «Vivaio» su Avvenire. Insomma, qualche reazione piuttosto dura e scomposta al tuo annuncio è arrivata.

Sì, ho ricevuto diverse lettere da parte di lettori indignati che mi hanno considerato come qualcuno che non onora una cambiale. La prima risposta che mi era venuta in mente era di ricordare loro che la Bussola, giornale online che vive dell’aiuto dei suoi sostenitori, è assolutamente gratuito, e dunque il tono della pretesa suona quantomeno curioso. Poi però, ripensandoci, dobbiamo saper leggere il dato positivo: anche quei piccoli sfoghi quotidiani che quotidianamente mettevamo in rete erano seguiti e dunque c’è chi si è risentito per il fatto che il mio contributo alla Bussola assuma una forma diversa.

Bene, Vittorio, bando alle chiacchiere…

Eh no. Dobbiamo chiacchierare, invece…

Intendevo dire basta parlare delle nostre autoreferenziali piccolezze. Diamo uno sguardo alle notizie della settimana. Una che non dovrebbe passare inosservata, soprattutto per un cattolico, nonostante le pagine dei giornali piene del Rubygate, è la notizia dell’ormai prossima uscita del secondo volume del Papa dedicato a Gesù, che sarà presentato il 10 marzo ed è dedicato alla passione, morte e resurrezione di Cristo…

Concordo, Andrea, è una notizia molto importante. Non solo per il fatto in sé – un Papa che scrive un libro è sempre una notizia – ma anche per ciò che questo significa, per ciò che questo ci indica. Perché Benedetto XVI, nonostante gli impegni del pontificato, legati al governo della Chiesa universale, non si è sottratto a questa dura fatica?

Mi verrebbe da dire innanzitutto che da teologo ha sempre avuto una propensione allo scrivere e che questa fatica era uno dei traguardi che si era posto.

Vedi, io credo che se il Papa scrive due libri sul Gesù storico, libri non di meditazione ma di esegesi, lo fa per richiamarci all’essenziale della fede. Una fede che, non dobbiamo nascondercelo, è in pericolo. È come se ci dicesse che dobbiamo smetterla di concentrarci sulle conseguenze della fede. È la fede che manca, che si spegne, che non regge. Questo a mio avviso è il vero problema, nonostante che molti, anche nelle gerarchie, non ne sembrino consapevoli.

Mi aveva particolarmente colpito il passaggio dell’omelia che Papa Ratzinger fece a Lisbona l’11 maggio 2010. «Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista. Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e di funzioni; ma che cosa accadrà se il sale diventa insipido?». È un giudizio per certi versi drammatico, oltre che realista. Benedetto XVI riesce sempre a farci capire che la Chiesa non consiste nelle sue strutture organizzative, non vive di convegni o commissioni. E dovrebbe occuparsi di più di ciò che è essenziale, specie in tempi in cui la fede stessa viene meno.

Se la fede viene meno, caro mio, svanisce anche il pensiero cristiano, la visione del mondo cristiana, la prospettiva cristiana sulla storia e anche sulla cronaca. Devi ammetterlo: proprio per questo molta stampa cattolica finisce per essere inutile, perché rischia di scimmiottare, spesso in modo anacronistico e provinciale, le posizioni della mentalità e dell’ideologia dominante. Mi arrivano, senza che li richieda, tanti giornali e giornaletti… Spesso li butto senza aprire il cellophane, perché sono pagine ufficialmente “cattoliche” ma in realtà piene di buonismo, impegni ambientalisti, generiche esortazioni alla virtù, riproposizione delle tesi del politicamente corretto.

Non sono d’accordo con te, Vittorio. Non dico che questi difetti non ci siano. Bisogna però stare in guardia, credo, dai giudizi generalizzanti. La stampa cattolica ha svolto e svolge una funzione importantissima, anche attraverso testate locali. Insomma, trovo il tuo giudizio ingeneroso.

Guarda che si tratta di un giudizio che non coinvolge tutta la stampa cattolica ma che in ogni caso è basato su dati oggettivi. Mi chiedo leggendo certa stampa ecclesiale: dov’è il sale? Dov’è l’originalità, il segno di contraddizione, il non conformismo? Dov’ è, insomma, la fede che cambia gli occhi e la prospettiva? Perché dovremmo leggere le fotocopie, spesso rabberciate e in ritardo, della stampa laica? Ho un esempio fresco fresco da portare. Una notizia che di certo non ha raggiunto i grandi circuiti dell’informazione, e che forse può essere interessante per i lettori che abbiamo invitato a questa nostra chiacchierata a tavola: ha chiuso i battenti l’unico settimanale cattolico tedesco a diffusione nazionale che era rimasto in vita. Si tratta del “Reinische Merkur”, inizialmente il settimanale dei cattolici renani, restato poi l’unico dopo la chiusura di tutti gli altri. In questi anni ha conosciuto una parabola discendente e una deriva. Si è prima coalizzato con i luterani e così ogni settimana pubblicava un inserto, un supplemento luterano. Niente di male, per carità, il dialogo va benissimo, ma a me ha dato l’impressione di due naufraghi che stanno per affondare e si aggrappano l’un l’altro… Ora, i lettori sono venuti meno, il giornale è diventato irrilevante, all’insegna del politicamente corretto. E così i suoi pochi redattori sono passati armi e bagagli a “Die Zeit”, l’autorevole giornale di Amburgo, vicino alle posizione dei liberal-massonici tedeschi e del conformismo dei borghesi e degli intellettuali. Quello che scrivevano sul settimanale cattolico, dunque, andava bene anche per “Die Zeit”. Non è cattiva volontà, intendiamoci. È che il venire meno della fede ha fatto svanire anche il pensiero cattolico, la visione del mondo cattolica, la katholische Weltanschauung, per dirla alla tedesca. Certa stampa cattolica, senza sale, senza prospettiva cristiana, ha finito per essere il ricettacolo di tutti gli “ismi”: ambientalismo, femminismo, solidarismo, buonismo. Oppure, in certi casi, demagogismo di eredità sessantottina.

Cambiamo argomento. La notizia della settimana è stata certamente il rinvio a giudizio del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ci sono state le manifestazioni di piazza per la dignità della donna, la temperatura nel Paese continua a salire. È paradossale che da settimane l’Italia si sia ridotta a parlare soltanto di prostitute, seppure denominate con il meno volgare termine di “escort”. Tu come giudichi la situazione?


Ti confesso, Andrea, tutto il mio imbarazzo. Anche il mio imbarazzo ad esprimermi. Vedo innanzitutto delle contraddizioni pazzesche. In piazza con le donne indignate c’erano le ormai stagionate apostole della rivoluzione sessuale, della libertà totale, del sesso libero, dell’aborto à la carte. C’erano quelli che avevano fatta propria la distinzione, tipo l’Espresso, tra vizi privati e pubbliche virtù. Sui vizi privati non si doveva mettere il naso, contavano solo le virtù pubbliche. Ora questi libertari del sesso si indignano per Ruby, per il fatto che avesse 17 anni e mezzo. Sono vecchio abbastanza per ricordarmi che ai miei tempi la maggiore età era a 21 anni, e dunque che si tratta di una convenzione burocratica. Questo non certo per giustificare i rapporti con i minori, attenzione, ma per dire che trovo ipocrita che a indignarsi siano quelli che hanno fatto il ’68, che propagandavano il diritto-dovere dei bambini a vivere la loro sessualità, etc. etc. Perché va bene dire «l’utero è mio e me lo gestisco io» come facevano certe femministe in piazza, mentre Ruby non dovrebbe essere libera?

Capisco ciò che dici. Ma mi sembra che la questione sia un tantino più complessa: lei era minorenne, il premier ha telefonato in Questura per farla trattare con i guanti… Non credi insomma di minimizzare troppo prendendotela con chi s’indigna e va in piazza? Io trovo quanto è emerso di una tristezza e di uno squallore senza fine…


Beh, Andrea, dovevi lasciarmi finire. Non sto affatto giustificando il Cavaliere sul quale, in 16 anni, non ho scritto una parola, né in bene né in male. Come ho fatto, del resto, per un Craxi o per qualunque leader politico susseguitosi nella mia vita. Non ho mai fatto il cortigiano di alcuno e nessuno mi ha mai visto in piazza a inveire contro il potentedi turno. Stavo per aggiungere infatti che Berlusconi è comunque indifendibile. Non tanto per ragioni morali (che lascio al suo confessore, se ne ha uno) ma per opportunità, umana prima ancora che politica. Perché, come ha giustamente osservato il cardinale Angelo Bagnasco, ad ogni ruolo che si ricopre deve corrispondere un comportamento adeguato. Se vuoi fare il presidente del Consiglio te ne devi assumere onori e oneri, devi avere un comportamento consono. O almeno, come ho già scritto, ricordarsi dell’avvertimento ai Principi dei gesuiti barocchi che, tra l’altro, molto amo: "nisi caste, tamen caute"….

Non trovi un po’ imbarazzante che vi siano cattolici pronti a giustificare il Cavaliere sempre e comunque?

Come ti dicevo prima, a me viene da scuotere il capo e da stare in silenzio. Da una parte abbiamo un premier che sembra comportarsi come un qualunque padroncino con i soldi e il Suv, un appassionato di calcio e di donne giovanissime e vistose (ora le chiamano escort…), che sa svagarsi solo in un certo modo. Dall’altra abbiamo i nuovi, arcigni moralisti che fino a ieri erano per l’assoluto libertinaggio. Personalmente non sto né con i censori né con i cortigiani. Lascio a un Altro il giudizio. Come, del resto, dovremmo fare sempre.

Questa situazione sta oggettivamente danneggiando l’Italia sulla scena internazionale.

Ah, questo è sicuro. Nessuno pretende l’ascetismo da Berlusconi, ma non possiamo dimenticare che a motivo di questo siano diventati lo zimbello del mondo. Lo sputtanamento del Cavaliere è lo sputtanamento dell’Italia, presentata dalla stampa mondiale cone la solita “Repubblica delle Banane”, con a capo dei Peròn, dei Chavez: un bel modo per festeggiare i 150 anni dell’unità! Lasciami comunque ripetere che anche il pulpito da cui arrivano le prediche edificanti non è assolutamente credibile.

Prima di alzarci da tavola, un ultimo spunto. Riguarda una notizia che è stata rilanciata a mio avviso piuttosto male dalla nostra stampa, facendo apparire che la Corte di Cassazione abbia dato un via libera alle adozioni per i single. In realtà, la Cassazione ha respinto la richiesta di adozione di una donna di Genova che chiedeva il diritto di adottare una bambina russa. Una vicenda complessa, dato che la donna ha vissuto con la piccola due anni nella Federazione Russa, e quindi ha ottenuto in seguito il riconoscimento dell’adozione negli Stati Uniti. Chiedeva che fosse riconosciuta anche in Italia e ciò non è accaduto. È vero invece che la Cassazione, a margine della sentenza, ha specificato che, perché questa possa eventualmente realizzarsi, c’è bisogno di una nuova legge del Parlamento. Al di là del caso specifico, si è aperto un dibattito se sia giustificato o meno permettere l’adozione ai single. Il problema vero, a mio avviso, sarebbe invece quello di snellire le pratiche per l’adozione, spesso e volentieri un vero calvario per le coppie senza figli.

Mi scuserai se non entro nel merito di problemi che non conosco e che non mi hanno mai molto interessato. Posso però dire che dopo decenni di continuo bombardamento contro la famiglia, presentata come qualcosa di «maligno», oggi vediamo che ce ne è in giro una drammatica nostalgia. In fondo, anche la coppia gay che cerca l’utero di una donna in affitto per poter avere un figlio, dimostra una nostalgia di quella famiglia che si è cercato di distruggere in tutti i modi, e che oggi si crede di poter ricostruire o surrogare. Sotto sotto c’è il grido: ridateci la famiglia! Lo sai bene, Andrea, come io, anche a motivo della mia travagliata storia personale (te ne ho parlato nel libro che abbiamo fatto insieme) non sia mai stato un cantore della famiglia di cui, anzi, vedo anche i limiti e i problemi. So che da essa può anche derivare ciò che i sociologi chiamano “il familismo amorale” e che io detesto. Ma va riconosciuto che la Chiesa ha ragione quando dice che la famiglia è la cellula fondamentale della società, che fa parte del piano stesso di Dio e che è la difesa contro ogni totalitarismo. Se la tocchi, se tenti distruggerla, provochi conseguenze apocalittiche, devastanti. Mi sembra che stiamo vivendo in questo tempo.