Scegliere un film, un fatto antropologico e di giudizio
Il nuovo dizionario cinematografico dell'equipe del professor Fumagalli Scegliere un film, da 15 anni strumento critico per orientarsi tra i film: per ridimensionare certi successi e promuovere altre pellicole sottovalutate. Perché il criterio è quello del radicamento e dell'antropologia, per un giudizio completo.
Alle periodiche dichiarazioni sulla morte del cinema come arte, si accompagnano sempre più spesso dichiarazioni sulla morte della critica cinematografica, la cui autorevolezza, secondo alcuni, sarebbe stata ormai seppellita in nome della libera piazza di internet, in cui ogni parere sembra avere lo stesso peso, in ragione della medesima visibilità. C’è da festeggiare quindi se a spegnere quindici candeline è un prodotto editoriale seriamente autorevole, pensato per la cassetta degli attrezzi di tutti gli educatori appassionati di cinema. Per orientarsi in un panorama in cui l’offerta è vastissima e subordinata soprattutto alle logiche di mercato, c’è bisogno dello strumento giusto, non solo per selezionare i film con criteri sani ma anche per disinnescare qualche trappola disseminata qua e là. Stiamo parlando di Scegliere un film 2018 (a cura di Armando Fumagalli ed Eleonora Recalcati, San Paolo, pp. 308, €19,50) che, come i quattordici volumi precedenti, passa in rassegna i titoli più rilevanti della stagione cinematografica. Ogni titolo è presentato attraverso una recensione, argomentata secondo un approccio antropologico-pedagogico, e un giudizio espresso sinteticamente in stelline (da una a cinque), utile per una consultazione rapida e agevole.
Il progetto è frutto del lavoro di un gruppo di studiosi e professionisti formatisi all’Università Cattolica di Milano ed è nato – si legge nell’introduzione – «dopo che abbiamo verificato, all’interno di un gruppo informale di docenti-ex allievi-amici, che condividevamo alcune idee di fondo e che eravamo disposti a mettere in una certa misura da parte i gusti più personali per offrire al lettore un servizio ancorato su basi comuni». Il film, in sintesi, è visto come un mezzo e non come un fine e amare il cinema, ben lungi dalle secche di un estetismo cinefilo sganciato dai valori, si traduce in una passione per l’umano, da servire con responsabilità, innanzitutto distinguendo ciò che è buono da ciò che non lo è. La parola “critica” viene proprio dal verbo greco krìno (“separare, discernere”) e una critica che non promuova verità e bellezza tradisce innanzitutto la propria etimologia.
A guidare il lavoro dei recensori sono stati due i criteri fondamentali: «Il primo è l’importanza attribuita alla componente narrativa del film. Di una pellicola abbiamo considerato, anzitutto, il tipo di storia che viene raccontata, i personaggi e i valori di cui la storia si fa portatrice. Il secondo criterio che ci ha guidato, che in realtà è il più importante, è quello di giudicare le storie da un punto di vista radicato in un’antropologia cristiana». I curatori, poi, precisano: «Abbiamo usato i termini di “radicamento” e di “antropologia” invece di dire semplicemente “da un punto di vista cristiano” proprio perché ci sembra che non ci siamo limitati a dire sì o no, ma abbiamo cercato di argomentare perché alcune storie a nostro parere non funzionano e/o dicono cose radicalmente false sull’essere umano e/o propongono esiti alla domanda di compimento dell’umano che ci sembrano illusori o devianti».
Un dizionario dei film, quindi, “libero dagli schemi”, che si assume la responsabilità di ridimensionare alcuni grossi titoli applauditi nei festival o dalla stampa, per motivi spesso ideologici, e di valorizzare invece piccoli film, forse non eccelsi dal punto di vista estetico, ma molto più spendibili con frutto in contesti educativi, in primis la famiglia. Per fare qualche esempio, non ottengono più di due e tre stelline, rispettivamente, gli acclamati Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino e La forma dell’acqua di Guillermo del Toro. Vengono premiati invece con il massimo dei voti The Greatest Showman, sottovalutato musical sulla vita dell’inventore del circo moderno P.T. Barnum, e Miss Sloane - Giochi di potere, utile incursione sullo “sporco lavoro” dei lobbisti al servizio dei produttori di armi. Così sul fronte dell’animazione, un cartone animato “povero” ma molto bello sui protagonisti del presepe, Gli eroi del Natale, riceve le stesse cinque stelline meritate da Coco, kolossal della multimiliardaria Pixar.
Anche da questa valorizzazione dei “piccoli” emerge la visione cristiana della vita e dell’uomo condivisa da tutti i collaboratori del libro (tutti in prima linea nella sfida educativa perché docenti, professionisti del mondo dello spettacolo, ma anche animatori di cineforum, catechisti, genitori…). «È un patrimonio – si legge infine nell’introduzione – che ci aiutato molto a illuminare la nostra lettura dei film e lo offriamo come uno dei doni più preziosi che possiamo fare ai nostri lettori».