Scuola, privacy a rischio anche nei registri elettronici
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Iniziative di marketing scoperte nei registri elettronici usati da migliaia di studenti e famiglie. Un problema che investe la privacy, ma anche la comunicazione scuola-famiglia.

Tra le minacce più pericolose per la tutela del valore della privacy va certamente annoverato lo sfruttamento dei dati personali per finalità commerciali, vale a dire la circolazione illecita di informazioni che finiscono per riempire gli archivi delle divisioni marketing di aziende erogatrici di beni e servizi.
Il recente scandalo legato alla presenza di pubblicità e giochi elettronici all’interno dei registri elettronici scolastici ha sollevato un’ondata di indignazione tra genitori, docenti, dirigenti scolastici e istituzioni. Tutto è iniziato con l’inchiesta del quotidiano La Stampa, che ha rivelato come l’estensione MyTools della piattaforma ClasseViva, utilizzata da migliaia di scuole italiane, contenesse annunci pubblicitari e minigiochi, trasformando quello che dovrebbe essere uno strumento di comunicazione tra scuola e famiglie in un vero e proprio spazio commerciale.
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara ha definito «inaccettabile» la presenza di contenuti pubblicitari su una piattaforma destinata esclusivamente a fini educativi. Il caso è esploso quando Giovanna Garrone, una project manager torinese, ha notato la presenza della sezione MyTools nell’app ClasseViva utilizzata dalla figlia. Accedendovi, si è trovata di fronte a un’offerta di servizi inaspettata: consulenze con psicologi e sessuologi, un negozio online per l’acquisto di materiale scolastico e persino una sezione dedicata ai giochi elettronici. Un’esperienza ben diversa da quella che ci si aspetterebbe da un registro elettronico, normalmente destinato alla gestione di voti, assenze e comunicazioni scolastiche.
La notizia ha rapidamente attirato l’attenzione delle associazioni di genitori e di categoria, come il Cidi (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti) e l’Andis (Associazione nazionale dirigenti scolastici), che hanno espresso preoccupazione e chiesto l’intervento immediato del Ministero. Secondo Spaggiari, la società fornitrice della piattaforma, l’estensione MyTools era attiva solo su espressa accettazione dei dirigenti scolastici di circa 300 istituti, per un totale di 200mila genitori e 100mila studenti.
Agostino Ghiglia, componente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, ha espresso forti dubbi sulla legittimità del trattamento dei dati personali all’interno della piattaforma e ha evidenziato che il consenso richiesto per accedere alla sezione MyTools non può essere considerato “libero”, dato che genitori e studenti si trovano di fronte a un servizio obbligatorio per la gestione della vita scolastica. Ghiglia ha sollevato interrogativi fondamentali: chi è realmente il titolare del trattamento dei dati raccolti? Per quanto tempo vengono conservati? E, soprattutto, perché un registro scolastico dovrebbe contenere cookie e tracciamenti pubblicitari, esattamente come un qualsiasi sito commerciale? Paragonando questa situazione all’ipotesi di trovare pubblicità di prodotti alimentari all’interno del sito dell’Agenzia delle Entrate, il Garante ha sottolineato l’assurdità della commistione tra scuola e mercato.
A destare preoccupazione non è stata solo la questione pubblicitaria, ma anche l’impatto pedagogico di una simile impostazione. Marina Terragni, di recente nominata Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, ha sottolineato come la scuola debba rappresentare un’alternativa ai modelli relazionali tipici dei social network e non un loro surrogato. In un’epoca in cui i giovani sono già iper-esposti alla pubblicità e ai contenuti digitali di natura commerciale, la presenza di questi elementi all’interno del registro elettronico rischia di minare la neutralità dello spazio scolastico, che dovrebbe invece essere un luogo di apprendimento libero da pressioni di mercato.
Anche i sindacati dei dirigenti scolastici hanno espresso la loro contrarietà alla pubblicità nei registri elettronici. Alcuni genitori hanno inoltre lamentato la mancanza di trasparenza nella comunicazione, affermando di non essere stati informati in modo chiaro sulla presenza di pubblicità e giochi all’interno della piattaforma.
La deputata Elisabetta Piccolotti, esponente di Alleanza Verdi Sinistra, ha giustamente denunciato la “mercificazione” del registro elettronico quale fenomeno inquietante che mette a rischio la funzione pubblica dell’istruzione. La deputata ha inoltre sollevato la questione dell’adozione di software pubblici per garantire maggiore tutela dei dati e delle modalità di utilizzo delle piattaforme scolastiche, evitando che strumenti educativi vengano gestiti con logiche di puro profitto.
Di fronte alla crescente pressione dell’opinione pubblica, Spaggiari ha deciso di fare marcia indietro, annunciando la sospensione della sezione MyTools fino a quando i singoli istituti non avranno rivisto consapevolmente il loro consenso ai servizi offerti. L’azienda ha espresso rammarico per la confusione generata e si è detta disponibile a collaborare con le scuole per garantire maggiore chiarezza sulle funzionalità della piattaforma.
Nonostante questa parziale retromarcia, la polemica non si è ancora placata del tutto. Attilio Fratta, di DirigentiScuola, ha dichiarato che la sospensione temporanea non basta: la pubblicità deve scomparire definitivamente dai registri elettronici e il registro elettronico deve rimanere uno strumento esclusivamente istituzionale, privo di qualsiasi forma di marketing.
Lo scandalo solleva un problema più ampio: chi controlla realmente i registri elettronici? Dal 2013 questi strumenti sono gestiti da società private e la loro adozione dipende dalle scelte autonome delle singole scuole. Tuttavia, il caso MyTools ha evidenziato la necessità di una maggiore regolamentazione e trasparenza. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito sta valutando l’adozione di un registro unico nazionale per garantire una gestione più chiara e centralizzata, ma la questione rimane aperta, anche perché le violazioni della privacy degli studenti, nonostante il lodevole e incessante impegno dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, sono sempre in agguato e dipendono in larga parte dalla sensibilità e dal grado di correttezza degli addetti ai lavori e dei produttori di soluzioni tecnologiche.