Se fossi uno sciita in Arabia Saudita
Tarek Heggy è un intellettuale egiziano. In questo scritto che La Nuova Bussola Quotidiana pubblica tradotto in italiano, si cala nei panni di un suddito sciita che vive in Arabia Saudita, per descrivere a un pubblico internazionale le condizioni di discriminazione e oppressione vissute dalla minoranza religiosa nel Regno sunnita.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita colmerei l’Arabia Saudita e il mondo intero di notizie sul clima di oppressione generale oggi che colpisce gli sciiti in Arabia Saudita. Il fatto più disdicevole è accaduto durante la rivolta delle regioni sciite nel 1979, durante la quale sono state uccise decine di persone, ne sono state arrestate centinaia e quelle zone sono state circondate e isolate per più di quattro mesi consecutivi.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita farei sapere al mondo intero delle ingiustizie che hanno subito molti sciiti sauditi a partire dalla fondazione del Regno nel 1932 e da quando i wahhabiti hanno assunto il potere in Arabia Saudita. Farei sapere che gli sciiti sono stati privati di ogni forma di sovranità nelle loro terre dove viene loro impedito di occupare le posizioni politiche, le posizioni esecutive di alto livello cui hanno diritto per non parlare del fatto che sono del tutto esclusi da qualsiasi incarico a livello ministeriale.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita griderei ad alta voce all’Arabia Saudita e al mondo intero per ricordare che abito nell’area più ricca al mondo, dove si trovano un terzo delle riserve mondiali di petrolio, mentre le città sciite sono le città più trascurate dal Regno. Qui mancano molti servizi primari, qui gli abitanti non possono rivestire alcun incarico importante all’interno delle grandi compagnie petrolifere che si trovano sui loro territori.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita solleverei il mondo intero perché il governo spende milioni di dollari per costruire migliaia di moschee in ogni parte del Regno, mentre non ha finanziato nemmeno in parte la costruzione di una sola moschea sciita né di una sola husayniyya dalla fondazione del Regno. Inoltre vieta regolarmente la costruzione delle moschee sciite e delle husayniyya finanziate totalmente da sciiti i quali vengono puniti qualora pratichino i loro rituali religiosi nonostante tutte le risorse petrolifere del paese provengano dai loro territori.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita griderei al mondo intero che dalla fondazione del Regno sino a oggi non è mai stato nominato un ministro sciita e che sino al momento in cui è stato scritto questo articolo agli sciiti è vietato ricoprire qualsiasi incarico al Ministero degli Esteri, nell’esercito, nelle forze armate e nella Guardia nazionale.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita pubblicherei articoli su articoli su come i mezzi di informazione saudite ignorano totalmente le questioni che riguardano me, le mie festività come se gli sciiti non esistessero in Arabia Saudita.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita farei sapere al mondo intero quel che è accaduto veramente nella storia saudita e quel che si insegna nei programmi scolastici sauditi, come viene fomentato l’odio nei confronti degli sciiti e come viene diffuso il rancore nei loro confronti presentandoli nel loro insieme come i nemici della umma islamica.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita mi lamenterei con il mondo intero denunciando le tribolazioni che devono subire gli sciiti per costruire una moschea o una husayniyya. Queste vengono costruite clandestinamente e in totale segretezza, finanziate solo da sciiti che qualora venissero scoperti verrebbero arrestati e le costruzioni distrutte.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita convocherei il mondo intero affinché legga le atrocità pubblicate da alcuni autori e le risposte di alcuni scrittori e uomini membri del Consiglio degli ulema e delle ricerche, da tutti gli shaikh wahhabiti vicini al governo saudita, in cui si legittima lo spargimento di sangue sciita, la denigrazione degli sciiti e l’impossessarsi delle loro ricchezze e averi.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita condurrei una campagna dentro e fuori il mio paese contro l’abitudine saudita di classificare le persone in base alla scuola religiosa di appartenenza. Perché la mia affiliazione religiosa dovrebbe mai interessare a una persona che ha a che fare con me nella vita di ogni giorno?
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita avvierei una campagna pubblicitaria sulla burocrazia saudita che ha trasformato il diritto applicato nei tribunali del paese in uno strumento di oppressione in modo particolare nei confronti degli sciiti. Chiederei che venisse abrogato perché mette a repentaglio e offende i più elementari dei diritti umani.
Se fossi uno sciita in Arabia Saudita cercherei di fare capire al mondo intero che la condizione degli sciiti in Arabia Saudita è una delle tante espressioni di una mentalità oppressiva la cui influenza si è diffusa in tutta questa zona del mondo e che l’umanità intera deve combattere.
*traduzione dall’arabo di Valentina Colombo