Sbarchi, le contraddizioni dell'accordo di Malta
Nonostante i toni trionfalistici del governo l’accordo di Malta di fatto non esiste. Per l'Italia cambierebbe poco perché i migranti interessati sono solo il 10% e si creerebbe la discriminazione tra quelli sbarcati con le navi della Marina e gli altri. In realtà l'accordo incoraggia ancora di più i flussi e con essi le morti in mare.
Per il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese "da oggi l'Italia non è più sola" sulla questione migranti mentre da New York anche il premier Conte ha esultato per l’intesa sui migranti di La Valletta tra Italia, Malta, Francia, Germania e Finlandia, invitando ironicamente Matteo Salvini a “non essere geloso” del successo conseguito dal suo governo.
Nonostante i toni trionfalistici del governo amplificati dalla grancassa acritica di molti media, l’accordo di Malta di fatto non esiste perchè si tratta solo di una “base d’accordo” da proporre per l’approvazione o meno ai 28 membri della Ue e dalla validità limitata a sei mesi eventualmente rinnovabili, come sottolinea Le Figaro citando fonti diplomatiche francesi.
Per l’Italia anche se l’intesa ventilata sui concretizzasse cambierebbe ben poco nello scenario della crisi migratoria riaccesasi dopo l’uscita di scena di Matteo Salvini con sbarchi più che triplicati dal 5 settembre (ultimo giorno al Viminale per il leader leghista) a oggi.
I punti chiave prevedono un meccanismo di redistribuzione al massimo entro 4 settimane dei migranti che sbarcano in Italia o a Malta da navi delle Ong o militari.
Solo di quelli però, che rappresentano appena il 10 per cento scarso di chi è arrivato in Italia negli ultimi 15 mesi, mentre la “base d’accordo” non prevede ridistribuzione per i clandestini che arrivano con barchini e gommoni a Lampedusa dalle vicine Libia e Tunisia che restano tutti a carico dell’Italia. Di fatto del 6.851 clandestini sbarcati in Italia dall’inizio dell’anno circa 620 potrebbero essere oggetto di ridistribuzione in Europa.
A ben guardare nulla di diverso da quanto si è fatto anche col governo Lega-M5S durante il quale tutti gli sbarchi di clandestini da navi militari o delle Ong sono stati autorizzati solo dopo la conferma della disponibilità di alcuni partner Ue a farsi carico dei migranti illegali (impegni a dire il vero non sempre onorati).
Una volta ridistribuiti, i migranti in questione non saranno più a carico del Paese di sbarco ma solo del Paese di accoglienza che si occuperà delle pratiche di asilo o del suo rimpatrio se non avente diritto. Ciò non toglie che per l’Italia questa ridistribuzione (se davvero venisse attuata) non costituisce una svolta perché già attuata negli ultimi 15 mesi né alleggerirà il peso della pressione migratoria illegale.
E’ vero che dei 6.851 clandestini sbarcati per lo più con barchini e gommoni giunti sulle coste italiane i 1.810 tunisini e i 114 marocchini saranno rimpatriati in base agli accordi bilaterali vigenti con i due paesi nordafricani, ma gli altri provenienti per lo più da Pakistan, Costa d’Avorio, Bangladesh, Algeria, Iraq, Sudan, Iran, Sudan, Guinea e altri paesi africani con cui non esistono accordi di rimpatrio, resteranno in Italia.
Nella “base d’accordo” messa a punto a Malta appare poi assurda e discriminatoria la suddivisione tra chi arriva a bordo di gommoni e barchini e chi sbarca da navi delle Ong e militari. Tutti i clandestini salpano su barchini e gommoni dopo aver pagato criminali in Libia, Tunisia o Algeria.
In base a quale principio giuridico o morale gli Stati riunitisi a Malta stabiliscono che chi ha la fortuna di incontrare in mare navi militari o delle Ong potrà raggiungere l’Europa e gli altri che arrivano a Lampedusa, in Sicilia o Sardegna devono restare in Italia?
Tra l’altro questa “lotteria” rischia di incrementare i flussi e con essi i morti in mare.
A Malta è stato autorizzato anche il meccanismo di rotazione dei porti di sbarco, però su base volontaria: cioè se i porti italiani e maltesi saranno saturi altri Stati Ue mediterranei potranno aprire i loro ma solo se lo vorranno e la Francia si è già detta contraria a questa ipotesi come ha sottolineato Le Figaro.
Impresa difficile quindi e non solo per le note valutazioni ostili all’accoglienza di clandestini dei paesi del Gruppo di Visegrad (e ribadite nei giorni scorsi a Roma dal premier ungherese Viktor Orban) ma anche di molti altri governi europei.
L’idea di multare i partner Ue che rifiuteranno di farsi carico dei clandestini sbarcati in Italia suona ridicola sia perché viola la sovranità dei singoli Stati proprio su un tema, l’immigrazione, in cui la Ue lascia la giurisdizione alle Nazioni, sia perchè contrario ai principi democratici (i popoli hanno votato forze politiche di governi che non vogliono l’immigrazione clandestina).
L’accordo è comunque tutto basato su un “progetto pilota” da discutere tra i partner Ue al prossimo vertice dell’Unione, da monitorare in caso di eventuale applicazione ed è soprattutto revocabile in ogni momento qualora i flussi migratori illegali verso Italia e Libia si ingigantissero.
Meglio poi ricordare che gli impegni per i ricollocamenti erano stati presi dalla Ue con Italia e Grecia già nel 2016 ma non si sono mai concretizzati se non in misura marginale e non solo per i no del gruppo di Visegrad.
Dei 160 mila migranti sbarcati in Italia e Grecia che a partire dal 2015 avrebbero dovuto essere ricollocati negli altri Stati della Ue (cifra poi ridotta a 98.255) ne erano stati effettivamente trasferiti appena 12,690 dall’Italia e 22mila dalla Grecia alla fine di maggio 2018.
Che l’accordo di Malta abbia scarsa consistenza lo dimostra anche il fatto che l’unico dei sei ministri presenti (Lamorgese, il maltese Michael Farrugia, il tedesco Horst Seehofer, il francese Christophe Castaner e la finnica Maria Ohisalo più il commissario Ue per gli affari interni Avramopoulos) che abbia rilasciato commenti alla stampa è stato quello italiano.
L’accordo raggiunto a Malta è tutto da confermare ma in termini concreti è evidente che incoraggi i flussi e i traffici illegali di esseri umani senza risolvere i problemi dell’Italia.
I trafficanti potranno vendere ai clandestini il “biglietto per la Ue” favorendo un nuovo boom di traffici dalla Libia da dove i flussi si erano affievoliti grazie proprio alla politica dei “porti chiusi” dell’Italia. Per aumentare il numero di coloro che potranno esseri accolti in Europa potrebbe aumentare il numero di navi delle Ong o potrebbero essere impiegate più navi militari a ridosso delle coste libiche creando un contesto simile a quello dell’operazione Mare Nostrum che tra il 2013 e il 2014 portò a sbarcare in Italia oltre 210 mila clandestini.
L’obiettivo dell’Europa e dell’Italia non sembra quindi essere davvero quello di combattere l’immigrazione clandestina, ma piuttosto di alimentare il business delle lobby dei soccorsi e dell’accoglienza e, con esso, il crimine organizzato che gestisce i traffici di esseri umani”.
Invece di arricchire trafficanti e Ong con l’accoglienza in Italia o la ridistribuzione in Europa di clandestini che hanno pagato criminali sarebbe molto più efficace riportare tutti i migranti illegali soccorsi in mare in Libia (come fa la Guardia Costiera libica che pure è addestrata, equipaggiata e sostenuta dall’Italia e dalla Ue), dove si potrebbero affidare a campi dell’ONU in attesa del loro rimpatrio, come già da anni fa l’OIM che dall’aeroporto Mitiga di Tripoli ha riportato a casa oltre 40mila clandestini fermati dalle autorità marittimi libiche.
Con poca spesa si azzererebbero i morti in mare e il business dei trafficanti scoraggiando ulteriori partenze.
A questo proposito fa sorridere che il ministro Lamorgese abbia precisato che “gli accordi con la Libia li manteniamo, stiamo lavorando bene con la Guardia Costiera libica, che fa un gran lavoro". Certo, fa un gran lavoro per contrastare i trafficanti e fermare i flussi di clandestini che invece Italia ed Europa sembrano voler incentivare a rutti i costi.