Scaricabarile nel governo, nell'ora più buia
Un governo diviso su tutto, che naviga a vista e che non esclude più il lockdown totale pur di uscire dall’impasse. Difficile d’altronde far digerire ai cittadini restrizioni vissute come punitive per le attività produttive e commerciali e assolutamente inutili sul versante del contenimento dei contagi.
Chiedere ai cittadini di rimanere uniti e poi mostrarsi divisi ai loro occhi non è il migliore degli spettacoli possibili. Lo sta offrendo la maggioranza di governo, assediata da milioni di lavoratori autonomi, commercianti, artigiani scontenti dell’ultimo dpcm e terrorizzati dalla possibilità di un nuovo lockdown, che consegnerebbe gran parte delle loro attività nelle mani della malavita organizzata e degli usurai.
Il Presidente del Consiglio, ieri in Parlamento, ha difeso le misure adottate per fronteggiare l’avanzata del Covid e ha detto che «è l’ora di rimanere uniti», ma è un appello che dovrebbe rivolgere anzitutto ai partiti che sostengono, in maniera sempre meno convinta, il suo esecutivo.
Basta mettere in fila le ultime dichiarazioni dei leader del centrosinistra per ricavare l’impressione di una maggioranza in disfacimento, tenuta in piedi solo perché in piena pandemia non si potrebbe mai sciogliere il Parlamento e andare alle urne.
Aveva cominciato a lanciare allarmi tre giorni fa il segretario dem, Nicola Zingaretti, con una lettera a Repubblica, nella quale invitava il premier a coinvolgere fin da subito le opposizioni nella delicata gestione della crisi sanitaria e socio-economica. Quindi la sconfessione del dpcm da parte di Matteo Renzi, che lo ha definito inutile sul piano sanitario (“Non ci sono evidenze scientifiche di contagi in ristoranti, cinema e teatri”) e che ha attaccato Giuseppe Conte accusandolo di parlare per slogan e di comportarsi da populista. Poi è stato il turno del Ministro degli esteri Luigi Di Maio, che ha invitato il governo ad ascoltare le piazze e a non scaricare sui cittadini le colpe della pandemia. Carlo Calenda, candidato sindaco di Roma, si è spinto oltre auspicando un governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi. E che dire della sortita di Andrea Marcucci, capogruppo dem al Senato, che ieri ha definito «non all’altezza» alcuni ministri, riferendosi probabilmente alla grillina Lucia Azzolina, Ministro dell’istruzione, che a sua volta aveva intimato al governatore pugliese, Michele Emiliano, di riaprire le scuole, chiuse due giorni fa con un’ordinanza regionale, in considerazione del repentino aumento dei contagi in varie aree della Puglia. Nel festival degli scontri a sinistra tra centro e periferia va inserito anche il botta e risposta tra il sindaco di Milano, il dem Giuseppe Sala e Walter Ricciardi, consulente del Ministro della salute, Roberto Speranza, sull’ipotesi di lockdown a Milano. Ricciardi peraltro suggerisce il lockdown anche per Napoli, ma il sindaco Luigi De Magistris non vuole proprio sentirne parlare (e su questo litiga anche con il governatore campano, Vincenzo De Luca, della sua stessa parte politica).
Dunque un governo diviso su tutto, che naviga a vista e che non esclude più il lockdown totale pur di uscire dall’impasse. Difficile d’altronde far digerire ai cittadini restrizioni vissute come punitive per le attività produttive e commerciali e assolutamente inutili sul versante del contenimento dei contagi.
L’impressione è che i partiti vogliano scaricare il premier per salvare se stessi agli occhi dell’opinione pubblica, ma Giuseppi non ci sta a fare da capro espiatorio. Indubbiamente in questi mesi di emergenza il Presidente del Consiglio ha potuto esercitare un potere pressochè illimitato e senza precedenti nella storia d’Italia, così come ha potuto movimentare una enorme massa di risorse economiche che nessun governo aveva mai gestito in passato. Ecco perché risulta difficile non chiamarlo in causa per il mancato potenziamento delle terapie intensive (solo ieri il Ministro degli affari regionali, Francesco Boccia, ha promesso, finalmente, la possibile attivazione di altri 10.000 posti in rianimazione), dei trasporti pubblici, dei sistemi di tracciamento, dei controlli sui trasgressori.
Gli ultimi sondaggi sono unanimi nel penalizzare le forze di governo e soprattutto il premier. Oltre che patire per le misure del dpcm, gli italiani sembrano stanchi dell’incertezza delle politiche anti-Covid messe in campo e paventano il peggio per l’Italia, sia per quanto riguarda la crescita esponenziale del debito pubblico (che prima o poi qualcuno dovrà pagare) sia per la discesa repentina dei livelli occupazionali e il peggioramento della qualità della vita di milioni di famiglie.
Urge un colpo d’ala. Mai come in questa fase a Conte converrebbe coinvolgere, sul serio e non solo a parole, le opposizioni, costituendo un tavolo di condivisione di tutte le decisioni più impopolari che dovrà prendere a breve. Per le opposizioni, mai come in questo momento, potrebbe risultare conveniente rimanere alla finestra e attendere il progressivo disfacimento del quadro politico per incassare, prima o poi, il dividendo elettorale. Ma su questi calcoli tattici e quanto mai inopportuni e azzardati in una fase del genere, pesa l’incognita della protesta sociale, che potrebbe far saltare i piani di qualcuno e mettere il Quirinale nelle condizioni di dover intervenire.