Scontro con l'Ue sulla Diciotti, ma in pratica sulla Finanziaria
Sugli immigrati trattenuti sulla nave Diciotti, è crisi all'interno della stessa maggioranza. Ma soprattutto fra Roma e l'Unione Europea. Perché da Bruxelles non arriva alcun segnale positivo e sia Salvini che Di Maio minacciano ritorsioni. Non solo sulla questione Diciotti. Ma soprattutto in vista della prossima trattativa sui conti pubblici.
L’evanescenza dell’opposizione partitica e parlamentare non può far dormire sonni tranquilli all’esecutivo giallo-verde. Pd e Forza Italia sembrano in apnea e incapaci di guardare oltre quella ragionevole e disperata aspirazione alla sopravvivenza, per cui parrebbe che Lega e Cinque Stelle possano veleggiare indisturbati per anni alla guida del Paese.
La recente storia ci insegna però che i due alleati di governo potrebbero presto ricevere amare sorprese. La rapida parabola discendente del renzismo è li’ a dimostrarlo. Oggi Matteo Renzi non viene neppure invitato alla festa dell’Unità del suo paese d’origine (Rignano), mentre alle europee di 4 anni fa conquistava il 40,8% dei consensi e sembrava il padrone indiscusso della politica italiana. I cicli politici si esauriscono in fretta e Matteo Salvini e Luigi Di Maio sbaglierebbero a sottovalutare questa regolarità della storia recente. Ora l’asse tra i due è molto solido e quindi, più che di possibile crisi di governo, che non appare all’orizzonte, si potrebbe parlare di possibile crisi istituzionale o di latente scontro tra poteri.
La questione più bollente sulla quale si potrebbe innescare tale meccanismo distruttivo e dagli effetti devastanti è quella dell’immigrazione. Il caso Diciotti, con la nave ancora ferma nel porto di Catania, al di là della ostentata difesa degli interessi degli italiani che chiedono regole certe e flussi controllati sull’immigrazione, potrebbe essere utilizzato da Salvini e Di Maio come grimaldello per scardinare gli equilibri europei in vista della vera battaglia d’autunno: quella della forzatura dei parametri Ue in vista della manovra finanziaria nazionale.
Matteo Salvini non cede sullo sbarco e sfida premier, Presidente della Repubblica, Presidente della Camera e magistratura. Peraltro, come si sa, il Procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, a seguito del blocco dei migranti sulla nave Diciotti della guardia costiera e di un’ispezione a bordo, ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio. Mentre ieri a Bruxelles iniziava la riunione degli sherpa per tentare di trovare una linea comune europea sulla questione migranti, il vicepremier Luigi Di Maio, dopo aver minacciato il taglio dei 20 miliardi di contributi annuali italiani in caso di mancato intervento europeo, dimostrando piena sintonia con Salvini, puntualizzava: "Noi diamo 20 miliardi ogni anno all'Unione europea e ce ne rientrano poco più di 10. Vogliamo anche contribuire in maniera netta al bilancio dell'Unione europea, ma se c'è un progetto, una volontà di aiutarsi in maniera reciproca. Mai più piedi in testa sull'immigrazione. I cittadini ci chiedono di far rispettare l'Italia". Peraltro il Ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi ha preso le distanze dal suo collega di governo: "Pagare le quote è un dovere legale dei Paesi membri".
Ma dalla riunione di ieri non è emerso alcun accordo, poiché il numero di migranti ospitati dall’Italia, secondo i partner europei, sarebbe inferiore a quello di altri Stati, e dunque non esisterebbe la necessità di condividere le responsabilità con il nostro Paese. "Le minacce non portano da nessuna parte. Il modo in cui l’Europa funziona è la cooperazione, non le minacce", aveva già replicato a Di Maio ieri pomeriggio il portavoce della Commissione europea. La reazione del Viminale alla fumata nera della riunione di ieri a Bruxelles non si è fatta attendere: "Dalla Diciotti non sbarca nessuno. Questa è l’ennesima dimostrazione che l’Europa non esiste". Sulla stessa lunghezza d’onda il premier Giuseppe Conte: "L’Europa è ipocrita e ha perso una buona occasione: in materia di immigrazione non è riuscita a battere un colpo in direzione dei principi di solidarietà e responsabilità che pure vengono costantemente declamati quali valori fondamentali dell’ordinamento europeo. Se questi sono i fatti, vorrà dire che l’Italia ne trarrà le conseguenze". Il braccio di ferro, dunque, è destinato a inasprirsi.
La divaricazione tra Di Maio e il Presidente della Camera, Roberto Fico, del suo stesso partito, ma decisamente convinto dell’opportunità di far sbarcare i migranti a Catania, è la riprova del fatto che la crisi si è trasferita dentro le istituzioni e prescinde dagli schieramenti partitici. L’obiettivo immediato di Salvini e Di Maio è certamente quello di riacquistare autorevolezza e piglio decisionista sui migranti. Tuttavia, la loro strategia guarda anche oltre. Anzitutto intende mantenere alta la sintonia con la pancia degli elettori, in caso di elezioni anticipate, per massimizzare anche nelle urne il gradimento popolare delle attuali politiche governative. In secondo luogo punta a forzare la mano con l’Unione Europea anche in materia finanziaria, in vista della manovra d’autunno. Senza la possibilità di uno sforamento dei limiti imposti da Bruxelles e senza una maggiore flessibilità nella gestione dei conti pubblici, infatti, ben difficilmente i due alleati di governo potranno mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Se così fosse, la loro luna di miele con gli italiani potrebbe finire celermente.
Peraltro i segnali di questi giorni, sottovalutati dai media, non sono affatto incoraggianti. La Banca centrale europea ha comunicato che è in atto una fuga di capitali dall’Italia. Si parla di circa ottanta miliardi solo tra maggio e giugno, tra obbligazioni statali e titoli privati. E le tensioni istituzionali, peraltro in accentuazione, potrebbero davvero provocare quella tempesta sui mercati finanziari paventata dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti e da altri esponenti dell’attuale esecutivo.