Se i vescovi idolatrano l’UE e dimenticano Cristo
Una dichiarazione congiunta della Comece (episcopati dell’Ue) e della Cec (Chiese europee) esalta i “valori Europei”, con la “E” maiuscola, ma mai usa la parola “Cristo” o “Dio”. E un articolo dell’Osservatore Romano auspica “una nuova costituzione del mondo” che sa di nuovo ordine mondiale.
L’emergenza pandemica del Covid-19, tra i vari effetti devastanti, annovera anche quello di aver messo in luce le contraddizioni, le ambiguità e i lati oscuri di un certo pensiero cattolico circolante tra le gerarchie, i teologi e gli intellettuali che gravitano attorno al Vaticano.
Un ottimo esempio si trova nella dichiarazione congiunta emanata dal cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione Europea (Comece), insieme al presidente della Conferenza delle Chiese europee (Cec), Christian Krieger [il primo a sinistra e il secondo a destra di David Sassoli, in una foto del 2019], proprio a proposito della pandemia Covid-19. La dichiarazione ha un titolo singolare: “Restiamo uniti - Questo è il momento per dimostrare il nostro impegno verso i valori Europei”.
Verrebbe subito da chiedere agli eminenti prelati firmatari del comunicato quali siano questi valori Europei con la “E” maiuscola. Certo non si tratta delle famose radici cristiane il cui riferimento nella bozza della costituzione europea fu sdegnosamente rifiutato dall’allora presidente della Convenzione incaricata di redigere quell’atto, il laicissimo francese Valery Giscard d’Estaing.
Ma proseguiamo con l’esame della citata dichiarazione. In essa si legge pure la seguente affermazione: «Apprezziamo con gratitudine le numerose azioni politiche di supporto reciproco ed incoraggiamo i decisori politici dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri a continuare ad agire in maniera determinata, trasparente, empatica e democratica». Letto alla luce delle polemiche sui Coronabond e il Mes, e delle posizioni egoistiche del fronte dei falchi rappresentato dai Paesi del Nord, il passaggio della dichiarazione appare quasi risibile. Il «supporto reciproco» per cui si ringrazia è ben lontano dall’essere realizzato in una comunità dove tutto traspare fuorché il senso di generosa fratellanza.
Comunque, per i vescovi dell’Unione Europea l’importante è che i Paesi membri agiscano «in maniera determinata, trasparente, empatica e democratica». Se poi l’azione è anche anticristiana, poco importa. In un altro passaggio della dichiarazione gli stessi vescovi affermano in maniera solenne: «Questo è il momento per tutti noi per dimostrare il nostro impegno congiunto al progetto Europeo ed ai valori comuni Europei di solidarietà e unità, non di capitolare alla paura e al nazionalismo». Una sferzata ai soliti sovranisti delle patrie tanto odiati dai poteri forti che lavorano con impegno al progetto Europeo, con la “E” maiuscola.
Peccato che questo progetto sia nato dall’idea di sostituire Dio con Mammona, con il Vitello d’Oro, con quell’idolo chiamato Euro. L’Unione Europea si è ormai ridotta a finanza e burocrazia. I vescovi della Comece dovrebbero sapere bene che l’Europa dei poteri forti e delle consorterie massoniche, l’Europa delle lobby multinazionali, l’Europa della perniciosa ideologia del politically correct, l’Europa delle lobby omosessualiste, l’Europa del laicismo anticristiano, l’Europa del multiculturalismo scriteriato, l’Europa del “neutralismo valoriale”, è un’Europa nemica dei popoli. E i popoli, quando ne hanno la possibilità, escono da una simile istituzione artificiale dominata solo dall’avidità plutocratica. Brexit docet!
Davvero singolare è anche il fatto che in tutto il lungo testo della dichiarazione dei vescovi della Comece non si trovi citata neppure una volta la parola “Cristo” o “Dio”. In compenso si parla di «determinazione», «trasparenza», «empatia», «democrazia», «solidarietà», «progetto Europeo» (sempre con la “E” maiuscola). Un simile documento l’avrebbe potuto tranquillamente redigere uno qualunque dei partiti politici appartenenti al gruppo del PPE. Pare che la Chiesa non abbia nulla di diverso da dire rispetto ad essi.
Il secondo esempio dell’inquietudine che regna dentro la Chiesa - e che oggi viene evidenziata dall’emergenza Coronavirus - è rappresentato da un articolo pubblicato il 3 aprile 2020 sull’Osservatore Romano a firma di Marcello Neri. Il titolo lascia pochi dubbi sul contenuto: “Una nuova costituzione del mondo”. Questo, infatti, sarebbe l’obiettivo auspicabile secondo il giornalista, e in questo il Papa avrebbe un ruolo fondamentale: «Nel vuoto degli ordinamenti umani, il passo stentato di un’ottantenne vestito di bianco che si porta al cospetto di Dio per intercedere per l’umanità, senza distinguere tra chi è dei suoi e chi non lo è, rappresenta il gesto di un uomo che, a nome di tutti e a favore di tutti, prende in mano la storia per dirci che possiamo essere noi, fragili creature sparse su tutta la terra, gli autori e le autrici della nuova costituzione del mondo. Quella che deciderà delle disposizioni di fondo con cui guarderemo agli altri e cercheremo di riannodare davvero insieme i fili spezzati di una condivisa fraternità».
Secondo Neri non ci sono dubbi sul fatto che «nei prossimi mesi si scriverà il tratto costituzionale non solo del nostro paese, ma anche dell’architettura complessiva delle cose e del mondo», e che proprio a «una nuova costituzione del mondo e a un inedito ordinamento delle relazioni ha già messo mano la catena di eventi che abbiamo cercato di non vedere fino all’ultimo, convinti che la rimozione coincidesse con un’immunità totale».
Anche in questo articolo dell’Osservatore Romano, è interessante che neppure una volta venga citato Gesù Cristo, e che, quando proprio non se ne è potuto fare a meno, lo si è definito come «un uomo di Nazareth». Non è casuale.
Ma Gesù Cristo, Dio incarnato, morto e risorto per la salvezza degli uomini, non è venuto sulla Terra perché si redigesse la costituzione di nuovo ordine mondiale. Non è venuto «per riannodare i fili di una condivisa fraternità». Gesù Cristo è venuto per instaurare il suo Regno, per affermare la Verità, per sconfiggere la morte, per essere il centro del cosmo e della storia, per dare all’uomo la possibilità della salvezza eterna, per dare un senso a tutto.
Chi scrive sul quotidiano della Santa Sede questo dovrebbe saperlo. Soprattutto se, come Marcello Neri, insegna Teologia cattolica presso l’Università di Flensburg (Germania), è docente presso il Centro per le Scienze religiose di Trento, e collabora con il Dipartimento di Teologia fondamentale di Graz.