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GOVERNO

Scuola e gay Ma caro Renzi che stai a dì?

Intervista riminese a Matteo Renzi, il “maratoneta” di Palazzo Chigi. L'ha affidata al settimanale Tempi, un po’ per mettere una pezza allo sgarbo fatto al Meeting e un po’ per rilanciare la battaglia d’autunno di un governo dal fiato corto. Parla di Europa, poteri forti, riforma della scuola e omofobia. Ma non si capisce cosa vuol fare.

Editoriali 25_08_2014
Matteo Renzi

Intervista riminese a Matteo Renzi, il “maratoneta” di Palazzo Chigi. La definizione è sua e l’ha affidata al direttore del settimanale Tempi, un po’ per mettere una pezza allo sgarbo fatto al Meeting a favore del raduno scout di San Rossore. E un po’ per rilanciare (dopo il selfie un tantino imbecillotto della secchiata d’acqua ghiacciata pro Sla) la battaglia d’autunno di un governo un po’ a corto di polmoni. Ma forse più che le sue amate corse in bici, il fiato al maratoneta fiorentino glielo ha stroncato una stampa non più amica, che passati i bollori dei primi entusiasmi primaverili, si è adesso un po’ scocciata del rottamatore. L’intervista, (ne sono state anticipate alcune parti), come si diceva una volta, è a 360 gradi: dall’Europa ai sindacati a Confindustria, dalla scuola al lavoro, dagli 80 euro ai Mille giorni, dal fiscal compact all’omofobia. Insomma, tutto un po’ (del tipo; «l’Europa deve fare l’Europa»), ma soprattutto molto di niente. Il premier non rinuncia alle sue proverbiali guasconate a costo zero. I poteri forti, ad esempio: fantasma evergreen e di collaudata presa mediatica evocato dai governi di ogni colore, soprattutto quando la salute arranca e la costituzione si fa debole.

Bisogna «togliere il Paese dalle mani dei soliti noti, quelli che vanno in tutti i salotti buoni a concludere gli affari di un capitalismo di relazione ormai trito e ritrito». Ecco la vera «rivoluzione culturale che, dice Renzi, serve all’Italia»: lotta dura ai poteri forti e ai padroni del vapore. A pensare male si fa peccato, ma curiosamente, la sparata di Renzi contro gli oscuri poteri arriva al termine di un’estate che ha visto il premier perdere molti supporter nella grande stampa internazionale (Financial Times, Wall Street Journal, Economist), dei gruppi editoriali di casa nostra (Corriere della Sera, gruppo Espresso, Il Sole 24Ore), dei grandi nomi dell’imprenditoria e della finanza (significativa, tra le altre, la stroncatura agostana firmate da Diego Della Valle). Per non parlare degli imprenditori (i soliti noti?): dalla Confindustria di Sergio Squinzi al suo ex amico con i gommini, patron della Fiorentina, Diego della Valle («le riforme di Renzi sono da bar») fino al sommo Marchionne, al quale il rottamatore non ha ancora perdonato la velenosa battuta: «Si crede Obama ma è solo il sindaco di una piccola e povera città».  Vabbè, c’erano macigni nelle scarpette di Matteo e lui se li è tolti davanti (per via indiretta) al popolo del Meeting. Pazienza, ma più di quello che c’è nell’intervista, importante è quello che Renzi non ha detto.

Prendiamo la scuola, ad esempio. Il governo, rivela il premier, sta lavorando, «e seriamente, con il ministro Giannini e con la sua squadra. E il 29 agosto presenteremo una riforma complessiva che, a differenza di altre occasioni, intende andare in direzione dei ragazzi, delle famiglie e del personale docente che è la negletta spina dorsale del nostro sistema educativo». Ok, i ragazzi, le famiglie, il personale docente: ma che novità è questa? Ci mancherebbe che la riforma della scuola il governo la facesse per gli agricoltori della Coldiretti o i minatori del Sulcis. Ma questo è tutto quello che passa il convento del priore Renzi, il resto è rigorosamente top secret. Tuttavia, «Il 29 vi stupirò», ci assicura il premier perché «la sfida educativa è la mia priorità. Tra dieci anni l’Italia non sarà come l’avranno fatta i funzionari degli uffici studi delle banche o i politici di Montecitorio; l’Italia sarà come l’avranno fatta le maestre, i maestri, gli insegnanti».  Bene, questa ce la segniamo, caro premier. “La scuola alle maestre”, bel programma, ma perché farci aspettare ancora dieci anni prima di poter ammirare 'ste meraviglie? Mica è sicuro che nel 2024 tutti i protagonisti siano ancora vivi.

Le scuole paritarie, ad esempio, grazie alle misere briciole che lo Stato elargisce loro, forse non ci arriveranno a quella data. Le scuole paritarie in un anno hanno fatto risparmiare allo Stato la bella cifra di 5.000.000.000 (cinque miliardi) di euro. E in 10 anni, ma il calcolo è per difetto, grazie a queste scuole, cattoliche e non, le casse statali si sono tenute la bellezza di oltre 50 miliardi di euro. E allora, qualche domada è d’obbligo, come ha scritto Dario Antiseri sul Corriere della Sera: come pensa Renzi di risolvere il problema della parità scolastica? È d’accordo o no con la Risoluzione del Parlamento europeo sulla libertà di insegnamento? Considera o no il buono-scuola un’efficace soluzione ai mali del nostro sistema educativo? Pensa anche lui che è servizio pubblico solo ciò che è statale? C’è qualche risposta in merito nella riforma che riconsegnerà la scuola italiana agli italiani? Mancano quattro giorni al 29: attendiamo la fine del countdown con trepidazione.

Infine, l’omofobia.  Tema che ai cattolici sta certamente a cuore. C’è il rischio (e forse anche qualcosa di più) che il disegno legge presentato dal deputato del Pd e leader del movimento Lgbt, Ivan Scalfarotto, colpisca la libertà di manifestazione e di opinione. Tempi lo sa bene e incalza il premier. Ma la risposta è tanto striminzita quanto sconcertante: «Il ddl Scalfarotto non minaccia la libertà di parola. Ivan è stato duramente contestato anche da parte del suo mondo proprio per questo». Cioè? Boh, l’anticipazione dell’intervista non contiene altri particolari. C’è solo da sperare che il premier, nel resto del colloquio, si sia sbilanciato con qualche dettaglio in più. Poteri forti e salotti gay permettendo.