Scuole paritarie, sulle detrazioni le solite falsità
Sui decreti di attuazione della Buona Scuola si scatena la solita bagarre per impedire le detrazioni fiscali a chi manda i figli alla paritaria. Movimento 5 Stelle e Unione degli Studenti in prima fila nel ripetere banalità ampiamente smentite dalla realtà. La verità è che le paritarie danno molto e ricevono le briciole.
Detrazioni per chi sceglie le paritarie sì o no?
Parrebbe scontata la risposta, dato che chi manda i figli in una scuola paritaria paga due volte rispetto a chi li manda nella scuola statale: con la fiscalità generale, parte della quale viene impiegata per sovvenzionare la scuola statale, e con la retta della scuola paritaria.
Detrazioni sì! È una evidente questione di giustizia, in particolare nei confronti delle famiglie che fanno più fatica. Come noto, l'attuale Testo Unico sulle imposte dirette prevede già la detraibilità delle spese scolastiche, ma solo per la frequenza di corsi "di istruzione secondaria e universitaria" e, quel che è più grave, solo nella misura "non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali" (articolo 15, comma 1 lettera e dpr 917/1986). Si tratta di una evidente presa in giro: le tasse per la scuola statale, dovute solo per gli ultimi anni di scuola superiore, ammontano a 21,17 euro, per cui di fatto la detraibilità attualmente prevista non ha alcun valore.
Le famiglie che scelgono una scuola paritaria, di qualsiasi ordine e grado, devono invece potersi detrarre dalle imposte il costo della retta; come accade per le spese sanitarie, per quelle veterinarie, per quelle sportive, per tutte quelle spese cioè ritenute socialmente rilevanti (e la scuola non lo è ?!).
Di fatto, una detraibilità al 19% delle rette scolastiche pagate dalle famiglie (ad esempio con un tetto massimo di spesa pari a 4mila euro), produrrebbe allo Stato una minore entrata di poche centinaia di milioni; una cifra modesta, considerato che le agevolazioni fiscali attualmente vigenti in Italia comportano complessivamente una minore entrata di circa 80 miliardi di euro all'anno. E poi non può essere problema se in termini di detrazioni fiscali chi manda i figli alle paritarie riceve indietro una quota di quanto (ed è davvero tanto) il sistema paritario fa risparmiare allo Stato!
Considerazioni e valutazioni che paiono ovvie; eppure da alcuni giorni il dibattito sulla imminente uscita dei decreti di attuazione della Buona Scuola si concentra proprio su questo tema, e le solite prese di posizione contrarie non si sono fatte attendere, accompagnate dalle abituali campagne di disinformazione a riguardo delle scuole paritarie e della libertà di educazione.
Ecco: ancora una volta il problema è la disinformazione, prodotta o subita.
Nella graduatoria delle ostili banalità condite da abbondante incompetenza troviamo in pole position questa volta il Movimento 5 Stelle e l’Unione degli Studenti, che chiedono a gran voce che alle famiglie degli studenti che frequentano le scuole paritarie non sia riconosciuta la possibilità di detrarsi parte del costo della retta, pretendendo anzi che siano “azzerati definitivamente i fondi alle scuole paritarie private”. Questo perché, secondo loro, “i fondi alle scuole paritarie private, oltre a essere un vero e proprio spreco, sono uno schiaffo alla dignità e alle migliaia di studenti, insegnanti e famiglie che le frequentano”, dato che “la scuola pubblica vive una situazione drammatica, massacrata dai tagli degli ultimi sei anni”. Conclusione logica: togliamo alle paritarie ogni forma di finanziamento e diamolo alla scuola statale, così si rimette in piedi; e le famiglie che vogliono mandare i figli alle scuole dei preti? Che vadano….all’inferno! Non esiste pari dignità fra le famiglie, in questo caso.
Inutile ripetere a questi paladini della giustizia e dell’equità che alle scuole paritarie, che rappresentano l'11,2% degli alunni frequentanti le scuole italiane, sono destinati per il 2015 solo 472 milioni di euro, che è una cifra inferiore all'1% (lo 0,56% se mettiamo nel paniere anche l'istruzione terziaria) delle risorse totali gestite dal Miur, ammontanti a circa 50 miliardi di euro (Fonte: Ragioneria generale dello Stato, Il budget dello Stato per il triennio 2013/15). Una minuscola briciola a fronte di una immensa torta, che è ridicolo anche solo pensare che possa cambiare le sorti delle 41mila scuole statali.
Fiato sprecato spiegare loro che la scuola paritaria non è affatto la scuola dei preti ma presenta un vasto e articolato panorama di sistemi educativi diversificati, indipendenti e con proposte educative differenti tra loro. Un sistema che comprende scuole gestite da enti locali (Comuni, Province), enti religiosi e enti privati laici come fondazioni, associazioni, cooperative sociali; che permette l’esistenza anche di scuole che adottano metodi didattici particolari, come le montessoriane o le steineriane, le scuole bilingue, le scuole internazionali e le scuole con offerte formative diversificate e qualificate o scuole con norme specifiche che tutelano l'insegnamento delle lingue minoritarie; un sistema che negli ultimi decenni ha visto diminuire progressivamente le scuole cosiddette confessionali o religiose a causa del calo delle vocazioni, mentre contemporaneamente sono aumentate quelle di tipo non confessionale.
Vano dimostrare, conti alla mano, che le scuole statali costano di più e spesso funzionano peggio (è assolutamente falsa la voce che la qualità della scuola di Stato sia superiore a quella privata: ricerche su dati Ocse-Pisa e Invalsi smentiscono anche questa vulgata), producendo oneri per lo Stato di circa 8mila euro/anno ad alunno, a fronte dei 450 euro delle scuole paritarie. Se queste chiudessero, con grande giubilo di qualcuno (come stanno chiudendo a decine a causa di una tassazione vergognosa), il milione di studenti che le frequentano si riverserebbe nelle statali. Quanti miliardi di oneri in più dovrebbe accollarsi lo Stato? E da chi li andrebbe a prendere?
Inutile ricordare che anche nell’ambito dell’istruzione - come ci insegnano quasi tutti gli altri paesi europei, ad eccezione della Grecia - non è pubblico solo ciò che è statale e che le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico; questo non solo perché c’è una legge (la L. 62/2000) che lo afferma, ma perché è così nella sostanza, dato che è un servizio offerto a tutti e per il bene comune.
Inutile, insomma, quasi tutto. Quasi: perché 44 deputati, di cui gran parte di area PD, in previsione dell’uscita dei decreti sulla Buona Scuola, hanno firmato una lettera aperta al presidente del Consiglio Renzi per chiedere che si superi “lo storico gap della scuola in tema di pluralismo e libertà di educazione” e che, dopo quindici anni dall’approvazione della Legge Berlinguer, finalmente si prendano provvedimenti per “favorire la parità scolastica con un sistema fondato sulla detrazione fiscale, accompagnato dal buono scuola per gli incapienti, sulla base del costo standard” , per realizzare “un primo significativo passo verso una soluzione di tipo europeo”. E questo non è davvero poco, considerato il clima che su questi temi ha caratterizzato il nostro paese fino a ieri.
Per questo vale la pena ripetere ancora una volta le cose “inutili” di cui sopra, e battersi perché questo primo passo si realizzi davvero. Non sarà la parità agognata, è vero, dovrà essere integrata da altre forme di sostegno, ma può essere un inizio. E chi ben comincia….