Scopre il traffico di organi e viene accusato. Ecco perché
Il procuratore della California ha avviato 15 denunce penali contro David Daleiden, il giovane che ha fatto tremare il mercato abortista. Così, anziché far pagare quanti si arricchiscono sulla pelle degli innocenti, viene messo alla gogna chi informa il pubblico di come vengono usate le sue tasse. Ma c'è qualcosa contro cui nemmeno il potere può nulla.
“E’ presto diventato Chiaro che questo era ciò che Dio voleva che facessi”. Così spiegò nel 2016 David Daleiden al National Catholic Register, interessato a capire chi fosse quel giovane che, a soli 26 anni, riusciva a far scricchiolare per la prima volta dopo mezzo secolo il colosso degli aborti americano, Planned Parenthood Federation (finanziato con fondi federali tagliati di recente da Trump), pubblicando video inchieste sconcertanti sulla compravendita di organi di bambini abortiti, sulle pratiche di infanticidio illegali e sulla crudezza degli operatori della federaton.
Eppure, in questi giorni, dopo oltre un anno, Dalein e altri membri dell’organizzazione pro life di cui è leader, la Center for Medical progress (Cmp), sono stati accusati dal procuratore generale californiano, ex deputato democratico del Congresso, Xavier Becerra, di 15 reati. Sostanzialmente tutte le accuse sono legate al diritto alla privacy, dato che Daleiden e i suoi collaboratori, hanno filmato conversazioni con operatori di Planned Parenthood senza il loro consenso. Il procuratore ha infatti spiegato che 14 persone fra l’ottobre del 2013 e il luglio 2015 sono state filmate senza permesso a Los Angeles, San Francisco e ad El Dorado e che per ogni persona è stata avviata una denuncia penale. La 15esima accusa si fonda invece sulla cospirazione criminale ad invasione della privacy.
Ma la Cmp si è mossa proprio sulla base del primo emendamento della Costituzione Usa che protegge la libertà di stampa e il cui limite è quasi inesistente. Come in Italia, dove quando non esiste altro modo di arrivare alla conoscenza di un fatto di rilevanza pubblica, se non nascondendo la propria identità, è lecito agire senza consenso, soprattutto se si tratta di documentare un reato su ampia scala. Per questa ragione, ad esempio, fu diffuso in oltre 25 paesi il documentario sulle Dying Rooms cinesi, gli orfanotrofi dove nel 1995 vennero immortalati di nascosto gli operatori che lasciavano morire di fame e di sete i bambini disabili abbandonati dalle loro famiglie. Certo ci sono casi in cui veramente la privacy viene lesa, senza che la materia sia di interesse pubblico o riguardi un reato e dove la stampa dovrebbe essere limitata. Eppure non accade mai quando gli interessi toccati non sono quelli del potere ma dei suoi nemici. Sempre rimanendo in Italia, basti ricordare il caso della giornalista del Quotidiano Nazionale che nel 2015 violò il segreto confessionale fingendosi una divorzia risposata a cui il sacerdote ricordò quello che dice in merito a tale status la dottrina della Chiesa. Nessuno si stracciò le vesti, né accusò il giornalista, che in questo caso aveva sì violato la legge e la deontologia professionale (ricevette solo un "avvertimento" dall'ordine).
Fatto sta, dunque, che si usano due pesi e due misure: se ad essere colpito è l’aborto e la crudeltà di chi lo commette dentro un’industria miliardaria e potentissima, che per altro fino a poco tempo fa finanziava l’ex politico e ora procuratore Becerra, si chiude un occhio. Mentre chi decide di dedicare la propria attività per sventare un crimine come l’omicidio di bambini per puro business può rischiare il carcere. E' evidente l'ingiustizia, ma anche che l’impero del male va davvero in crisi di fronte ad avversari disposti a pagare sulla propria pelle il prezzo della verità, non facendosi intimorire dal sacrificio richiesto. Non a caso, la risposta del Cmp alle accuse del procuratore è stata, il giorno successivo, la pubblicazione di una nuova video inchiesta che mostra la direttrice di una delle cliniche abortive dell’Arizona mentre ammette cinicamente la pratica con cui si lasciano morire i bambini sopravvissuti all’aborto, sebbene il loro soccorso sia richiesto dalla legge. Daleiden, intervistato ha ribadito lo scopo di interesse pubblico della sua azione: “I cittadini devono sapere a chi vanno i soldi delle loro tasse”. L’attivista ha poi ammesso di avere altro materiale e che non si fermerà. Anche perché, concluse nell’intervista al Nationa Catholic Register il giovane convertito al cattolicesimo proprio grazie alla causa pro life: “Quando porto avanti questa attività (la difesa della vita, ndr) mi porta più vicino a Dio, al massimo grado di intimità con il Signore”. La sola cosa che può permettere di non tentennare e di fronte a cui il potere non può nulla.