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MEDITERRANEO

Se in Libia torna a soffiare il vento anti-italiano

Ha avuto una vasta eco sui media italiani la notizia del duplice attentato jihadista di mercoledì a Bengasi. Al contrario non si è parlato quasi per nulla della dura reazione del parlamento libico alla notizia dell'invio dei nuovi consiglieri militari italiani in Tripolitania. Veniamo ancora accusati di "colonialismo". 

Editoriali 26_01_2018
Lo sbarco degli italiani a Tripoli nel 1911

Ha avuto una vasta eco sui media italiani la notizia del duplice attentato jihadista di mercoledì a Bengasi che ha provocato oltre 35 morti e 70 feriti tra cui uomini chiave delle forze di Tobruk.

Tra i morti vi sono infatti Ahmed Fituri, capo della milizia salafita Madkhali legata all’esercito del generale Khalifa Haftar e Ahmed al Oraibi, capo dell’unità di investigazione della polizia mentre è rimasto ferito al-Mahdi al-Falah, vice capo dell''intelligence di Haftar. Un forte impatto ha avuto ieri anche la rappresaglia affidata al comandante delle forze speciali dell’esercito di Haftar, Mahmoud al-Warfalli, che ha fatto giustiziare con un colpo di fucile alla nuca 12 prigionieri definiti “appartenenti allo Stato Islamico” nel luogo dove erano esplose il giorno prima le due autobomba, davanti alla moschea Bayaat al-Radwan. L’esecuzione sommaria ha dato il destro alla missione dell’Onu in Libia (UNSIMIL) per chiedere che Warfalli venga consegnato immediatamente al Tribunale dell'Aja che nell’agosto scorso ha emesso un mandato di cattura per crimini di guerra.

Quasi nessuna visibilità hanno invece avuto in Italia le dure reazioni registratesi negli ambienti politici della Cirenaica e nel parlamento di Tobruk in seguito alla decisione di Roma di rinnovare la missione militare in Libia affiancando decine di consiglieri militari al reparto sanitario basato a Misurata e alla nave Capri che assicura la manutenzione delle motovedette libiche ad Abu Sittah. Gli istruttori italiani assisteranno le milizie che sostengono il governo di Fayez al-Sarraj, considerate nemiche (soprattutto quelle di Misurata), dalle forze di Haftar. Un documento diffuso dai media libici, firmato da 77 tra attivisti, politici e diplomatici, condanna “qualsiasi presenza militare italiana sotto qualsiasi forma in Libia” aggiungendo che “i nostri nonni che si sono sacrificati per liberare il paese dal colonialismo fascista italiano. Il governo italiano ha approfittato della situazione di caos delle istituzioni libiche e della loro debolezza imposta dal Consiglio di Sicurezza, per inviare le sue forze sul suolo libico ma il popolo libico non accetta il ritorno del colonialismo dalla finestra, dopo che è stato cacciato dalla porta”.

Per il deputato Ibrahim al Darsi “la presenza di forze italiane in Libia equivale a un’occupazione”. Intervistato dall”agenzia di stampa russa Sputnik, il politico ha affermato che “l’ingresso di forze italiane in territorio libico chiarisce la vera posizione della Comunità internazionale o almeno di alcune potenze, che ritengono normale consentire l’arrivo di queste forze militari sul suolo libico, mentre il governo di accordo nazionale, che è riconosciuto a livello internazionale ma che non ha ottenuto la fiducia del parlamento libico, non fa nulla per condannare questo passo così come nulla fanno i paesi arabi”.

Il 19 gennaio il parlamento di Tobruk aveva condannato quella che definisce “una violazione da parte della repubblica italiana tramite il voto del parlamento al via libera dato all’incremento delle sue forze presenti a Misurata”. Il parlamento “ha ammonito l’Italia nel continuare a violare la sovranità libica aumentando la propria presenza militare nel paese”. Attacchi pesanti che hanno indotto l’ambasciata italiana a Tripoli a definire “inesatte” le informazioni circolate precisando in un messaggio su Twitter che “in realtà nulla è cambiato, la cooperazione continua basandosi sul pieno rispetto della sovranità della Libia e dell’amicizia reciproca”. Pare quindi evidente che dalla Cirenaica si cerchino di diffondere notizie che mettono in cattiva luce il potenziamento del ruolo italiano in Tripolitania con un incremento dei militari coinvolti da circa 300 a 400 con 130 mezzi terrestri e un velivolo.

Sembra confermarlo anche il fatto che il direttore dell’Agenzia libica per il contrasto all’immigrazione illegale, il generale Mohamed Beshr, (fedele ad al-Sarraj) ha dovuto negare la presenza di una base militare italiana nel Fezzan, regione meridionale della Libia. In un’intervista rilasciata il 20 gennaio a un quotidiano egiziano, il generale Beshr ha spiegato che l’Italia ha solo fornito al governo libico sostegno per combattere l’immigrazione clandestina, assistenza umanitaria e sanitaria.

Se in Libia torna a soffiare un vento anti-italiano, magari alimentato da alcune potenze che sostengono il generale Haftar, proprio in concomitanza con un accresciuto ruolo militare di Roma in Tripolitania, sarebbe forse il caso di dibatterne sui media e magari anche in una campagna elettorale che sembra voler invece ignorare i temi di politica estera e di difesa.