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APPROPRIAZIONE INDEBITA

Scelgono il perdono i cristiani perseguitati in Orissa

Un incontro organizzato a Jalna dal Global Council of Indian Christians porta egni di pace dopo il martirio. E il cardinale Gracias lancia un appello per il rispetto della dignità umana.

 

BHUBANESWAR, 7. I cristiani perseguitati dell’Orissa vogliono «perdonare i persecutori e amare i nemici», come esorta il Vangelo di Cristo: è quanto è emerso da un incontro tenutosi nei giorni scorsi presso la casa per lebbrosi delle Missionarie della Carità a Jalna, vicino a Bhubaneswar, capoluogo dell’Orissa. All’incontro organizzato dal Global Council of Indian Christians (Gcic), organizzazione impegnata nella tutela dei cristiani, hanno partecipato circa cento persone, fra le quali vedove e bambini, provenienti dal distretto di Kandhamal, epicentro dei massacri anticristiani registrati in Orissa nel 2008, che hanno fatto oltre cento morti e 56.000 mila sfollati. L’incontro ha visto succedersi momenti di riflessione, preghiera, condivisione. Sajan K. George, laico cristiano presidente del Gcic, ha invitato i partecipanti «a perdonare e amare secondo l’insegnamento di Gesù, quanti hanno fatto del male».

Nell’incontro le vedove, che hanno perso i loro mariti durante la violenza in Kandhamal, hanno raccontato la loro vita difficile, di fronte alla persecuzione e alla discriminazione. «Tutti i partecipanti alla riunione, nonostante la sofferenze e le difficoltà, hanno deliberato di aderire al comandamento del perdono», ha detto padre Manoj Bagsingh, un parroco di Salimagochha, che oggi ha la cura pastorale di numerose vittime della persecuzione. «Tale scelta - ha spiegato - è frutto della consapevolezza che Dio non abbandona il suo popolo». Le persone presenti, inoltre, pur in condizioni di povertà, hanno rimarcato il loro impegno ad aiutare chi ha bisogno: «Questo - ha detto suor Suma, superiora regionale delle Missionarie della Carità in Orissa - è un grande dono».

Intanto nella trentesima assemblea plenaria dei vescovi indiani, in corso a Bangalore, dall’1 all’8 febbraio, sul tema «Il ruolo della Chiesa per un’India migliore», si esaminano i nodi delle limitazioni della libertà religiosa e delle discriminazioni verso i cristiani, temi sui quali i presuli hanno avviato un intenso dibattito.

«Urge sradicare dall’India tutte le forme di disumanizzazione; occorre mettere in atto uno sforzo per umanizzare le strutture sociali, politiche, economiche e religiose e le istituzioni del Paese, tenendo come bussola il rispetto della dignità umana». È l’appello lanciato dal cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay e presidente della Conferenza episcopale dell’India (Cbci) durante la plenaria. Tra le forme di «disumanizzazione del Paese», il cardinale ha citato «l’oppressione delle donne, la discriminazione dei gruppi svantaggiati, la negazione della libertà civile e religiosa ai cittadini, qualsiasi forma di sfruttamento dell’essere umano». In tale contesto, ha continuato il cardinale Gracias, il ruolo specifico della Chiesa, per costruire un’India migliore, è «garantire ai poveri la dignità».

La Chiesa in India deve impegnarsi «divenendo una forza trainante nello sforzo di umanizzare la vita di milioni di poveri», dando «il buon esempio alle istituzioni, come ha fatto Madre Teresa». Tra le persone che hanno dato una incisiva testimonianza, il presidente dei vescovi ha ricordato «l’esempio eroico di suor Rani Maria (nello stato di Madhya Pradesh) e di suor Valsa John (in Jharkhand): due religiose che hanno pagato con la loro vita la scelta di schierarsi con i poveri e gli svantaggiati». Il cardinale ha anche rimarcato «le virtù eroiche di coloro che sono morti per la fede, durante la violenza contro la comunità cristiana di Kandhamal nello stato dell’Orissa».

Pace, istruzione, sviluppo, alfabetizzazione, per costruire una società giusta ed equa, sono le urgenze segnalate dai vescovi delle diverse regioni della vasta nazione indiana. Nelle loro relazioni sono state poste in evidenza le necessità e i problemi che attraversano aree caratterizzate da forti differenze etniche, sociali, culturali, religiose, naturali. I presuli degli stati di Jharkhand, Orissa, Bihar e Chhattisgarh — nella parte orientale dell’India — pur notando la forte fede delle loro comunità, hanno espresso profonda preoccupazione per le condizioni delle comunità tribali, che hanno sofferto molto nel processo di industrializzazione su vasta scala. Allo stesso modo, i vescovi degli Stati del Nordest hanno espresso il desiderio di avere pace e sviluppo, in un’area segnata da scontri etnici e da sottosviluppo.

Nell’India del Sud la necessità più sentita, secondo i presuli di quell’area, è rivedere le politiche del Governo sulla promozione dell’energia nucleare che potrebbe avere un effetto disastroso, dal punto di vista umano ed ecologico. Tutti i vescovi hanno condiviso un forte appello a eliminare, una volta per tutte, due mali come la povertà e l’analfabetismo: «Non potremo avere una società giusta ed equa — si è detto nel dibattito — fino a quando un numero considerevole di fratelli e sorelle non hanno le basi per condurre una vita dignitosa». Per questo, hanno concluso, «la Chiesa è impegnata a costruire una nazione fondata sui valori della giustizia, dell’equità, della pace e della fratellanza».

Da L'Osservatore Romano dell'8 febbraio 2012