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Le audizioni sul Ddl

Scuola, i gruppi Lgbt contro il consenso informato

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Audite l’11 settembre alla Camera diverse associazioni Lgbt che si sono espresse per comprimere la libertà educativa dei genitori. Per il progressismo, il consenso informato è a corrente alternata, vedi le contraddizioni in tema di aborto, eutanasia, fecondazione artificiale e vaccini.

Educazione 16_09_2025

L’11 settembre scorso, presso la Commissione Cultura della Camera, si sono svolte alcune audizioni relative all’esame del disegno di legge (Ddl) recante disposizioni in materia di consenso informato in ambito scolastico. Tra gli auditi ricordiamo le associazioni LGBT Libellula Italia, Arcigay, Famiglie Arcobaleno e la professoressa  Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità dell'Università di Trento che tempo fa sostenne che la teoria del gender non esistesse.

Il contenuto di alcuni interventi era prevedibile: legittimazione in ambito scolastico della cosiddetta identità di genere e dunque della carriera alias, possibilità che i ragazzi possano partecipare a gare riservate alle ragazze e compressione della libertà educativa dei genitori. Su questo aspetto si è arrivati a dire che la scuola non dovrebbe tenere conto del parere dei genitori: se papà e mamma criticano l’impostazione pro-Lgbt dei programmi scolastici possono tranquillamente iscrivere i loro figli nelle scuole private, perché queste ultime sono di parte, mentre la scuola pubblica è pluralista – tanto pluralista che tende ad escludere i dissenzienti, aggiungiamo noi –, neutra nei suoi approcci, equilibrata.

Questa prospettiva promossa dalle realtà arcobaleno fa comprendere che omosessualità e transessualità non possono essere messe in discussione in alcun modo. Per loro sono verità oggettive nella loro validità morale e dunque non c’è spazio per la critica e il dissenso. È come voler criticare la matematica o il fatto che il nazismo sia stato una sciagura. La disapprovazione del mondo LGBT equivarrebbe a disapprovare l’uguaglianza tra uomo e donna, tra l’etnia caucasica e quella africana. Si passerebbe per misogini e razzisti. E se la misoginia e il razzismo non possono avere spazio a scuola, parimenti la discriminazione verso le rivendicazioni arcobaleno. Omosessualità e transessualità rappresentano condizioni oggettivamente buone su cui le famiglie non possono mostrare dissenso, ma solo consenso. Dunque, perché chiedere il loro benestare? È superfluo.

Il tema del consenso informato, ossia della libertà di scelta, è a senso alternato nel sentito culturale progressista. Lo si invoca per l’aborto come declinazione particolare del principio di autodeterminazione, ma lo si rigetta qualora serva ad indicare alla gestante altre soluzioni, a far prendere coscienza alla stessa che sta per uccidere suo figlio e ad informarla dei possibili rischi dell’aborto chimico tramite RU486. Il consenso informato è poi alla base della pratica della fecondazione artificiale, ma è monco, mancando, il più delle volte, dell’informazione da parte del medico delle possibili alternative alla fecondazione extracorporea ugualmente o più efficaci di questa (cfr. M. Cusinato – S. Girotto, Gestione della fertilità e infertilità umana, C.G. Edizioni Medico Scientifiche, Torino, 2019) e dei possibili danni psico-fisici al bambino così concepito.

Abbiamo poi una legge interamente dedicata al consenso informato, la 219/2017, norma che, guarda caso, ha legittimato l’eutanasia. Però la medesima disattende la natura della disciplina sul consenso perché lo stesso deve essere attuale, condizione inesistente qualora il paziente non sia cosciente e abbia lasciato i suoi desiderata scritti nel modulo delle disposizioni anticipate di trattamento (Dat), che raccolgono le volontà passate del dichiarante, quindi non più attuali. Nulla di sorprendente: quella legge è figlia della sentenza su Eluana Englaro che decise di fare morire la giovane donna nonostante l’assenza del suo consenso.

Il consenso informato fu poi debitamente occultato dal fronte liberal durante gli anni vaccinali: infatti, affinché il consenso fosse valido, occorreva in prima battuta che fosse informato e quindi comunicasse ad ogni singolo cittadino i rischi connessi alla vaccinazione anti-Covid allora conosciuti e, in seconda battuta, era necessario che fosse libero. Condizione quasi sempre disattesa perché se non ti vaccinavi in molti casi non potevi lavorare e in tutti i casi non potevi svolgere una vita sociale normale. Dunque, fu un consenso estorto sotto minaccia. La sinistra poi produsse il famigerato Ddl Zan in cui, per tornare al tema di apertura dell’articolo, era vietato anche in capo ai genitori qualsiasi tipo di dissenso e imposto il consenso obbligatorio al “catechismo” arcobaleno.

Dunque, un certo orientamento di matrice levantina difende la libertà di parola, la critica libera, il diritto al dissenso, la libertà di scelta ma solo quando parola, critica, consenso e scelta sono a favore di alcune idee, coincidono con una certa e precisa visione del mondo. È il pluralismo del pensiero unico. Un ossimoro che è stato espresso in modo esplicito e senza vergogna nelle audizioni alla Camera. E dunque, in sintesi, voi tacete perché abbiamo ragione solo noi.



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Consenso informato, stop al cavallo di Troia del gender

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