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INTERVENTO

Scola e il Mistero

«Oggi è
soprattutto
il tempo della
testimonianza»,
ha detto
l'arcivescovo
di Milano al Pime

Cultura 10_03_2012
Il cardinale Scola
L’arcivescovo di Milano, card. Angelo Scola, il 7 marzo 2012, ha aperto gli incontri quaresimali dal titolo “Non di solo pane”, promossi dal Centro missionario Pime di Milano nel contesto delle celebrazioni per i 50 anni di fondazione, che hanno per filo rosso lo slogan “Contro la fame cambio la vita”.

Il cardinale ha parlato ad un folto pubblico che riempiva la sala conferenze  (circa 230 persone) e si è detto contento di essere stato invitato a parlare al Centro missionario Pime, che ha frequentato a lungo in passato. “In particolare – ha detto - ricordo padre Giacomo Girardi col quale ho potuto collaborare in varie circostanze. Per me è anche commovente poter riannodare i rapporti di comunione affettiva con mons. Aristide Pirovano, vescovo dell’Amazzonia e superiore generale del Pime, col lecchese padre Angelo Gianola e con Marcello Candia, del quale ho già potuto visitare la tomba nella parrocchia dei Santi Angeli Custodi; e sono anche onorato di poter parlare in questa sede del Centro missionario Pime, nella sua ricorrenza cinquantenaria, sede da cui si è generata per Milano, e non solo per Milano, una attitudine missionaria che è diventata cultura, favorendo così la comunicazione della fede. Perché, come diceva il Beato Giovanni Paolo II, senza cultura, ma una cultura benintesa cioè radicata nell’esperienza, la fede non risulta convincente, soprattutto agli uomini d’oggi”.

L’arcivescovo di Milano è poi entrato nel tema della serata “Fame di mistero”, chiedendosi anzitutto cos’è il mistero, di cui gli uomini sentono fame. “La parola mistero è usata in senso metaforico. Il mistero è, diciamolo con una formula più accessibile, prima di tutto la voglia di vivere, la ricerca di qualcosa che risponda al desiderio profondo del nostro cuore. E questa ricerca dà all’uomo una carica di energia che orienta tutta la sua vita. L’uomo vuol dare volto concreto al mistero e tutti gli uomini convergono nella ricerca della felicità e della libertà, che sono i motori della nostra vita. Nel Novecento i motori di questa ricerca erano la ragione e la giustizia, nel mondo d’oggi, gli uomini portano nel cuore un immenso desiderio di felicità e di libertà. Questo - ha spiegato il cardinale - costituisce un’opportunità di evangelizzazione per la Chiesa, dato che esiste una sintonia profonda tra il messaggio del Vangelo e il sentire dell’uomo di oggi”. 

Il card. Scola continua dicendo che questa voglia di vivere incontra oggi, nella società e cultura in cui viviamo, ostacoli continui. Un esempio: due giovani sposi che vivono il loro amore in modo totale, desiderano che questo amore fruttifichi, in concreto desiderano un figlio. Mediante la loro libertà trasformano questo loro impeto di amore, questa voglia di compimento, in una scelta effettiva. Cosa che nella nostra Italia oggi, ahimé, si fa assai poco. Il gelo demografico della nostra società è gravissimo e purtroppo non ci rendiamo conto del fatto che il gelo demografico dell’Italia sembra già quasi irreversibile. Questa veramente è una tragedia.

Le mille e mille espressioni di realizzazione della fame dell’uomo d’oggi portano ad uno smarrimento del desiderio, un infiacchirsi della libertà. Le due parole di libertà e di felicità credo siano oggi le parole più in voga, più dette.  Però i cambiamenti che si sono verificati negli ultimi 20-30 anni, dopo la fine del “mondo moderno” e l’inizio del nostro “mondo post-moderno”, sono stati sconvolgenti e noi tutti ci sentiamo come pugili suonati, barcollanti, abbiamo smarrito ogni punto di riferimento. L’uomo ha messo le mani sulla genesi dell’uomo; siamo sottoposti, anche noi in Italia, con un ritmo violento ad un meticciato delle culture; oggi il collegamento istantaneo con ogni parte del mondo sconvolge i nostri ritmi di vita e di comprensione. 

L’arcivescovo ha notato che questa situazione non può essere da noi affrontata con la nostalgia e il ritorno al passato, che producono solo lamento. I valori di felicità e di libertà sono quelli che Cristo propone ancor oggi, ma la Chiesa, anche per colpa nostra, viene  avvertita come qualcosa che tarpa le ali della libertà e  mortifica la ricerca di felicità. Ma Gesù ha detto: “Se il Figlio vi renderà liberi, sarete davvero uomini liberi” (Giov. 8. 36). La libertà non è scegliere senza contenuti, ma saper scegliere tra il bene e il male e il cristianesimo è il compimento dell’umano. Gesù ha assunto tutto l’umano e l’ha redento, il cuore del suo messaggio è di portare l’uomo alla felicità e alla vera libertà.

Oggi, nel tempo di pluralismo e di meticciamento culturale in cui viviamo, è soprattutto il tempo della testimonianza. Il che significa che il cristiano deve assumere tutto l’umano e che il cambiamento della società è possibile solo a partire da noi stessi. Se noi viviamo in Cristo, diamo il nostro contributo al mondo nuovo che sta sorgendo. Il card. Scola ha poi portato alcuni esempi, dicendo che “bisogna avere il coraggio della proposta, chiamando ogni cosa col suo nome”. L’aborto è definito “interruzione di una gravidanza”, diciamo che in verità è “l’uccisione di un bambino vivo nel seno materno”; la teoria del genere che nella cultura moderna vuol confondere le carte, noi diciamo che la differenza sessuale tra uomo e donna è insuperabile perché il sesso è costitutivo dell’uomo.   

La proposta cristiana dev’essere chiara: da un lato non intimistica, perché la proposta va fatta con “parresia” (cioè con convinzione, forza, entusiasmo); dall’altro evitando ogni “fondamentalismo”, perché “Gesù ha versato il suo sangue, non quello degli altri”. Come Gesù che chiamava gli uomini con dolcezza ma anche con decisione e senza tacere la verità. La stagione delle ideologie, grazie a Dio, sembra finita, quella delle utopie è tramontata. Nel recente passato si diceva che per cambiare il mondo bisognava cambiare “il sistema”, molti ci credevano e volevano fare la “rivoluzione”. Oggi si è capito che il cambiamento è possibile solo se incomincia da me. Noi cristiani dobbiamo mostrare, con la nostra vita, che la gioia di vivere e la felicità sono possibili solo mettendosi alla sequela di Cristo.