Scuola, se è paritaria paga più tasse
Se la scuola non è statale, ma paritaria, paga molte più tasse. Addirittura cambia il criterio per il calcolo dell'imponibile: se è pubblica si calcola "per testa", se è privata "per metratura". La discriminazione continua: anche sui rifiuti.
La legge di stabilità 2014 ( legge 147/2013 ) in materia di tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, come noto, ha sostituito la Tarsu con la Tari.
Anche la “nuova” Tari è una tassa che risponde al principio europeo “chi inquina paga” e deve essere commisurata alla quantità e alla qualità dei rifiuti prodotti (art. 1 comma 652 legge 147/2013). Al comma 655 del suo unico articolo, la legge 147/2013 ha confermato una deroga ormai in vigore da alcuni anni (introdotta dall’art. 33 bis del d.l. 248/2007): le istituzioni scolastiche pagano la tassa rifiuti in base al numero degli alunni accolti e non in base ai metri quadri dei locali occupati. Tale criterio permette alle scuole di pagare meno di quanto sarebbe dovuto in base al criterio della superficie occupata (considerando gli ampi spazi che le scuole devono garantire).
Sennonché tale eccezione vale solo per le scuole statali e non anche per le scuole paritarie. In realtà il comma 655 parla di “istituzioni scolastiche“, senza ulteriori aggettivi; ma la norma cui rinvia (l’art. 33 bis d.l. 248/2007) si riferisce espressamente solo alle scuole statali. Siamo di fronte ad una doppia, evidente ed ingiusta discriminazione. Lo Stato paga ai Comuni la tassa rifiuti solo per le scuole statali e non anche per quelle paritarie, che pure fanno parte dello stesso “sistema nazionale di istruzione” (per non dire delle scuole paritarie comunali che sono esentate dalla tassa!). Ma addirittura il criterio con cui si valuta la capacità di produrre i rifiuti è diverso: da una parte valgono le teste, dall’altra i metri quadri occupati!
Se per le istituzioni scolastiche statali, al fine evidente di non penalizzarle, la tassa rifiuti si calcola in base al numero degli studenti, davvero non si comprende per quale ragione lo stesso criterio non possa essere utilizzato anche per le paritarie. Forse che gli alunni delle statali producono meno rifiuti rispetto ai colleghi delle paritarie?
Alcuni Comuni, come Bologna, avevano comunque applicato lo stesso criterio del numero degli alunni per calcolare la Tarsu anche delle scuole paritarie. La nuova legge di stabilità rende di fatto impraticabile anche questa strada: dal 2014 infatti i Comuni sono costretti a “coprire” con risorse proprie eventuali riduzioni della Tari diverse da quelle previste dal legislatore nazionale. Almeno sui rifiuti si può evitare la tradizionale discriminazione delle scuole paritarie?
*Presidente CdO Opere Educative